Red
Mentre calano i clamori delle commemorazioni spesso rituali e il dolore vero diventa pesante nei familiari delle vittime e negli italiani onesti, che volgiono la pace e s’interrogano sul senso della presenza di truppe italiane in Afghanistan, si scopre che laggiù si muore non da eroi ma da precari o, se si preferisce, da eroi-precari. E’ la sorte toccata ad uno dei parà caduti a Kabul che, al pari di alcune migliaia di suoi colleghi, rischiava di non essere ‘raffermato’ e perdere così il posto di lavoro a causa dei tagli al bilancio della Difesa. La denuncia è del Cocer delle Forze armate che ieri (senza citare il nome del militare), nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi tra Governo e parti sociali sulla Finanziaria, ha rilanciato l’allarme e sottolineato, proprio nel giorno dei funerali solenni dei sei soldati italiani, l’assurdità di una situazione “che è sotto gli occhi di tutti: sono molti quelli che rischiano la vita per un lavoro, in cui credono e che sanno fare, ma che rischiano di dover abbandonare anche dopo sette-otto anni”.
Ma quanti sono i militari in queste condizioni? Secondo le ultime stime si tratta di un vero ‘esercito’, qualcosa come 21mila militari, tutti volontari di truppa in ferma prefissata, vale a dire lo zoccolo duro dei contingenti militari impegnati all’estero - in ogni area di crisi, dai Balcani all’Afghanistan, appunto - ma anche in Italia nelle varie operazioni Strade sicure o pulite. Il Cocer dell’Esercito, dopo aver citato ieri a palazzo Chigi il caso del parà di Kabul, morto da precario, è tornato a sollevare il problema oggi pomeriggio nel corso di una audizione informale degli organismi di rappresentanza dei militari davanti alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Difesa della Camera. Oggetto della convocazione il riordino dei ruoli, ma al termine si è riparlato di precariato: “un problema da affrontare con urgenza”, dice all’ANSA il generale Domenico Rossi, presidente dell’organismo di rappresentanza.
“Davanti alle Commissioni - spiega - abbiamo fatto nuovamente presente l’assoluta preoccupazione circa la presumibile riduzione del personale che verrà immesso in servizio permanente in relazione ai bilanci pianificati”. In altri termini, “se la finanziaria 2010 confermerà per la Difesa il bilancio programmato già dallo scorso anno, sarà possibile, anzi molto probabile, che parte del personale militare in ferma venga congedato”. Secondo il generale Rossi, “trovare risorse adeguate per impedire il verificarsi di simili situazioni è anche un dovere morale, perché è un problema che riguarda tanti giovani con sei, otto anni di servizio, che hanno adempiuto al loro dovere più volte in varie parti del mondo a difesa della sicurezza della Nazione, che spesso hanno una moglie e dei figli e che, all’improvviso, rischiano di trovarsi per strada”. Al termine della audizione “abbiamo anche espresso pieno assenso - dice il generale Rossi - ad una iniziativa parlamentare dell’on. Cirielli ed altri con cui si incrementano significativamente le riserve dei posti per i volontari nelle forze di polizia ad ordinamento civile e militare. Una prima positiva risposta per i giovani in armi”.
Saremmo disfattisti, antimilitaristi e fiancheggiatori dei talebani, ma antieroicamente all’incremento di spesa per l’esercito in vista di nuove “missioni di “pace” all’estero in contrasto con l’art. 11 della Costituzione, preferiamo il rafforzamento della scuola e l’eliminazione del precariato dei docenti. “Svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai”, diceva un vecchio e amato saggio dal Quirinale. Il vero granaio di una nazione è la scuola e la cultura.
1 commento
1 paolo erasmo
25 Settembre 2009 - 22:54
Forse il titolo più appropriato per questo l’articolo sarebbe dovuto essere Martiri- precari a Kabul,si martiri di una classe politica indifferente che vota in parlamento il finanziamento di una missione senza conoscere le regole d’ingaggio a cui vengono sottopsti questi soldati ( codice penale militare di guerra compreso ), ancora privi dei diritti costituzionali che spettano a tutti i cittani italiani cosi non possono denunciare le condizioni in cui operano, Il generale rossi invece di fare propaganda gratuita sulla “disgrazia ” di questi soldati “approffittando” dei gradi che porta sulle spalline si batta per il riconoscimento dei diritti cosi come sta facendo il neonato “partito per la difesa dei diritti dei militari” che con le interrogazioni del deputato Turco (del partito radicale ) cerca di aprire un varco nel muro di gomma dl mondo militare e di cui il gererale Rossi è a pieno titolo uno dei massimi “burocrati ” che si atteggia da difensore dei più deboli ” per qualche dollaro in più…….”
Lascia un commento