Da “Liberazione” del 27.11.2008
Piero Sansonetti
Un mio lontano cognato (sì, esistono anche i lontani cognati, se la Sacra Rota decide così…) mi ha raccontato di avere conosciuto un muratore polacco, il cui fratellastro - ingegnere algerino - ha sposato una infermiera sarda che quattro anni fa, nei giorni della malattia finale di Papa Giovanni Paolo II, lavorava come precaria nell’anticamera del Santo Padre. Si chiamava Teresetta. Era molto cattolica e devota, soprattutto a padre Pio. Teresetta soffriva per la malattia del papa e aveva il compito di tenere in ordine la stanza attigua alla camera da letto di sua Santità. Ore e ore di attesa, durante le quali non poteva non ascoltare le voci che filtravano dalla porta, e talvolta intercettare pezzi di conversazione tra il papa, i sacerdoti, i medici e i teologi che si affollavano nella stanzetta. Un giorno Teresetta sentì alcuni di questi consiglieri del papa portargli la notizia, clamorosa, della conversione di Gramsci (che poi è stata tenuta segreta dal Vaticano fino a martedì scorso). Pare che Woijtyla abbia avuto una pessima reazione. Woijtyla è sempre stato un anti-gramsciano (persino con alcune venature bordighiste…) e non sopportava che l’autore dei quaderni dal carcere potesse averlo preceduto in Paradiso.
Woijtyla era sempre stato sicuro che Gramsci bruciasse all’inferno, e questa notizia della conversione gliscompigliava tutto. Teresetta racconta di aver sentito gli strilli del Pontefice, e gli inulti tentativi di calmarlo da parte del cardinal Ratzinger. Teresetta sostiene che Ratzinger abbia provato a difendere Gramsci, e abbia anche cercato di spiegare al furente Woijtyla che l’intellettuale comunista sardo era in realtà una persona molto diversa da quello che sembrava. Intanto, gli ha spiegato Ratzinger, non era affatto comunista ma era clandestinamente iscritto al partito liberale (passo falso di Ratzinger, perché Woijtyla non sopportava affatto i liberali, che considerava dei laici aridi e mangiapreti, peggio dei comunisti…), e poi gli ha fatto sapere che c’è un documento, sempre alla Clinica Quisisana, che dimostra come l’autopsia abbia accertato che Gramsci non era affatto gobbo ed era alto 1 metro e 83.
Niente da fare - ha raccontato Teresetta al marito ingegnere algerino, che poi ha riferito al fratellastro polacco, che ne ha parlato con mio cognato, che ieri si è confidato con me - il papa morente sempre di più su arrabbiava, alzava la voce, se la prendeva con il cardinale, i preti, le suore, i medici e i teologi.
Voi direte: e cosa c’è di eccezionale in questa storia? Qualunque papa o buon cristiano si arrabbierebbe parecchio se sapesse che Gramsci è andato in paradiso prima di lui… Giusto. Ma la storia di Teresetta non finisce qui. Racconta che in quello stesso giorno il papa si aggravò, e capì che ormai gli erano restate poche ore da vivere. E allora che fece? Si confessò? No. Fece la comunione? No. Si fece portare dei santini e li baciò (come quasi 70 prima aveva fatto Gramsci)? Nemmeno. Recitò le preghiere, l’eterno riposo? Neanche questo. Chiese invece che fossero fatte sparire dalla sua stanza tutte le immagini sacre. Si girò di scatto verso La Mecca, e poi gridò, a voce altissima, scandendo bene le parole - e mentre tutti i preti, le suore, i cardinali eccetera, disperati, si coprivano il volto con le mani, e con le altre mani che avevano si coprivano le orecchie - gridò: «Mi sono convertito, mi sono convertito: sono musulmano!». Teresetta non ce la fece più, aprì la porta e fece irruzione nella stanza da letto di sua (ex) santità, sguainò il cellulare con telecamera a 6000 pixel e iniziò a scattare fotografie a raffica, inquadrando il papa mentre ripeteva, a gran voce, l’adesione alla sua nuova fede: «Allah è grande - strepitava in italiano, in polacco, in tedesco, in latino e poi in arabo - Allah è grande, morte agli infedeli, morte al cristianesimo, guerra santa guerra santa…».
Furono quelle le ultime parole di Karol. Ormai la sua vita era agli sgoccioli. Morì un minuto dopo, inneggiando a Maometto. Però è chiaro che Allah, e il suo profeta Maometto, avevano deciso di salvare la sua anima, e avevano usato il trucco del Gramsci cristiano, longilineo e liberale, per fare scattare quella conversione in punto di morte.
Naturalmente se ci siamo decisi a raccontare questa storia, che avrebbe dovuto restare segreta, è perché abbiamo in mano una documentazione inoppugnabile (più o meno come quella esibita da Vaticano a difesa dello scoop su Gramsci, e quindi validissima). Teresetta ci ha fatto vedere le foto, che sono tantissime, in successione, quasi un film, e noi le abbiamo mostrate a quelli della domenica sportiva, che sanno «leggere il labiale» come si dice in gergo, cioè capiscono, guardando le labbra, cosa sta dicendo il fotografato; e quelli della domenica sportiva, compreso l’arbitro Tombolini, ci hanno confermato che inneggiava alla Jiad islamica.