Da “L’Unità” del 31 Agosto 2008
Sandra Amurri
Arriva a Firenze da Palermo il Procuratore Nazionale antimafia Piero Grasso, per partecipare al dibattito della Festa Democratica in memoria di Libero Grassi, l’imprenditore ucciso 17 anni fa.
Ha con sé il libro che raccoglie gli scritti e gli interventi pubblici del magistrato ucciso a Capaci, pubblicati dalla Fondazione Francesca Morvillo e Giovanni Falcone. Lo ha portato per dimostrare con il suo pensiero, i continui tentativi di strumentalizzazione. Perché dice: «Ho sempre timore quando si fanno resuscitare i morti per fargli dire quello che si vuole».
E continua: «Il pensiero di Falcone sul ruolo del pm va storicizzato a quando è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale. Il pm sostituiva il giudice istruttore, acquisiva i compiti di effettiva direzione e impulso delle indagini per l’individuazione degli elementi di prova da utilizzare in fase di dibattimento, nel contraddittorio tra le parti. Falcone riteneva che vi fosse la necessità di una diversa professionalità del pm in relazione alle specificità delle funzioni requirenti rispetto alle giudicanti. Dunque, la formazione, la regolamentazione, l’organizzazione degli uffici, la stessa carriera, dovevano essere diverse, essendo necessariamente diverse rispetto al giudice le attitudini, l’habitus mentale, l’attività investigativa del pm. Il fine di Falcone era quello di dare slancio e incisività all’azione penale del pm garantendone indipendenza e autonomia».
Autonomia e indipendenza, i veri fastidi…
“In alcuni scritti, risalenti a pochi mesi prima della sua morte, Falcone afferma che il punto fondamentale è avere un pm autonomo e indipendente. Fare in modo che queste soluzioni riguardanti il pm e soprattutto l’autonomia e l’indipendenza della magistratura rispondano alle reali esigenze della collettività e come tali vengano riconosciute come un valore da custodire e rafforzare da parte di tutta la società».
Indipendenza e autonomia, non sono, dunque, privilegi di casta?
«Sono valori dei cittadini scritti dai Padri Costituenti che i cittadini devono difendere anche a costo di fare barricate. Il livello di una democrazia si misura dall’efficienza della giustizia, dal principio di eguaglianza di fronte alla legge e dall’autonomia e dall’indipendenza della magistratura».
E pensare che Alfano appena insediato ha detto che non c’era l’ombra di uno scontro tra politica e magistratura.
«La storia si ripete: la politica che grida alla politicizzazione della magistratura come un contropotere che non è legittimata dal consenso popolare e una magistratura che contrappone a questa accusa la volontà della politica di non voler essere processata». Mentre i mali della giustizia continuano ad aggravarsi, «la lentezza dei processi e la mancanza della certezza della pena, un sistema processuale che è un ibrido che va reso più agile e più adeguato alle esigenze di repressione, sia della criminalità organizzata che di quella comune».
Ma il pensiero torna a Falcone e Grasso dice: «Lo pensavo giorni fa e lo vedevo rivoltarsi nella tomba di fronte a due esponenti della Famiglia Madonna che hanno goduto in Cassazione del gratuito patrocinio dello Stato». In conclusione una riforma da cestinare? «Innanzitutto una riforma che non si conosce ancora».
Ma che vuole politicizzare il Csm, ad esempio.
«Guardi voglio citare il professor Miglio, ideologo della Lega, che teorizzava l’eliminazione dal Csm dei membri laici. Mentre ora li vogliono aumentare per ottenere un Csm totalmente politicizzato». La conversazione torna a Libero Grassi, un esempio di coraggio e coerenza e Grasso dice: «Di certo un eroe,non come altri definiti come tali perché morti in carcere senza parlare. Questo è un Paese che ha un bisogno disperato di esempi positivi, possibilmente vivi».