Movimento delle associazioni

Documento per l’Assemblea nazionale del 22 giugno al Piccolo Eliseo di Roma
Per la ricostruzione della Sinistra in Italia

1. La disfatta elettorale della Sinistra l’Arcobaleno mette fine a un intero capitolo della storia della sinistra italiana, quello che si iscrive nel periodo apertosi con l’89 e Tangentopoli. La lunga transizione che è seguita alla fine della Prima Repubblica, che ha visto alternarsi alla guida del paese coalizioni incerte e eterogenee, di centrodestra e centrosinistra, ambedue incapaci di offrire un’alternativa al declino dell’Italia, si chiude con la vittoria della destra che ha saputo alla fine imporre la sua visione negli orientamenti di fondo che si vanno affermando nella società italiana. L’ondata di destra lancia al paese sfide nuove e inquietanti per le pulsioni autoritarie che le attraversano, per la carica di xenofobia che si è accumulata nel corpo della società, per l’aggressività sul piano dei principi etici e dei diritti civili di spinte neoconfessionali, per l’azione che tende a cancellare l’autonomia del sindacato e a porlo in una condizione di subalternità, a impedire che le relazioni sociali e sindacali possano svilupparsi in un quadro di piena democrazia, a subordinare il lavoro agli esclusivi interessi dell’impresa.
Le forze di centrosinistra nel loro complesso, a cominciare dal nuovo Partito democratico, hanno subito un drastico ridimensionamento, causa lo spostamento a destra dell’elettorato. La sinistra politica, così come l’abbiamo conosciuta dopo l’89, è stata sostanzialmente cancellata. Per questa ragione, ora più che mai, è necessaria la costruzione in Italia di una forza nuova della sinistra che nasca da un processo fondato sulla partecipazione e sul protagonismo di migliaia di uomini e donne e capace di interpretare la fase difficile e complessa che sta di fronte a tutti noi.
Nell’immediato è necessario contribuire alla costruzione di un’opposizione alla destra che sappia indicare, sulla base di un’altra idea dello sviluppo economico, un’alternativa sociale e politica e una diversa qualità della vita. Bisogna infatti dare una prospettiva un paese in affanno sotto i colpi congiunti delle sfide delle globalizzazione e della crisi che essa produce su scala mondiale, con salari e retribuzioni falcidiate dall’inflazione a coronamento di un lungo periodo che ha visto spostare quote di ricchezza dal lavoro ai profitti e alle rendite, con un’incertezza permanente per il futuro che segna soprattutto il destino delle nuove generazioni.

2. C’è necessità di analisi, proposte e iniziative che collochino la dimensione nazionale in una prospettiva internazionale a partire dall’Europa. Ciò appare ancora più urgente se guardiamo al nuovo capitolo della globalizzazione che si sta aprendo nel mondo, a causa della crisi energetica e di quella alimentare, e dell’affermarsi della speculazione che caratterizza in modo distruttivo il mercato dei capitali. Le risposte protezionistiche, l’appannarsi dell’egemonia americana, la concorrenza delle nuove potenze economiche emergenti in Asia, e lo spettro della fame che lambisce i paesi dello stesso Occidente sviluppato, crisi energetica e emergenza ambientale ad essa collegate, lungi dal frenare il processo di globalizzazione lo stanno rendendo sempre più fonte di una competizione aggressiva e senza esclusione di colpi. E’ da questo che nasce l’ondata di destra che ha investito l’Europa, e in ultimo l’Italia, e che espone a un grande rischio il sogno democratico di un’alternativa in Usa al potere repubblicano. Bisogna sapere che non vi saranno risposte adeguate e all’altezza con i tempi senza una sinistra che sappia indicare un’alternativa fondata sulla valorizzazione del lavoro e sulla sua liberazione, su un differente modello di sviluppo e su una diversa relazione tra uomini e donne. La scelta neocentrista rappresentata dalle teorie sulla “terza via” - che hanno attraversato molte forze della socialdemocrazia europea nel quindicennio trascorso, e ora, nella forma più estrema, stanno alla base della costruzione del Partito democratico in Italia - si sta dimostrando del tutto inadeguata rispetto alle sfide che si profilano all’orizzonte ed è dichiarata del tutto superata anche da molti dei suoi più accesi sostenitori del passato.
Della sinistra quindi c’è bisogno. Il suo ruolo, che pure nasce dalle ragioni di una parte, risponde a una esigenza generale che riguarda il futuro della civiltà umana. E ciò in ogni paese corrisponde allo svolgimento di una funzione nazionale, e sul piano continentale a un  rilancio - fondato sullo sviluppo della democrazia e su politiche economiche orientate a un cambiamento di modello - della valorizzazione del lavoro, del benessere delle popolazioni e infine dell’unità politica dell’Europa, che rischia di essere definitivamente archiviata dal ritirarsi dei governi entro i rispettivi confini nazionali.
Nella dimensione europea si tratta di guardare a tutte le famiglie della sinistra in Europa, alle correnti innovative che attraversano la sinistra di alternativa e i partiti del socialismo europeo, al travaglio delle sue grandi organizzazioni sindacali, per ripensare l’unità della sinistra, in relazione a tutte le tradizioni della sinistra del Novecento (socialista, comunista, cristiano sociale e verde) e tuttavia nella prospettiva della costruzione di un “nuovo socialismo”. A questo fine la partecipazione al Forum sociale di Malmo e a quello mondiale di Belem e il confronto in vista della loro preparazione, come anche la discussione sui risultati che ne seguiranno, appaiono come un’occasione importante per tutta la sinistra italiana e europea. Per la sinistra in Europa, dunque, si tratta di misurarsi in maniera critica con le contraddizioni prodotte dalla globalizzazione e, anche in rapporto alla funzione di governo che le sinistre svolgono attualmente in America latina (a differenza di quanto avviene in Europa),  di tornare a ripensare la propria funzione in termini mondiali.

3. Nella situazione italiana i fatti ci dicono già da ora come le soluzioni della destra – protezionismo economico e egoismo sociale, con una politica di riduzione simultanea e indiscriminata delle tasse e della spesa sociale – siano ingannevoli e illusorie. E tuttavia in assenza di un’alternativa che non si risolva nel solo risanamento dei conti pubblici, come è stato con il governo dell’Unione, esse trovano credito nell’opinione pubblica. Il Partito democratico – chiuso nell’orizzonte dell’esistente, animato com’è da pulsioni consociative oltre che sul piano delle riforme istituzionali su quello economico e sociale, centrato su processi di liberalizzazione e privatizzazione, orientato nelle scelte di merito a muoversi caso per caso rispetto alle politiche di governo della destra, sempre più incerto persino sul suo stesso futuro – non appare all’altezza dei compiti posti dalla situazione che si è venuta a creare dopo le elezioni. Il governo oscilla tra un modello “emergenziale” (vedi Napoli, immigrati,  Alitalia) dai risvolti autoritari e la costruzione di un “consenso” a cui si tenta di associare la minoranza parlamentare, in modo particolare il PD. Si potrebbe dunque aprire una fase consociativa, il cui fulcro è la difesa degli interessi costituiti insieme alla definizione di un establishment volto a ridisegnare il campo e lo spazio della  politica  attraverso un meccanismo di emarginazione dei soggetti e dei conflitti possibili.  Perciò, per organizzare un’opposizione alla destra che abbia l’ambizione di ricostruire un’alternativa per tutta la società italiana è necessario ricostruire una sinistra politica che sappia  riaffermare una sua  peculiare funzione nazionale.

4. La domanda a cui rispondere oggi è dunque quale sinistra ricostruire e soprattutto come. E in questo senso non basta che vengano risposte dalle forze politiche che hanno dato vita alla Sinistra Arcobaleno e dall’interno di ognuna di esse. In alcune di esse inoltre si è puntato, troppo frettolosamente, ad abbandonare la scelta unitaria fatta a dicembre. Molto prova che il processo avviato fosse solo un’operazione di facciata, giustificata dall’urgenza di affrontare la prova delle elezioni anticipate. E oggi il rischio è di ridursi, al di là delle intenzioni, a come dividersi le spoglie di una forza che oscilla tra il 3,2% delle politiche e il 6% delle amministrative. Sorge legittimamente la domanda se sia inevitabile che la sinistra italiana si riduca a queste dimensioni, oppure se sia giusto che essa ambisca ritornare ad essere una forza popolare, capace di esprimere un comune orizzonte di cambiamento del vivere collettivo.
Perché questo possa tornare a essere possibile è necessario che la sinistra parta non da se stessa ma dalla società italiana e dalle sue contraddizioni, di cui movimenti e conflitti sono solo una forma spesso particolare seppure indispensabile di espressione, dalla vita quotidiana di uomini e donne in carne e ossa. Solo così vi sarà una sinistra che riuscirà a ricostruire il suo legame sociale, a essere vissuta come utile dalle forze sociali a cui fa riferimento.
Per queste ragioni l’impegno prioritario è oggi la costruzione di momenti d’incontro e di organizzazione nei territori e nei luoghi di lavoro, per contrastare innanzitutto la tendenza affermatasi in questi anni a ridurre la sinistra a una mera forza di opinione. Occorre,  a questo fine intensificare gli sforzi per aprire nei quartieri delle città e in tutti i comuni italiani luoghi, come le “case della sinistra”, aperti all’adesione, in forma individuale e collettiva, di quanti - iscritti e non iscritti ai partiti, aderenti di associazioni e di movimenti - credono senza riserve nel progetto di un nuovo soggetto politico della sinistra in Italia. E’ necessario altresì avviare un programma di costruzione di sedi politiche unitarie nelle fabbriche, negli uffici e nelle scuole, con la finalità di ricondurre l’attuale frammentazione politica a un comune orizzonte d’azione collettiva. Tali realtà debbono essere luoghi di partecipazione democratica, di elaborazione di piattaforme e vertenze territoriali, di una rinnovata solidarietà, capaci di affrontare temi che appaiono cruciali nella società contemporanea (a cominciare  dalla violenza contro le donne, anche in famiglia, o alle politiche di integrazione dei migranti), di dare voce a soggettività quali gay, lesbiche e trans. Ma esse  debbono essere anche momenti di promozione di forme di mutualismo capaci di rispondere a quei bisogni che la crisi del welfare universalistico fa risorgere in strati ampi della popolazione: dalla casa alla tutela della salute, da come fronteggiare il costo della vita e l’inflazione tramite i gruppi di acquisto solidale all’organizzazione del tempo libero. A questi vanno affiancati, in numero limitato gruppi d’approfondimento tematico sulle priorità che intendiamo trasformare in “proposte politiche” comuni (es. le questioni della comunicazione e dell’informazione, la scuola e la formazione, le politiche ambientali, le politiche di difesa delle condizioni di vivibilità dei territori, la definizione dei beni comuni, oppure la comprensione del rapporto tra diritti, welfare e libertà individuali) . Del resto è a partire da questa rete organizzata che, attraverso procedure democratiche, sarà possibile  superare  l’attuale autoreferenzialità che caratterizza spesso i gruppi dirigenti  selezionati dai partiti e dalle stesse associazioni dando  vita a un vero e proprio processo di costruzione di una forza che trovi legittimazione in un rinnovato rapporto tra società e politica. Inoltre è solo a partire da questa rete organizzata che sarà possibile sperimentare forme di reale partecipazione democratica e avviare la costruzione una soggettività unitaria e plurale, inedita nelle forme di organizzazione e nelle modalità dell’agire politico rispetto a tutte le esperienze del passato. In questa prospettiva appare importante rimettere al centro dell’azione politica il metodo dell’inchiesta, darsi cioè strumenti per conoscere la composizione sociale di oggi, comprendere la disgregazione culturale delle classi subalterne, ricostruire iniziative a partire da proposte concrete aderenti alla realtà.
E’ dall’organizzazione di una presenza radicata nella società e nei posti di lavoro che sarà possibile, a partire dalla prossime amministrative, lanciare una politica di alleanze sul piano locale capace di far nascere dalle ceneri del vecchio centrosinistra, devastato dalle scelte del Partito democratico e dall’esaurimento delle sue risorse riformatrici, una coalizione nuova nei programmi e nelle modalità di selezione delle candidature e di formazione delle alleanze, da contrapporre all’offensiva della destra che si sta dispiegando nel Paese.

5. Si tratta contemporaneamente di creare una nuova cultura politica, a partire dalla riaffermazione della centralità del lavoro e dal rinnovamento prodotto dal femminismo, dall’altermondialismo, dall’ecologismo, al fine di realizzare una visione condivisa nell’interpretazione critica  del capitalismo dell’età della globalizzazione e disegnare i tratti di un “nuovo socialismo” all’altezza delle sfide del XXI secolo. 
Occorre poi un aggiornamento dell’analisi della società italiana e delle sue trasformazioni. Non ci sarà mai più in Italia una sinistra degna di questo nome se non dedichiamo la sua ricostruzione alla rottura di quei blocchi sociali e di potere che alla fine, direttamente e indirettamente, hanno contribuito a alimentare presso la maggioranza degli italiani il primato della destra. Solo per fare alcuni esempi, pensiamo: al nord alla rottura di quel rapporto tra imprenditori e lavoratori che in alcune realtà è diventato da tempo anche una forma di subordinazione ai valori, al senso comune, a un’idea di società; al sud al rovesciamento di quei rapporti di dipendenza della società civile al potere politico, di qualunque colore, su cui prolifica un rinnovato sistema clientelare a volte contiguo alla forze della criminalità organizzata; al centro al contrasto all’involuzione lobbistica e alla deriva securitaria della tradizione amministrativa delle cosiddette regioni rosse.
Una sinistra, che dalla capacità di affrontare tali problemi definisce il suo ruolo autonomo nella società, non può non avere una sua concezione delle alleanze politiche e sociali, deve dare una sua risposta a una domanda di guida e di governo che viene dalla complessità stessa delle relazioni sociali nella società contemporanea.

6. Anche per noi – associazioni, movimenti e reti che hanno partecipato all’esperienza della Sinistra l’Arcobaleno – si impone un’autocritica e la necessità di una svolta. Se vogliamo dare continuità al Movimento politico a cui abbiamo dato vita con la manifestazione del Farnese a Roma il 10 febbraio, dobbiamo innanzitutto fare chiarezza anche tra di noi, e soprattutto trasformare noi stessi. E’ necessario intanto lasciarsi alle spalle la Sinistra l’Arcobaleno. La stessa esperienza di Sinistra Europea-sezione italiana, a cui molte delle associazioni che hanno dato vita al nostro movimento hanno partecipato, nelle condizioni che si sono determinate con la campagna elettorale  e il risultato del voto è irriproducibile. La situazione impone una netta soluzione di continuità, una riformulazione del patto tra di noi e di quello, poi, con le forze politiche della sinistra in base alle linee tracciate in questo documento, una riaffermazione priva di ogni equivoco sulla necessità che la sinistra italiana dia vita a un nuovo soggetto politico, unitario e plurale, che è l’obiettivo per cui lavoriamo.
 Dobbiamo essere consapevoli della sfida che si pone di fronte a noi. O saremo in grado di mettere a disposizione le nostre forze per quel processo di costruzione – a partire dalla società e dai luoghi di lavoro – di una sinistra politica, che sia effettivamente popolare e capace di riaprire la possibilità di un’alternativa di governo al centro-destra a partire da un ripensamento radicale della esperienza dell’Unione, oppure noi stessi diventeremmo sterile terreno di contese altrui. Da ciò deriva l’importanza di una riforma dell’agire politico a sinistra, della riaffermazione del suo carattere democratico, della capacità di rappresentare i conflitti ma anche di intercettare i bisogni e le domande che nascono nel corso della vita quotidiana di milioni di persone. Da ciò deriva la necessità di una riflessione, invocata da più parti, sulle forme di organizzazione della sinistra nel momento attuale.
Il nostro movimento vuole essere uno degli strumenti per aprire la fase nuova di cui c’è bisogno. Esso è composto di reti e associazioni politiche che mette a disposizione di un processo di rinascita della sinistra nella società. Sappiamo di essere solo una parte di quella realtà che a sinistra si muove e vive fuori dai partiti, e che esprime l’aspirazione al rinnovamento. Vi sono  aggregazioni cittadine o regionali a base territoriale,  vi sono centri di ricerca, giornali, riviste, cantieri. Sono esperienze che spesso si somigliano. E gli stessi soggetti associativi partecipano a volte contemporaneamente a tutte queste forme di aggregazione. Appuntamenti e progetti spesso si sovrappongono. Dopo la sconfitta, il rischio della confusione e di un’agitazione impotente è enorme. Una funzione ordinatrice e di sintesi è necessaria ed essa può essere svolta a partire da quel processo positivo di ricostruzione e di autorganizzazione entro cui collocare lo stesso dibattito che investe oggi i partiti della sinistra e l’azione di tutti.
C’è la necessità di un confronto esplicito tra le diverse opzioni, un reciproco riconoscimento, la ricerca di una convergenza e la costruzione di un comune progetto. A questo percorso siamo disponibili con spirito aperto, ma per quel che riguarda il nostro movimento siamo del tutto consapevoli che se si vuole ricostruire una sinistra politica a partire dal suo reinsediamento nella società sono necessari organizzazione, assunzione di responsabilità da parte di un gruppo permanente e riconoscibile, sebbene a termine, cioè fino al momento in cui – possibilmente entro l’anno – l’avvio della rete di organizzazioni potrà dare luogo a un’investitura democratica della funzione di rappresentanza. Per questa ragione è nostra intenzione procedere da un lato al rafforzamento dell’esecutivo che abbiamo nominato all’indomani dell’assemblea del Farnese e alla costruzioni di coordinamenti macroregionali (al nord, al centro e al sud) con compiti di cooperazione alla pari con l’esecutivo nazionale del movimento nella promozione di quella rete territoriale e sui posti di lavoro del nuovo soggetto politico della sinistra italiana che costituisce il nostro impegno principale in questa fase di avvio di quello che speriamo possa essere un nuovo capitolo nella storia della sinistra.

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