Gianfranco Sabattini
In questi giorni sulla stampa regionale si coglie una ripresa del dibattito sulla revisione dello Statuto sardo. Per dare un contributo all’importante problematica pubblichiamo una riflessione critica del Prof. G. Sabattini sulla nuova “Carta de Logu”, testo del progetto per un nuovo Statuto predisposto dal “Comitato firma per la tua Sardegna”. Sono ovviamente gradite repliche e interventi.
Prima delle vacanze, su questo “Blog”, è stato pubblicato un bell’articolo di Francesco Cocco sulle origini storico-politiche dello Statuto sardo. L’articolo, giustamente, mette in evidenza come il processo che ha portato all’acquisizione da parte della Sardegna, con la legge costituzionale del 26 febbraio del 1948, del suo Statuto speciale rappresenti un grande evento “da collegare al nascere ed al diffondersi di una coscienza autonomistica di massa…”. Una coscienza lasciata in eredità ai sardi dai movimenti sociali e dal pensiero e dall’azione di alcuni “grandi spiriti” che, a partire dalla prima metà dell’Ottocento, hanno contribuito “all’approfondimento di una coscienza nazionale sarda nell’ambito di una più ampia coscienza italiana”, nella piena consapevolezza “che i due termini – nazione sarda e nazione italiana – non erano di per sé confliggenti”. All’indomani della Grande Guerra, per l’azione politica svolta dal PSd’Az, lo spirito autonomistico interiorizzato dai sardi è divenuto così forte e radicato che, anche durante il ventennio fascista, le istanze autonomistiche hanno finito per emergere; ciò, perché una parte dello stesso partito aveva aderito al fascismo, per cui “un po’ del sentire sardista” sopravvisse nella vita culturale del tempo. Altri tempi! Ieri, la parte del PSd’Az confluita nel movimento fascista, non dimenticando di rivendicare la specifica soggettività dei sardi, non ha mancato di sentirsi parte della più ampia comunità italiana; oggi, quella parte del sopravvissuto PSd’Az schierata nel raggruppamento partitico inclusivo della Lega sembra avere smarrito l’idea di poter conciliare la rivendicazione dell’identità della Sardegna con la conservazione dell’unità della nazione della quale è parte. In tal modo, ironia della sorte, una parte molto residua del partito che ha svolto un ruolo decisivo nell’acquisizione dell’autonomia regionale appare confusa tra quanti vogliono la disunità d’Italia. Per rendersi conto di ciò basta leggere il testo del progetto di nuovo statuto sardo redatto dal “Comitato firma per la tua Sardegna” che i transfughi dal sardismo originario hanno largamente ispirato.
Il testo del progetto di “Carta de logu” è, infatti, sostanzialmente, una proposta di statuto regionale separatista. In nessun punto del testo risulta esplicitamente l’intento separatista; tuttavia, da un’interpretazione complessiva del preambolo e dell’articolato del progetto di nuovo statuto emerge inequivocabilmente la ratio separatista della proposta. Nel preambolo è detto che la “Carta de logu” vuole essere una ridefinizione, a sessant’anni dall’emanazione dello statuto attuale, del rapporto della Sardegna con il potere centrale dello Stato e con quello dell’Unione Europea. Nell’articolato è detto che l’ipotesi della nuova “Carta” costituzionale regionale è fondata sugli assunti che la Sardegna: in quanto isola integrata nella Repubblica italiana, rivendica un’effettiva ed illimitata continuità territoriale con la parte continentale della Repubblica e con il resto dell’Unione Europea; in quanto nazione con proprio territorio, propria storia, propria lingua, proprie tradizioni, propria cultura, propria identità ed aspirazioni distinte da quelle della nazione italiana, gestisce e coltiva il proprio patrimonio identitario mediante un ordinamento istituzionale dotato di sovranità, a titolo uguale a quello dello Stato centrale; in quanto base istituzionale dell’attuale Stato italiano, secondo una non-bene-identificata-“Dottrina”, non sarebbe altro “che l’antico Regno di Sardegna, ampliato nei suoi confini, nato nel 1324 e per secoli “pregnato del sangue e del sudore e della fatica dei sardi”.
Dai tre assunti esposti deriva che la Sardegna, nell’ambito della Repubblica italiana, in considerazione delle proprie aspirazioni, con la proposta di “Carta de logu”, si attribuisce il pieno diritto al suo autogoverno, mediante un’organizzazione istituzionale federalista, per migliorare, sulla base di un ruolo autonomo dell’isola nei processi di formazione delle decisioni in seno alla Repubblica ed all’Unione Europea, la coabitazione del popolo sardo con gli altri popoli della Repubblica e dell’Unione Europea. Nella prospettiva di aderire ad un ordinamento federale asimmetrico della Repubblica italiana, conformemente a quanto stabilito dalla Dichiarazione solenne di sovranità adottata dal Consiglio Regionale della Sardegna nel 1999, la Proposta di “Carta de logu” dovrà consentire al popolo sardo di affermare il diritto di decidere del proprio avvenire, secondo quanto sancito dalla Carta dell’Onu, dal Patto internazionale dei diritti civili e politici e dal Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali.
Inoltre, nella proposta di nuova “Carta de logu” è stabilito che la lingua propria della Sardegna è il sardo (con il riconoscimento di una pari dignità al catalano per il territorio di Alghero, al gallurese, al sassarese ed al tabarchinio), che il simbolo identitario dell’isola è la bandiera con i quattro mori, che il giorno dell’approvazione della “Carta” sarà dichiarato festa della Nazione Sarda, che l’inno sardo è “Su patriotu sardu a sos feudatàrios” e che il motto della Regione autonoma è “Forza paris”. Dopo le insistenti affermazioni sull’autonomia della Nazione Sarda e sul potere decisionale autonomo del popolo sardo, la proposta del nuovo statuto afferma che la Regione autonoma della Sardegna è parte della Repubblica italiana, solo per stabilire l’obbligo di questa a garantire alla Regione, perché le amministri autonomamente, le risorse necessarie al suo benessere economico, sociale e culturale. Inoltre, la proposta di “Carta del Logu” prevede che il Piano permanente finalizzato alla Rinascita dell’isola sia in parte integrato, a titolo di partecipazione della Sardegna alla difesa della Repubblica, da uno specifico “Piano quinquennale di investimenti produttivi e finanziamenti in conto capitale” per l’uso, da parte dell’amministrazione militare, di parti del territorio regionale. Come dire che la Sardegna partecipa alla difesa della Repubblica, ma l’uso del suo territorio, nonostante le reiterate affermazioni sui suoi presunti rapporti di solidarietà con la Repubblica italiana, non è a titolo gratuito, in quanto è subordinato al pagamento da parte di chi lo utilizza di una royalty, alla stessa stregua delle royalties pagate dalle società petrolifere agli stati proprietari dei pozzi dai quali viene estratto il petrolio. L’estraneità della Regione autonoma dalla Repubblica italiana emerge anche laddove si afferma che il Governatore della Regione partecipa, asimmetricamente, alle riunioni del Consiglio dei ministri della Repubblica con rango di ministro e con voto deliberativo quando siano in discussione questioni riguardanti la Sardegna. Nulla, però, è detto su chi rappresenti la Repubblica italiana quando il governo della Regione autonoma decida su questioni che possono riguardare l’interesse generale (difesa militare del territorio della Repubblica, vigilanza sulla circolazione monetaria, amministrazione della giustizia, rapporti diplomatici con stati terzi ecc.) di competenza dei livelli istituzionali che devono “elargire” i trasferimenti coi quali finanziare i Piani di Rinascita ed i Piani quinquennali di investimenti produttivi e finanziamenti in conto capitale.
Nel complesso si ha l’impressione, leggendo la proposta di “Carta de Logu”, di assistere al tentativo di regolare in modo asimmetrico i rapporti tra entità statuali indipendenti, con la pretesa dell’entità sottordinata di legittimare l’obbligo per l’entità sovraordinata di elargire risorse in funzione di non ben individuate ragioni, se non quella, per l’entità sottordinata, di essere isolata geograficamente, di essere la base istituzionale dell’entità sovraordinata e di aver versato sangue e sudore per la sua costituzione. Si tratta dell’ennesima riproposizione, per la Sardegna, di un’autonomia querula, per di più asimmetrica, fondata su uno sterile rivendicazionismo unilaterale di risorse di ogni tipo da utilizzare in piena ed assoluta autonomia. Si tratta di una proposta fuori dalla storia, priva di obiettivi implicanti la modernizzazione dell’isola, sorretta da aspirazioni negatorie di uno autentico spirito solidaristico e unicamente protese a conservarsi legate ad un passato pressoché statico, fuori dalla prospettiva di un ben chiaro e definito obiettivo futuro in funzione della valorizzazione delle capacità progettuali della società civile regionale.
In altri termini, lo spirito che traligna dalla lettura della proposta di “Carta de Logu” evoca una posizione della Sardegna che è propria di chi pretende di essere l’ombellico del mondo, in virtù di un suo presunto retaggio originario, mancando però di porre in termini storicamente appropriati la necessità di correggere gli esiti delle relazioni istituzionali squilibrate intercorse nel passato tra la Sardegna ed il resto dello Stato italiano. La riscrittura dello statuto regionale, perciò, più che fare riferimento ad una fantomatica “Dottrina” acquisita con l’accesso a “ripostigli” ben forniti di libri di “Diritto costituzionale”, da cui ricavare il convincimento che lo stato italiano non sarebbe altro “che l’antico Regno di Sardegna ampliato nei suoi confini”, dovrebbe invece fare riferimento ai “guasti” che il processo di unificazione dello Stato italiano ha originato. Solo la valutazione di questi “guasti”, all’interno della più ampia comunità nazionale, può costituire la premessa per la riscrittura dello statuto. Un conto è pretendere che tutto ciò sia realizzato all’interno di una struttura istituzionale esprimente la sintesi ultima degli interessi delle comunità regionali costituenti l’intera nazione italiana; altro conto è pretendere che la riparazione dei “guasti” ereditati sia realizzata all’interno di una struttura istituzionale esprimente solo l’aggregazione degli interessi e delle rivendicazioni delle articolazioni dell’intera comunità nazionale.
L’accertamento dei ritardi dell’isola, dunque, unitamente alla stima dei probabili danni subiti, e non il ricorso ad atti pseudo-separatisti, possono costituire la base per progettare, nell’ambito di un sistema unitario di relazioni solidaristiche, una struttura istituzionale con cui, da un lato, progettare un’ipotesi di crescita e di sviluppo della Sardegna e, dall’altro, “negoziare”, con lo stato italiano, fuori da ogni possibile forma di asimmetria istituzionale, gli aiuti esterni stimati sufficienti per promuovere la Rinascita dell’isola.
11 commenti
1 Barria
8 Settembre 2009 - 13:06
le interpretazioni o iper-interpretazioni sono sempre il risultato di una somma tra un’esperienza di vita, soddisfazioni o frustazioni, e il sapere illimitato o limitato
2 Adriano Bomboi
8 Settembre 2009 - 13:28
Non di rado mi capita di ripeterlo in diverse occasioni: Gli USA sotto Lincoln divennero una Nazione. Tempo prima, nel 1776, una comunità di persone dai tratti tipicamente Europei aveva sancito (a costo di una rivoluzione) la sua indipendenza da quella che era la madrepatria: Una Corona Britannica la quale considerava parte integrante del proprio dettato giuridico la comunità (ormai ribelle) stanziata oltre-atlantico. La storia insomma ci mostra che nulla è statico e qualsivoglia comunità, anche quella che storicamente potrebbe avere meno motivi di altre, può trovare una sua dignità autonoma nel consesso mondiale. E come possono essere labili o forti i motivi che spingono a rendere “centro” la “periferia” di un’entità statuale, alla stessa stregua, che diritto ha un centro nel voler tenere periferia un territorio i cui abitanti manifestano nuovi sentimenti che non necessariamente confliggono con l’entità sovrastatuale? Nel testo della proposta del comitato Noa Carta de Logu d’altra parte è chiara l’appartenenza della Sardegna allo stato italiano. Ma se anche così non fosse stato, dove sarebbe lo scandalo? Piuttosto Sabatini, l’aspetto da mettere controluce di questo scritto è un’altro, e parte dallo scritto di Cocco che ricorda le parole dei vecchi “illuminati” i quali parlavano di nazione italiana e nazione sarda in termini non confliggenti tra loro. Bisognerebbe stabilire cosa si intende per “confliggenti”. Il diritto ad una vera autonomia è forse una forma di conflitto con lo stato che ingloba quella realtà? Se così fosse, l’istituto dell’autonomia oggi presente in diverse forme ed in varie realtà internazionali perderebbe qualsiasi legittimazione storica, sociale e giuridica. Ma così non è. Di statico quindi in tutto questo discorso non ci sono i membri della Noa Carta de Logu che vorrebbero resettare le istituzioni ad un supposto statico passato, di statico Sabatini c’è solo la sua volontà nel voler ascrivere a realtà statuali consolidate il diritto di vita e di morte rispetto a minoranze ospitate al suo interno. Le quali, in ragione di questa presunta superiorità dell’entità sovrastuatuale, non avrebbero alcun diritto nell’esprimere posizioni e considerazioni: Persino di carattere assimmetrico. Sabatini, quando si fa una critica, bisogna anche esibire una qualche proposta alternativa, quale sarebbe dunque la sua alternativa che lei identifica con: “una struttura istituzionale con cui, da un lato, progettare un’ipotesi di crescita e di sviluppo della Sardegna e, dall’altro, negoziare, con lo stato italiano, fuori da ogni possibile forma di asimmetria istituzionale, gli aiuti esterni stimati sufficienti per promuovere la Rinascita dell’isola.” Quale sarebbe questa struttura istituzionale che dovrebbe risolvere (tra i vari problemi) L’ATTUALE ASIMMETRIA di un centralismo italiano corresponsabile tra l’altro della negazione di diritti culturali oltre che linguistici nella nostra periferia? In cosa si differenzierebbe dall’attuale proposta del comitato e cosa la dequalificherebbe a sua avviso dalla presunta “deriva sfascista” da lei osservata? Grazie.
3 admin
8 Settembre 2009 - 16:36
E’ stato inviato anche questo commento che di seguito riportiamo.
Mario Carboni
8 Settembre 2009 - 14:49
Faccio parte del Comitato che ha scritto la proposta di Statuto della quale tratta il Prof.Sabatini.
Il Professore lo ha letto attentamente è ciò è un grande risultato. Fa delle critiche e sarebbe assurdo se non fosse criticabile o emendabile.
Però il Professore si è completamente inventato che sia separatista. Termine obsoleto, quasi un ingiuria che per tutto il secolo scorso è stata rivolta a chiunque volesse far fare passi in avanti all’autogoverno dei sardi magari costituzionalizzando in direzione federalista questi progressi. Un separatismo inesistente ed impossibile agitato in un mondo ove il processo di unità europea è accettato, inarrestabile e perfettibile. Ma la Sardegna non ha ancora il ruolo e i diritti dei quali ha bisogno e che merita di avere. Noi abbiamo lavorato su una proposta..e gli altri?
Del resto il nuovo Statuto ha bisogno di largo consenso e non può essere frutto di una sola parte. Ma è la parte che manca che non propone..
L’invettiva, la denuncia, l’invito a criminalizzare ( il separatismo è un delitto) del Prof. ricorda l’analogo comportamento del PCI contro Su Comitadu pro sa limba sarda, del quale facevo parte, che nel secolo scorso chiedeva i giusti diritti e riconoscimenti per la lingua sarda. Anche allora eravamo tacciati di separatismo. Oggi il sardo è riconosciuto e tutelato con legge d’attuazione della Costituzione italiana e regolato con legge regionale. Il PCI fu sconfitto. Così sarà sconfitto sullo Statuto da riscrivere chi appoggerà, favorirà o tollererà atteggiamenti forcaioli e totalmente inventati, frutto di un teorema ben conosciuto e sempre ripetuto da chi ad un’azione, pur criticabile, non fa corrispondere un’altra azione, anche totalmente alternativa, ma una reazione.
Reazione piuttosto viscerale e che stupisce dato il personaggio ben noto per lucide e argomentate posizioni su varie questioni.
C’è anche una forma di ossequio conformista all’emergere del nazionalismo prepotente italiano, vedi l’attacco al friulano ed alle lingue cosiddette minoritarie e quindi alle autonomie speciali,che credevamo fosse patrimonio del fascismo, ma che sembra essere stato adottato in questi giorni da tanti intellettuali di sinistra, forze politiche e nella stampa dal gruppo dell’Espresso.. Chi pensa così facendo di ostacolare il progresso della Lega sbaglia di grosso, anzi funge da levatrice all’enorme successo che la Lega avrà nelle prossime elezioni con il consenso popolare su questi temi. Non si tratterà forse di un episodio di sardo autocolonialismo?
Come Comitato naturalmente andremo avanti e non escluso raccogliendo le firme come era l’idea originaria. Sarà allora il Popolo sardo a esprimere l’iniziativa legislativa. Attendendo che altri battano un colpo.
Grazie dell’ospitalità
Mario Carboni
4 Antonimaria Pala
8 Settembre 2009 - 18:54
Si separatismu cheret nàrrere a tènnere autoguvernu, coabitare in paghe cun sa natzione italiana, èssere parte de s’Europa cun dinnidade de natzione, partetzipare a sos mamentos chi pertocant su destinu de sos sardos cando b’at de pigare sèberos de fundamentu, tènnere una bandela, una limba ufitziale e riconnota in onni àmbitu, afestare in una die simbòlica e tènnere un’innu e totu custu rispetende sa libertade prena e cumpleta de valores ideales culturales e religiosos de onni unu, tando deo naro chi so separatista. Antzis naro chi cussa proposta de istatutu modernu est separatista cuasi cantu a mie.
S’anatema, s’iscuminiga e su frastimu polìticu chi partzit sa realidade sigundu su dogma de su bene e de su male, sunt sos urtimos istèricos corpos de coa de unu sistema istitutzionale chi est tramuntadu trazende si nche in fatu un’intellighentzia coloniale biaita dae su disisperu.
5 Daniele
8 Settembre 2009 - 22:41
Separatista la “carta de logu noa” (che insulto chiamare uno statuto regionale in questo modo… la carta de logu era il codice di leggi di una nazione sovrana, questa roba invece è la richiesta pietosa di un po’ piú di libertá da parte della periferia dell’Italia)? Magari fosse anche solo minimamente separatista! Ma non lo leggete che ogni tre righe si spreca inchiostro per affannarsi a dare rassicurazioni sul fatto che la Sardegna è una “regione italiana”?
È l’implorazione al padrone di uno schiavetto che vuole essere coccolato di piú e vuole pure il permesso per fare un po’ piú tardi la sera, ma nulla di piú… anzi, c’è un mezzo tentativo di alzare la testa (ma non troppo) quando si ricorda che l’Italia non è altro che la continuazione del Regno di Sardegna ecc… come a dire “trattami bene, mí, che se non c’ero io non nascevi!!”
Cari comunisti-socialisti-socialdemocratici italo-fanatici, fate una cosa: fategliela approvare il piú presto possibile questa carta de logu noa, che voglio vedere cosa fanno con il governo amico quando la corte costituzionale gliela boccia (al 90% sará cosí). Se non poneste ostacoli tali da giustificare il loro solito “volevamo, ma i comunisti cattivi ce lo hanno impedito” li mettereste parecchio in imbarazzo.
Provate a fare una cosa furba, almeno per una volta.
6 Mario Carboni
10 Settembre 2009 - 16:29
Si da il caso che la Carta de Logu, quella del Giudicato d’Arborea, sia stata in vigore anche nel Regno di Sardegna sotto gli spagnoli ed anche nel Regno di Sardegna sotto i piemontesi, sino a quando non fu sostituita dal Codice di Carlo Felice..
La nostra è una proposta di nuovo Statuto, aspettiamo le altre con le quali confrontarsi. Certo non chi insulta e parla di schiavetti.
Il fanatismo e la violenza verbale sono spesso sempre figli dell’ignoranza.
Se la cultura autonomista della sinistra si cimentasse in una proposta, dato che le modifiche statutarie necessitano di larghissima condivisione, sarebbe un vantaggio per tutti.
Non ho dubbi che ciò accadrà
Con questa breve nota ringrazio per l’ospitalità e vi lascio al vostro dibattito che seguo con attenzione
7 Gianfranco Pintore
10 Settembre 2009 - 18:56
Anche io, come Carboni, ho coordinato i lavori del Comitato per lo Statuto speciale. E ho accolto con grande felicità il fatto che l’amico (spero lo sia ancora) Gianfranco Sabatini avesse accettato le linee di fondo della proposta.
Le quali linee sono - sarebbe bene che su questo di discutesse - di due ordini. Il primo: la Sardegna ha tutte le competenze e i poteri che non siano quelli di: difesa, moneta, giustizia e la summa potestas di uno stato che è quella di riconoscere altri stati e da questi essere riconosciuto; il secondo: la Sardegna partecipa alle spese dello Stato per le materie di sua competenza e in ragione della sua popolazione. Il tutto, come chiunque può capire, all’interno dell’unità repubblicana.
D’accordo, quindi, con Mario Carboni: questa è una proposta. Gliene si contrapponga un’altra o più di una. Le categorie dello spirito “separatismo”, “destra”, “sinistra”, “su e giù” appartengono alle demi vièrges che vorrebbero ma non osano. O forse non possono, pena la scoperta di un bluff.
8 Piero Atzori
10 Settembre 2009 - 21:02
Ringrazio prof. Sabattini per questa sua analisi critica della proposta di Carta de logu noa. Sono certo che servirà per migliorare il testo. Personalmente mi trovo più o meno agli antipodi. Il titolo poi, che immagino non suo, è proprio provocatorio. Chiederei a chi l’ha dato se ritiene o no sfascista la posizione di certa sinistra che pur di contrastare la Lega non esclude di assestare colpi al friulano, che è tutelato da una legge dello Stato in attuazione di un articolo della Costituzione. La stessa Costituzione che d’altra parte si vorrebbe imbalsamare così com’è, come se il compromesso cattocomunista che sta alla base non fosse ormai drammaticamente datato. Torniamo alla Sardegna. Io partirei dall’idea che occorre partire dal sentimento diffuso che l’autonomia è morta e puzza alquanto. Dunque ne serve una nuova, pensata e scritta a nostro genio, senza enfasi inutili. Senza dire che ci fondiamo sul lavoro e lavoro niente. Senza dire che tuteliamo la proprietà privata costruita con il sudore della fronte e poi invece non la tuteliamo affatto. Senza prevedere enti inutili per caddos de istalla. Ma soprattutto che serva per dare un futuro certo ai nostri figli. In Italia ora come ora i figli di povera gente non hanno chance di migliorare le proprie condizioni sociali. La mobilità sociale è bloccata, altro che opportunità per i meritevoli costituzionalmente garantite.
9 Daniele
11 Settembre 2009 - 13:56
“Si da il caso che la Carta de Logu, quella del Giudicato d’Arborea, sia stata in vigore anche nel Regno di Sardegna sotto gli spagnoli ed anche nel Regno di Sardegna sotto i piemontesi, sino a quando non fu sostituita dal Codice di Carlo Felice..”
Signor Carboni, non si arrampichi sugli specchi: la Carta de Logu è nata in una nazione sovrana e indipendente. Il fatto che stati invasori ne abbiano “concesso” il mantenimento cambia poco alla sostanza delle cose, anzi.
Per quanto riguarda la “cultura autonomista della sinistra”, lasci perdere, quel poco che aveva si sta trasferendo in altri lidi.
10 andrea
11 Settembre 2009 - 14:23
Sarebbe invece interessante valutare le pulsioni e le elaborazioni culturali autonomiste della destra, vista la campagna elettorale appena trascorsa a base di servilismo e sfacciataggine condite da una non insolita mistura di sprezzo del pudore e odio peronista verso il popolo, di cui la carta de logu dovrebbe essere espressione.
La violenza verbale sulla rete, semmai potesse essere in grado di offendere qualche benpensante, non potrà mai compensare la vergogna e la barrosia colonialista dell’esperienza appena vissuta.
11 Democrazia Oggi - No, cari amici, nella Noa Carta de Logu non c’è solidarietà
14 Settembre 2009 - 06:05
[…] giorni scorsi un mio articolo apparso su questo “blog” a commento della proposta di Carta de logu redatto dal “Comitato firma per la tua Sardegna” ha […]
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