No, cari amici, nella Noa Carta de Logu non c’è solidarietà

14 Settembre 2009
3 Commenti


Gianfranco Sabattini

Pubblichiamo volentieri questa replica del Prof. Gianfranco Sabattini a Mario Carboni, a Gianfranco Pintore e agli altri commentatori del suo precedente articolo, con l’invito ai lettori d’intervenire su questa fondamentale questione. 

Nei giorni scorsi un mio articolo apparso su questo “blog” a commento della proposta di Carta de logu redatto dal “Comitato firma per la tua Sardegna” ha avuto l’onore di ricevere diversi commenti, tutti critici. Alcuni di questi commenti possono essere disattesi, mentre altri, quelli di Ariano Bomboi, Mario Carboni e Gianfranco Pintore, sono “politicamente corretti” e, perciò, meritevoli di una risposta; in particolare, quelli di Carboni e Pintore (nei confronti dei quali, al di là della diversità delle nostre idee, vorrei poter conservare il rapporto amicale che ho maturato da tempo) merita una risposta articolata, nella speranza che, in tal modo, risulti puntualmente evidenziata la mia posizione riguardo alla necessità di un nuovo Statuto regionale e, nel contempo, maggiormente puntualizzata la mia critica al testo della “Carta” del “Comitato firma per la tua Sardegna.
Innanzitutto rifiuto l’accusa di voler spingere a criminalizzare chiunque parli di separatismo; in secondo luogo, non ho difficoltà ad accettare il riconoscimento che la “ratio” del testo della “Carta” non vuole essere separatista. Al riguardo, però, occorre una precisazione. Considerato che le parole, come si dice, pesano come macigni, Carboni e Pintore vorranno riconoscere che la formulazione del testo della “Carta”, prefigurando diritti solo per la Sardegna ed obblighi solo per lo Stato, perviene ad una situazione di fatto (che io ho chiamato “asimmetria istituzionale”) che risulta essere, in tutto e per tutto, identica a quella che si avrebbe nell’ipotesi in cui fosse affermato esplicitamente l’intento separatista. Stando così le cose, Carboni e Pintore vorranno anche riconoscere la necessità di rimuovere in qualche modo dalla struttura del testo della “Carta” l’idea di una forma qualsiasi di asimmetria istituzionale. La rimozione di questa idea può essere solo possibile attraverso una riscrittura della stessa “Carta” che ricuperi esplicitamente una dimensione in essa assente: la solidarietà con cui innervare l’insieme delle comunità regionali nella continuità della nazione alla quale le diverse comunità regionali, Sardegna inclusa, appartengono. A questa conclusione, vorrei dire a Carboni e Pintore, sono pervenuto da tempo, riflettendo sulla crisi dello Stato-nazione. Da dove nasce questa crisi? Di seguito cercherò di esporre le mie considerazioni al riguardo; da quanto esporrò, spero che risultino evidenti i limiti delle risposte date dalle forze politiche tradizionali ai motivi di crisi dello Stato-nazione italiano.
Originariamente, seguendo il ragionamento di Ferdinand Tönnies, con l’affermazione della cooperazione tra gruppi di soggetti, anche etnicamente diversi, insistenti su un dato territorio, si sono affermate due ordini di relazioni sociali. Quelle che hanno sotteso il consolidamento della cooperazione tra i gruppi sono quelle che hanno originato la comunità, intesa come vita reale ed organica, mentre quelle che hanno sotteso l’allargamento della cooperazione tra gli stessi gruppi sono quelle che hanno originato la società, intesa come vita ideale e libertaria. La comunità si è fondata sull’unità delle volontà dei gruppi, il cui consenso è stato l’idem sentire che ha costituito la volontà dell’insieme delle comunità e che ha tenuto insieme tutti i gruppi come membri di un tutto. Per contro, la società si è fondata, non già sull’unità delle volontà dei gruppi, bensì sulla separazione delle singole volontà dei stessi gruppi, il cui consenso è stato un sentire differenziato che ha escluso l’esistenza di qualsiasi unità superiore ai singoli gruppi, garantendo ad ogni gruppo l’autorealizzazione e, dunque, la possibilità di godere della propria sfera di libertà senza il condizionamento degli altri gruppi.
L’elemento che ha realizzato l’unità dei due ordini di relazioni sociali, ovvero della comunità e della società, è stata la formazione dello Stato-nazione, la cui tendenza alla omogeneizzazione ed alla centralizzazione all’interno del territorio sul quale lo stesso Stato ha fondato e consolidato il suo potere ha consentito di ridurre ad unum le diverse realtà etniche e culturali. La formazione della nazione ha coinciso così con la lotta intrapresa dallo Stato contro le diversità dei gruppi ed ha costituito il sintomo della forza e della volontà con cui è stato perseguito l’allineamento dei “corpi separati” dell’intera nazione. L’organizzazione dell’azione politica all’interno della logica di dominio e di potenza propria dello Stato-nazione nei confronti dei diversi gruppi costitutivi della nazione si è, però, rivelata, almeno in prospettiva, una “strategia perdente”; infatti, lo Stato-nazione, con l’uso della forza, non ha potuto riscuotere in modo irreversibile la fiducia dei diversi gruppi “etno-regionalisti”, in quanto la nazione ha cessato di legittimare qualsiasi azione unilaterale per il governo dei rapporti tra i gruppi sub-nazionali. Col tempo, infatti, è maturata l’idea che per la legittimazione dell’azione unilaterale dello Stato-nazione nel perseguimento della soddisfazione di un qualsiasi interesse generale fosse necessario il rispetto della natura multietnica e multiculturale della nazione. La funzionalità dello Stato-nazione si è, così, rivelata del tutto inadeguata rispetto alle sfide delle nazioni moderne. Tale inadeguatezza, tuttavia, non ha implicato il suggerimento automatico di uno strumento organizzativo alternativo allo Stato-nazione. Fra una concezione unitaria e centralistica dello Stato-nazione ed una sua concezione riduttivamente residuale si è interposta l’opzione del federalismo (o, se si vuole, del confederalismo). Rispetto a quest’opzione organizzativa, i partiti politici tradizionali (in particolare quelli delle cosiddetta seconda Repubblica) non sono mai riusciti a trovare un’univoca prospettiva di scelta, a motivo appunto di una insufficiente interiorizzazione delle cause della crisi dello Stato-nazione.
Il perdurare di tale stato di cose è valso solo a determinare lo scadimento della stessa rifondazione dello Stato-nazione a mero disfacimento dell’unità della nazione, con tutti i limiti ed i pericoli che esso evoca e produce. Ciò che sta accadendo all’interno del nostro Paese è, infatti, il rifiuto tout court dello Stato e la sua conseguente riduzione a un puro e semplice insieme di autonomie locali, rispetto alle quali l’esito della mediazione dello stesso Stato, in una prospettiva solidaristica, è destinato a ridursi a mera risultante di un rapporto di forza tra le diverse comunità regionali. In questo caso, la Sardegna, Carboni e Pintore vorranno convenirne, non verrebbe a trovarsi nella migliore delle condizioni. Ecco perché da tempo vado sostenendo che è giunto il momento di una rifondazione dello Stato-nazione italiano, attraverso l’adozione di una struttura federalista, o se si vuole, lo ribadisco, confederalista.
Condivido, l’idea di Carboni (il testo del suo commento al riguardo non è ben intelligibile, per cui spero di aver capito bene) di voler sottoporre la “Carta” a referendum popolare; anche su questo punto, tuttavia, io da tempo sostengo che una riforma istituzionale, quale è appunto l’adozione di un nuovo Statuto (momento istituzionale), anche nell’ipotesi peggiore che essa avvenga in assenza di una ristrutturazione complessiva dello forma attuale del nostro Stato, deve procedere parallelamente all’accertamento dell’identità storico-culturale dei sardi nella fase attuale (momento identitario) ed alla riscrittura del modello di crescita e di sviluppo (momento economico) compatibile con il momento identitario. La contemporaneità dei tre momenti, tuttavia, non deve fare velo sulla necessità che tra essi debba correre una relazione ordinatrice, nel seno che il momento identitario deve costituire la fonte dalla quale derivare gli obiettivi socioeconomici da perseguire, mentre la “Carta” dovrebbe essere scritta anche in funzione del perseguimento di tali obiettivi. Per concludere, voglio dire a Carboni e Pintore che il mancato rispetto della relazione ordinatrice sarà solo la causa del “fallimento” della politica regionale futura, nel segno di una sgradevole continuità con quanto è accaduto nell’ultimo cinquantennio del secolo scorso, durante il quale la Sardegna ha goduto di uno Statuto (sia pure speciale) ottriato, posto a fondamento del perseguimento di obiettivi socioeconomici poco condivisi, attraverso l’attuazione di un modello di crescita e sviluppo imposto dall’esterno.

3 commenti

  • 1 Gianfranco Pintore
    14 Settembre 2009 - 09:33

    Se potessi scomporre l’articolo di Gianfranco Sabatini (al quale rinnovo la mia amicizia) nelle sue parti essenziali, direi che sono d’accordo con le conclusioni, parzialmente d’accordo sulla scelta di Ferdinand Tönnies come guida del suo ragionamento e in disaccordo completo sul concetto di “continuità della nazione alla quale le diverse comunità regionali, Sardegna inclusa, appartengono”. Credo non sia utile insistere sull’accordo e che basti dichiararlo. I ragionamenti del sociologo tedesco sono indubbiamente interessanti, ma non legge scientifica. Ai suoi si possono mettere in relazione e contrasto, quelli di altri che, come Sergio Salvi, Mario Albertini, Hans Kohn, Lewis Namier ed altri, che sulla questione hanno idee diverse. A dimostrazione che si possono avere assai ben fondate tesi alternative da cui far discendere conclusioni altrettanto alternative.
    Voglio dire, caro Sabatini, che tutte le teorie vanno poi ricondotte all’oggetto del contendere che, nel nostro caso, è rappresentato sia dalla carta fondamentale dell’autonomia sarda sia, soprattutto, alla concezione e alla coscienza di nazione che qui si ha (o non si ha). Come fai a rimprovereare la Carta de Logu di non prevedere “continuità della nazione” a cui la Sardegna apparterrebbe, posto che la stessa proposta di Statuto afferma che la nazione sarda è distinta da quella italiana? Sarebbe curioso, non trovi?
    Conto diverso sarebbe, e avresti ragione, se la Carta non riconoscesse continuità della Repubblica a cui la Sardegna, vi si ribadisce, appartiene. A stare al Titolo V della Costituzione, a rigor di logica (logica formale, lo riconosco) la Sardegna “non appartiene” neppure allo Stato, per non dire della nazione italiana. Il concetto di equiordinazione di Stato, Regione, Comune, Provincia all’interno della Repubblica sconsiglierebbe di affermare che il comune appartiene alla provincia la quale appartiene alla regione che, infine, appartiene allo stato. Le cose non stanno come la grammatica e la sintassi suggeriscono, ma, come si sa, non sempre le leggi (anche quelle costituzionali) sono fatte perché noi poveri mortali le comprendiamo.
    Una cosa è certa: lo Stato nazionale non è in crisi perché è in crisi il cosiddetto sentimento nazionale o continuità nazionale che dir si voglia, è vero il contrario. Lo Stato nazionale ottocentesco è in crisi perché ha dovuto cedere quote di sovranità verso l’alto (Nato, Unione europea) e verso il basso (Regioni) e perché trattati internazionali hanno introdotto, con adozione da parte dello stato stesso, principi di diritto internazionale, quali quello dell’autodeterminazione dei popoli, sconosciuti al momento della formazione degli stati-nazione. Ed è in crisi perché, anche nominalmente, non è lontano il momento in cui la stato nazionale si dovrà trasformare in stato federale.
    La Carta de Logu si inserisce in quest’ultimo processo, in parte introiettando il federalismo fiscale in parte anticipando, sempre nel rispetto della Costituzione vigente, una forma di federalismo politico. La Costituzione prevede che regioni speciali come la Sardegna “dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale”. È quello che la proposta di Statuto intende fare. Quanto alla “solidarietà” che mancherebbe, concetto ideologicamente corretto ma poco duttile nella forma del rapporto fra Regione e Stato, io preferisco quello della “leale collaborazione” fra i due elementi costitutivi della Repubblica.

  • 2 Mario Carboni
    19 Dicembre 2009 - 18:08

    Ho letto solo oggi e siamo alla fine dell’anno, la risposta dell’amico Gianfranco ad un mio commento sulla sua valutazione della proposta di nuovo Statuto speciale.
    Purtroppo non si può seguire tutto in internet e rispondere con puntualità.
    Comunque ad oggi la nostra proposta rimane ancora l’unica, almeno fra le recentissime.
    Rischiamo però di inondarci di fiumi di parole che creano altri fiumi e torrenti sempre di parole.
    Mi basta che Gianfranco affermi:

    “Ecco perché da tempo vado sostenendo che è giunto il momento di una rifondazione dello Stato-nazione italiano, attraverso l’adozione di una struttura federalista, o se si vuole, lo ribadisco, confederalista.”

    Sono totalmente d’accordo e Gianfranco sa che non è da oggi che assieme a G.Pintore portiamo avanti tanti concetti espressi nella sua risposta ma che sono stati osteggiati nel passato e a volte anche criminalizzati soprattutto dalla sinistra mentre ancora al suo interno operano fieri centralisti

    Se siamo d’accordo sulla prospettiva vuol dire che per realizzare una struttura federalista come ancora di più confederalista occorre che la Sardegna si costituisca in statualità o se non si ha paura delle parole in vero e proprio Stato, per non andar lontani ed essere comprensibili come lo sono i componenti degli Stati uniti d’America.
    Questa Statualità deve regolare la propria vita secondo una Carta costituzionale o Statuto e una corrispondente Costituzione federale.
    Non ci siamo attaccati alle parole e proprio come gli autonomisti iberici abbiamo preferito conservare il termine Autonomia per entrare nei contenuti perché poi sono questi a dare significato alle parole.
    E se è vero che l’identità deve essere la chiave per ogni attività politica, per la Sardegna non si può non parlare di Identità nazionale sarda a partire dalla nostra lingua e alla costituzionalizzazione della sua parificazione ufficiale con la lingua federale che sarebbe poi la lingua italiana e l’applicazione della sussidiarietà politica ed economica massima possibile.
    Il tutto sembrerebbe più complicato ma in realtà semplificato dalla nostra appartenenza all’Unione europea nella sua difficile via verso un obiettivo federalista o confederalista come del resto auspicato da Camillo Bellieni.
    Allora non capisco la contrapposizione che mi è sembrata preconcetta alla nostra proposta che si situa in un gradino un po’ più basso rispetto ai nostri comuni obiettivi ideali come contributo all’elaborazione di un nuovo Statuto entrando e lo ripeto nel campo dei contenuti.
    Gradino più basso nel senso che proprio per non essere velleitari abbiamo scelto un percorso riformista cercando di salire forse più di un gradino da quello di partenza dello Statuto vigente ma non troppo lontani dai migliori gradini delle Autonomie nazionali europee oggi realizzate quali quelle iberiche.
    Anche queste autonomie aspirano al federalismo o al confederalimo ( visto che anche il loro sostanziale indipendentismo che accetta e auspica una migliore Unità europea non può evadere dalla prospettiva federale ) hanno scelto una loro via riformista all’interno del loro Stato centrale.
    Anche noi sardi dobbiamo scegliere una nostra via e il nostro Statuto o Carta de Logu Noa de sa Natzione sarda è una proposta in questo senso.
    Trovo anche, data la complessità della nostra proposta, non facile dare giudizi senza entrare nel merito delle tante componenti culturali, economiche, amministrative, elettorali, fiscali…..federali.. senza dare l’impressione di voler dare giudizi sommari e preconcetti.
    Sarebbe necessario un confronto più ampio e diretto.
    Non è facile ma non dispero possa essere possibile, intanto il tempo passa.. chissà che l’anno venturo non ci permette qualche passo avanti.

  • 3 Democrazia Oggi - La Carta de Logu Noa e la statualità sarda
    23 Dicembre 2009 - 06:09

    […] la riflessione di Gianfranco Sabattini sulla Carta de Logu Noa de sa Natzione Sarda, la proposta di Statuto speciale avanzata dal “Comitato firma per la tua Sardegna”, e […]

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