Antonello Gregorini
La legge del “piano casa” diventerà realtà anche in Sardegna. Essa sarà discussa, tra breve, dal Consiglio Regionale e, con assoluta certezza, approvata a larga maggioranza. La Sardegna rispetto a molte altre regioni italiane arriva al traguardo con un certo ritardo forse a causa delle ferie estive di cui anche i consiglieri regionali godono.
Sorprendentemente sulla proposta di legge non sono calati gli strali delle storiche associazioni ambientaliste e dell’opposizione all’attuale maggioranza regionale: contestazioni non da ultimatum, semplici emendamenti. Se questo può apparire ovvio in un contesto sociale ordinato e positivamente democratico, non é scontato nell’Italia delle contrapposizioni preconcette e, tantomeno lo é, nella Sardegna post soriana dove il grado di polemica sui temi della tutela del paesaggio, che sono stati la bandiera ma anche la causa della rottura della precedente maggioranza, aveva raggiunto livelli altissimi.
Sembrerebbe che alla base di questa condizione ci sia una presa d’atto che l’edilizia sia il motore diretto e indotto dell’economia e che esso non possa essere fermato, causa l’aggravio di una situazione economica già di per se percepita come gravissima, soprattutto per una regione priva di un tessuto industriale e artigianale degno di questo nome. Occorreva pertanto trovare una formula di compromesso fra quelle che ormai sono istante di salvaguardia, sembrerebbe, consolidate e la necessità dei “prìncipi di far costruire muretti al popolo … in tempo di pace”.
La previsione di finalità quali: “ il miglioramento della qualità architettonica e abitativa, della sicurezza strutturale, della compatibilità paesaggistica e dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, anche attraverso la semplificazione delle procedure” , poste in premessa al documento e ribadite ad ogni articolo, sembra tacitare in anticipo le istanze di sostenibilità.
Il provvedimento sardo é molto articolato e contiene anche delle norme di semplificazione per le quali, se introdotte, bisognerebbe solo ringraziare il dio degli “abusati dalla burocrazia”; contiene inoltre delle modifiche al Piano Paesaggistico i cui riflessi, molto complessi e articolati, sulle esigenze di tutela ambientale, non possono essere analizzati in questa sede.
A noi pare che il Legislatore, quindi il Consiglio Regionale, avrà ampi spazi di miglioramento perché, così come é stato per le altre regioni, le implementazioni possibili sono tante. Alcuni esempi potrebbero essere: la previsione di condizionare gli incentivi anche alla realizzazione di “cortine verdi” o piantumazioni dei giardini pertinenziali, vincolate per sempre all’esistenza dell’edificio (Lombardia); la pretesa per l’ottenimento di tutti gli incrementi di cubatura, quindi anche per quelli del 20% (non solo per il 30%), dei requisiti di miglioramento della qualità edilizia e dell’efficienza energetica; rendere permanenti le norme, o prolungarne l’esistenza (attualmente prevista in 18 mesi), perche “la fretta é una cattiva consigliera”; vincolare tutta la filosofia sottostante il provvedimento all’impossibilità di consumare nuove porzioni di territorio o, comunque, prevedere nei casi di “rottamazione di un edificio” che il “vecchio” venga sempre ripristinato secondo i requisiti dell’ambiente circostante o preesistente (confindustria). Queste migliorie al DDL garantirebbero che i nuovi volumi, anche quando piccoli, non fossero un mero ampliamento speculativo, privo di qualità, a favore non solo del privato, ma anche miglioria conveniente per tutta la comunità.
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