Amsicora
II nucleare sarà pure a scopo civile, ma le nuove centrali saranno realizzate in siti militari. E del resto il governo non potrebbe fare altrimenti, visto che praticamente tutte le Regioni italiane hanno fatto sapere che non intendono ospitare un reattore. Ed alcune hanno impugnato la legge alla Corte Costituzionale (Emilia Romangna, Calabria, Lazio, Piemonte, Umbria). Il ricorso alla Consulta contesta la legittimità costituzionale di alcune delle norme nazionali in tema di realizzazione di impianti per la produzione di energia nucleare. Quali i rilievi critici? Le Regioni impugnano “per salvaguardare - come si legge in una nota della Regione Emilia Romagna - le proprie competenze in materia di tutela del territorio, dell’ambiente e dell’autonomia degli Enti locali, nell’ambito di una materia che - per quanto riguarda i principi generali - rimane in capo allo Stato. In particolare, le Regioni nei loro ricorsi ritengono che gli articoli 25 e 26 della legge 99 del 23 luglio 2009 non tengano conto del ruolo delle Regioni, limitandosi a prevedere un semplice parere in sede di Conferenza Unificata e non una precisa intesa con la Regione interessata per la realizzazione di impianti per la produzione di energia nucleare.
“Non e’ possibile - spiega il presidente della Regione Vasco Errani - che l’eventuale contrarieta’ di una Regione ad accogliere un impianto possa essere considerata alla stregua di un semplice parere non vincolante. Per questo abbiamo deciso il ricorso alla Corte”.
Per questo, a parere delle Regioni ricorrenti, occorre - in via preliminare ad ogni autorizzazione - una ‘intesa forte’ con le Regioni interessate, nel rispetto del ruolo e della funzione definite dalla Costituzione.
Cosi, dopo che il Senato ha approvato definitivamente la legge che riapre al nucleare, si è aperto un fuoco di sbarramento, anche “amico”. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo si è affrettata a dire che «sono prematuri i tempi per ipotizzare i siti» dove verranno costruite le centrali, e «prematuri» rimarranno fino alle regionali del 2010, per evidenti motivi. Sono poi scesi sul piede di guerra i governatori sia di centrosinistra che di centrodestra. E di fronte a questi no il governo sta lavorando per sottrarre i siti che verranno scelti al controllo non solo delle Autonomie locali, ma anche di Parlamento e magistratura. Solo così il governo può riuscire a imporre la politica del ritomo al nucleare.
Il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola sostiene che molti enti locali sono pronti ad accogliere centrali sul loro territorio, ma chi siano questi ”volontari” è un mistero. Si sa invece il contrario. Fin da subito il governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani, in qualità di presidente della Conferenza delle regioni, ha criticato duramente il governo perché «ha imboccato una strada sbagliata e procede in modo unilaterale». Posizione analoga per Mercedes Bresso, Piemonte: «Si tratta di un errore da ogni punto di vista, strategico, economico, della sicurezza». Due no pesanti doppiamente, visto che tra le ipotesi su cui sta ragionando il governo per risolvere in un colpo solo sia il problema delle autorizzazioni che quello dello smantellamento dei vecchi impianti, c’è quella di installare i nuovi reattori proprio nei siti delle centrali che dopo il referendum dell’87 sono state lasciate a girare a basso regime, a cominciare da Caorso (che si trova nella prima regione) e Trino Vercellese (seconda). Ma altrettanto pesanti sono i no arrivati dalla Toscana («contrarissimo» si dice Claudio Martini), dal Lazio («il futuro è nelle tecnologie pulite», sostiene Piero Marrazzo), dalla Basilicata («scelta inopinosa e avventurata» è per Vito De Filippo quella del governo), dalla Puglia («dovranno venire con i carri armati», promette Nichi Vendola). Tutte voci di centrosinistra e quindi a rischio passaggio di testimone nel 2010? Il fatto è che anche dal centrodestra stanno arrivando secchi rifiuti. Bisognerà vedere se alle parole seguiranno i fatti.
Anche il presidente della Sardegna Ugo Cappellacci sostiene che «dovrebbero passare sul mio corpo» per installare un reattore sull’isola e il Consiglio regionale ha approvato un odrdine del giorno unitario contro il nucleare nell’Isola. Dal canto suo il presidente dell’Abruzzo Gianni Chiodi fa notare che la sua terra non è «idonea per le sue caratteristiche morfologiche e sismiche a ospitare un sito».
E allora che fare per uscire dall’impasse? Il governo sta preparando una exit strategy, ricorrendo all’aiuto dei militari. Ora che è diventato legge il ddl Sviluppo, contenente il ritomo al nucleare, è ripartito un altro disegno di legge, che non casualmente finora è stato tenuto fermo in commissione Difesa al Senato. Si tratta di un provvedimento che prevede la creazione di una società di diritto pubblico denominata Difesa Servizi Spa. Il combinato disposto delle due norme consentirebbe la creazione di centrali in siti militari, visto che ora la Difesa può utilizzarli «con la finalità di installare impianti energetici destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell’energia». E per farlo il ministero, una volta approvato il secondo ddl, «può stipulare accordi con imprese a partecipazione pubblica». Proprio come la Difesa Servizi Spa. A quel punto, le centrali nucleari sarebbero fuori dal controllo di altre autorità, protette dietro il cartello «Zona militare».
Insomma, un nucleare di pace, imposto con metodi di guerra. L’opzione militare del governo mette a rischio la Sardegna, che - com’è noto - è ben ricca di basi militari. L’idea di metterci dentro una centrale nucleare è sicuramente nella testa di molti nel governo. C’è anche la benedizioone della UE, per via della stabilità del suolo sardo, che non trema. Ci vuole una larga mobilitazione per fargli cambiare disegno, sempre che la Consulta non ci tolga le castagne dal fuoco dichiarando l’incostituzionalità della legge. Ma non c’è da sperarci. Come si ricorderà, la Corte ha annullato qualche hanno fà la legge sarda che vietava l’importazione di rifiuti speciali nell’Isola. Disse allora il giudice delle leggi che la decisione sullo stoccaggio dei rfiuti pericolosi spetta allo Stato. Un’argomentazione che potrebbe utilizzare per rigettare il ricorso delle Regioni. A quel punto, il segreto militare farebbe il resto. Potremmo trovarci con le centrali nucleari in casa senza saperlo. Bisogna stare in campana e avviare una campagna preventiva contro il nucleare in Sardegna.
2 commenti
1 andrea
28 Settembre 2009 - 10:07
Non credo possa farsi una centrale nucleare senza destare il minimo sospetto, seppur attraverso una normativa speciale: è una roba ingombrante, visibile, credo e spero che la si possa intercettare. E a quel punto ho idea che la situazione sarebbe poco governabile, in termini di ordine pubblico, s’intende. Useranno l’esercito? Non riesco a immaginare la brigata sassari schierata in forze contro amici e parenti, anche se alla demagogia militare non c’è limite.
2 mario
31 Gennaio 2010 - 18:38
Finchè siamo alle ipotesi è difficile poter fare interventi preventivi.
Anche sulla Energia Nuclere Civile non c’è ancora una mappa definita.
C’è chi vede nelle CHIUSURE/RISTRUTTURAZIONI di Alcoa e Enichem invece delle probabili basi più idonee.
Soluzioni magari per l’incipiente (provocata) disoccupazione,
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