Loris Campetti
In aggiunta a quanto detto, un’altra ragione di incazzo (personale) in questa estate povera di speranze è stata la mancanza del “Il Manifesto”, giornale che leggo dal primo giorno della sua pubblicazione, avendo anche, con tanti compagni/e sardi, contribuito alla sua nascita. Prima ha cessato di arrivare la domenica e ancor prima in molti paesi da anni non viene mai distribuito. Senza paura di essere eccessivo, dico a tutti che Il Manifesto per la sua storia, al di là della condivisione dei contenuti, è la cartina di tornasole della libertà di stampa nel nostro Paese. Lo sarebbe (e lo è ) anche L’Unità, la quale, tuttavia sciaguratamente è stata messa sul mercato dai suoi originari proprietari (PDS-DS), ed oggi è alla mercé del suo o dei suoi privati proprietari. Và certo sostenuta e salvata insieme ad altre pubblicazioni della sinistra, ma Il Manifesto ha avuto e mantiene la pretesa di non avere padroni. Superba e temeraria pretesa in una società dominata dal mercato. Dunque, è su questo quotidiano che si misura la capacità di informare senza avere alle spalle un gruppo editoriale (foss’anche un partito), ossia di essere completamente liberi da condizionamenti. Ecco perché la lettera del 4 u.s. di Loris Campetti, che di seguito pubblichiamo, va letta attentamente e, per chi ne ha la possibilità, va seguita da atti concreti di sostegno. Per quanto mi riguarda rinnoverò l’abbonamento postale, che - per esperienza già fatta - non sarà esente da disguidi e controindicazioni. Ma qui evidentemente non è questo il problema. La democrazia e la sinistra italiana non possono perdere Il Manifesto senza ulteriormente perdere se stesse. Questo è il punto irrinunciabile. Ed ora l’intervento-appello di Loris Campetti (a.p.).
Ci sono tanti modi per tagliare la testa ai giornali fuori dal coro. Il presidente del consiglio ha i suoi, oggi ci prova persino con la magistratura. Anche le Poste sembrano avere lo stesso obiettivo, o quanto meno la loro strategia mette in conto la possibilità di lasciarsi cadaveri editoriali alle spalle. Per il manifesto, che oltre a essere fuori dal coro è anche fuori da Piazzaffari e dai Palazzi e Palazzetti della politica – più semplicemente: non ha padroni, padrini e partiti alle spalle pronti a metter mano al portafogli - la filosofia che governa le scelte del sistema postale italiano rischia di essere fatale. In una situazione difficile a livello mondiale per la carta stampata, e dentro una crisi nostrana della sinistra che produce un’anestesia diffusa, è per noi essenziale fidelizzare i lettori, scuotere pigri e depressi, allargare la nostra «base». Lo strumento più naturale è l’abbonamento, sempre più spesso vanificato, però, dal (dis)servizio postale: se il giornale non arriva al mattino con il caffé, e magari neanche la sera ma soltanto il giorno dopo, che quotidiano è? Ma c’è di più. Da qualche mese sono stati ridotti i voli postali utilizzati per trasporto dei giornali, quelli sopravvissuti viaggiano in ritardo con la conseguenza di rendere oltremodo difficile la normale distribuzione verso tutti i punti vendita. Addirittura, sono stati soppressi i voli della domenica. Il risultato è che chi abita in Sicilia, o in Sardegna, o in tante isole «minori», la domenica non ha la possibilità di leggere il manifesto. Ciò ha spinto alcune testate a rinunciare a distribuire il giornale in questi luoghi – stiamo parlando di milioni di abitanti e potenziali lettori – con un’ulteriore conseguenza negativa per noi: i costi di distribuzione salgono paurosamente, perché un onere ieri suddiviso tra molti, oggi ricade interamente sulle nostre fragili spalle. Direte: e perché non stampate in Sicilia e in Sardegna? Domanda retorica: perché non ce lo possiamo permettere, in passato abbiamo provato a farlo in Sicilia e, anche quest’estate, in Sardegna. Il rapporto costi-benefici, cioè tra le spese di stampa e le copie vendute è negativo, rendendo così la scelta economicamente insostenibile.
Seconda domanda, tutt’altro che retorica: perché le due isole maggiori, che giustamente rivendicano pari diritti e opportunità con le altre regioni italiane, non aprono dei centri stampa per i giornali nazionali che non hanno santi alle spalle? C’è un problema di pluralismo e, insieme, un diritto dei siciliani e dei sardi di poter leggere il giornale che preferiscono. Pluralismo e diritti oggi negati. Questa domanda la giriamo direttamente alle due Regioni e a chi fa politica, in maggioranza o all’opposizione, in Sicilia e in Sardegna. Tutto ciò detto, e confermata la nostra ostinata volontà a non rassegnarci, resta il problema nell’immediato. Sabato è l’ultimo giorno in cui stamperemo il giornale in Sardegna. Ai nostri lettori che vivono in Sicilia e in Sardegna proponiamo di affrontare l’emergenza abbonandosi al manifesto. Quello cartaceo, sapendo che talvolta lo riceveranno in ritardo a causa del disservizio postale, come del resto capita anche agli abbonati piemontesi o napoletani. Con una tariffa molto speciale per le isole, a partire da lunedì prossimo: 100 euro l’anno invece di 240. Proponiamo anche il tandem: l’abbonamento cartaceo più quello on-line a 120 euro invece di 329. Infine, offriamo a sardi e siciliani il solo abbonamento on-line a 70 euro invece di 130. E’ un sacrificio che facciamo per difendere e rafforzare la nostra rete di lettori. E’ un pezzetto della battaglia politica per la libertà di informazione di cui ci facciamo carico. Senza abbassare la guardia, sapendo che le Poste e le Regioni Sicilia e Sardegna hanno il dovere di fare la loro parte. Da voi, lettrici e lettori, ci aspettiamo moltissimo
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