Cristian Ribichesu
Il ministro Gelmini ha presentato le nuove regole ( http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_28/scuola_nuove_regole_gelmini_86d57d1e-93a8-11de-8445-00144f02aabc.shtml.) che delineano il percorso per diventare docenti. Un tema di vitale importanza se vogliamo rimettere la scuola al centro dello sviluppo del Paese come fu nella straordinaria stagione dell’istituzione della scuola ddell’obbligo. Su questi temi apriamo il dibattito con una riflessione di Cristian Ribichesu.
Non è un gioco, si rischia il lavoro e non ci si capacita di come si possa parlare di nuovi percorsi formativi quando si vogliono tagliare 133.000 precari (più di 80.000 insegnanti) che già hanno superato concorsi o corsi-concorsi come le SSIS. L’incomprensione non nasce da un preconcetto o da un’ostinata ritrosia nei confronti dell’innovazione, anzi, ben vengano le migliorie, e ben vengano le innovazioni, ma qui, in questo Paese, sembra solo si voglia fare tabula rasa e iniziare da zero con nuovi abilitati. A parte lo specchietto per le allodole per distrarre l’attenzione dal dramma di chi, dopo anni e sacrifici spesi per il sistema dell’Istruzione nazionale, non lavorerà più, è bene osservare le motivazioni che spingono all’adozione di questo nuovo percorso formativo (che per chi scrive va bene, previa assunzione di tutti i precari che già esistono e hanno diritto al lavoro). Si demonizza la SSIS e si passa al tre più due della laurea più un ulteriore anno di specializzazione con tirocinio: bene, fanno sei anni di studio e pratica, come nel vecchio sistema della laurea quadriennale con gli ulteriori due anni di studio e pratica della scuola di specializzazione SSIS; 3+2+1=4+2. Semplicemente, visto che il sistema universitario è stato trasformato in laurea triennale più due anni di laurea specialistica (è stato allungato di un anno il percorso di studi), doverosamente si doveva adeguare il sistema di formazione degli insegnanti, che dal superamento dei vecchi concorsi era passato alle scuole di specializzazione (per le scuole secondarie), che si sviluppavano, dopo un esame di ammissione iniziale, in due anni di studio, superamento di esami di psicologia, pedagogia, legislazione scolastica, lavori laboratoriali, studio dei sistemi di valutazione scolastica e didattica delle materie d’insegnamento, e 300 ore di tirocinio (100 indirette, cioè cento ore di analisi e guida sull’osservazione e lo svolgimento del tirocinio diretto, di 200 ore, nelle scuole, con un’insegnante delle scuole pubbliche, referente per la “guida” degli specializzandi). Sicuramente la SSIS (che prevedeva anche, per il superamento, la realizzazione di una tesi finale, il superamento di un compito scritto, vero esame di Stato, e un’ultima interrogazione orale dinanzi a una commissione formata da docenti universitari e docenti delle scuole pubbliche) rappresentava un miglioramento rispetto all’immissione in ruolo per concorso (che non si sminuisce, dato che per superarlo molti hanno studiato per anni, come è doveroso dire che anche i concorsisti hanno diritto al ruolo) e il nuovo percorso di formazione docente che si intende realizzare è la naturale continuazione data dall’adeguamento della riforma universitaria. Niente cambia, se non per il numero delle ore di tirocinio (450 del nuovo percorso, almeno da quanto riferito dal Ministro, contro le 300 della SSIS). Per il resto, esame di ammissione, quindi selezione iniziale, esami di didattica delle materie d’insegnamento (e non esami delle materie di studio universitario come riportato nell’articolo del Corriere), esami di psicologia, pedagogia, legislazione scolastica, esami vari, laboratori e pratica nelle scuole sembrano essere gli stessi. Mi chiedo allora, e nuovamente, come si possa parlare di continua formazione di nuovi docenti se però si vogliono tagliare quelli che già fanno parte delle graduatorie ad esaurimento, molti dei quali hanno fatto le SSISS, che per un principio di eguaglianza, dovrebbero godere di quell’entusiasmo che ora si palesa per i nuovi corsi di formazione, o altrimenti si deve pensare che si aggiungerà nuovo precariato al precariato? Già le SSISS erano a numero chiuso per immettere in ruolo un numero di docenti tale da rispettare la normale turnazione, ma così non è stato. Forse i vecchi precari dovranno concorrere con i nuovi laureati per accedere all’anno di formazione per i nuovi insegnanti, oppure a loro sarà preclusa questa strada? I nuovi corsi di formazione dei docenti sono sicuramente degni di nota, ma non si possono ledere i diritti di chi ha conquistato il diritto al lavoro superando concorsi e corsi-concorsi (SSIS e anche laurea in scienze della formazione per l’insegnamento nelle scuole primarie), soprattutto in una democrazia in cui il diritto al lavoro, e all’uguaglianza, è difeso dalla principale Carta dello Stato. Poi, si vuole migliorare il livello qualitativo dell’istruzione in Italia, allora si abbassi il numero massimo degli alunni per classe, dato che, per la complessità della gioventù odierna e per le veloci evoluzioni del mondo globale, insegnare in classi di trenta alunni non consente certo di seguire in modo individualizzato, o scriviamo solo al meglio in base ai nostri tempi, tutti gli scolari, per il rispetto degli alunni stessi e per la difesa del diritto allo studio, diritto internazionale.
2 commenti
1 Cristian Ribichesu
3 Settembre 2009 - 14:19
L’istituzione della SSIS doveva essere, era, a numero programmato in base alle esigenze di assunzione nelle varie province.”Il numero dei posti disponibili viene annualmente fissato con un decreto ministeriale, che li ripartisce fra le varie sedi regionali in base ad una previsione delle future disponibilità negli organici della scuola. Nelle SSIS si entra per concorso, e si esce dopo due anni di un percorso formativo che comprende approfondimenti sia nelle singole discipline, sia nell’ambito delle scienze dell’educazione, oltre ad attività di tirocinio. Gli iscritti che superino l’esame finale ottengono il diploma di specializzazione, che “ha valore di esame di Stato ed abilita all’insegnamento…il D.L. 28 agosto 2000 consente agli specializzandi di essere inseriti nelle graduatorie permanenti dei provveditorati per l’immissione progressiva in ruolo”. http://www.sissco.it/index.php?id=200
Inoltre, per allontanare l’idea che i precari della scuola possano godere di corsie preferenziali per l’immissione in ruolo (alcuni potrebbero pensarlo, non dico maliziosamente, ma forse perché non sono a conoscenza dei percorsi e dei sacrifici di chi sceglie la carriera dell’insegnamento, e il filmato dello scorso anno di Presa Diretta è un documento imperdibile per conoscere le dinamiche che ruotano attorno alla Scuola http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2db1ed36-8bbe-4a15-9edf-8b96f2f44df9.html ) basta dire che la gavetta di molti precari è bella lunga: laurea; concorsi o specializzazione con selezione; ulteriori corsi di perfezionamento; anni di lavoro precario, anche coprendo 200 chilometri al giorno per lavorare, ovviamente senza indennità o altro; continua formazione (senza poter scaricare il costo di ulteriori testi dalle tasse); eccetera, eccetera, eccetera.
Le critiche da muovere contro il sistema dell’Istruzione c’erano, certo, ci sono e ci saranno sempre (come per tutti i sistemi del mondo del lavoro che si voglia migliorare; le critiche bisogna saperle ascoltare, e formulare), ma in quest’ottica non deve prevalere l’interesse di parte, l’egoismo sociale, perché investendo nell’Istruzione nazionale, tutta, e nella Scuola, se ne avvantaggiano diverse parti, per non dire l’intero Paese. Precariato degli insegnanti, studenti più preparati nelle scuole dell’obbligo e per l’ingresso nel mondo universitario, minore dispersione scolastica, giovani più preparati per l’ingresso immediato nel mondo del lavoro dopo l’obbligo scolastico, maggiore senso civico, ecc., sono punti importanti che potrebbero essere raggiunti partendo dal principio di una diminuzione del tetto massimo degli alunni per classe (non 30 o 33 attuali), che comporterebbe, ragionevolmente, una scuola di maggiore qualità.
2 Giacomo Meloni /CSS
10 Settembre 2009 - 17:59
BASTA CON I PANNICELLI CALDI
PER LA SCUOLA SARDA CI VUOLE SUBITO LA LEGGE REGIONALE
Questa mattina una delegazione della Confederazione Sindacale Sarda ha portato la solidarietà del Sindacato
Sardo al Comitato dei Precari che da giorni occupano il Provveditorato agli Studi di Cagliari nello stabile di
Elmas;solidarietà che si estende a tutti i precari della Sardegna finalmente uniti in una grande e sacrosanta vertenza a difesa della Scuola Sarda insieme ai loro posti di lavoro.
I 2.200 posti a rischio tra personale docente e ATA in Sardegna,infatti, sono una entità enorme di persone che andrebbero ad ingrossare l’esercito già troppo numeroso dei disoccupati sardi .Ma il problema vero è che
in questo modo si aggrava la situazione della Scuola in Sardegna,dove a rischio è l’istruzione in sé.
Perché il drastico ridimensionamento della rete scolastica sul territorio,la riduzione delle cattedre,l’aumento del numero di studenti per classe,la possibile chiusura di scuole nei piccoli paesi,l’accorpamento delle classi,
l’aumento vergognoso di pluriclassi,la riduzione del tempo pieno e l’oggettiva difficoltà di inserimento dei portatori di handicap finiscono col dare un colpo mortale alla continuità didattica e quindi all’insegnamento e all’intera istituzione scolastica pubblica sarda.
La CSS va affermando in tutte le sedi,da quelle istituzionali della Commissione competente del Consiglio Regionale,alla Giunta Regionale,al Consiglio delle Autonomie Locali ed in tutte le istanze comprese quelle
Sindacali e di Movimento che la soluzione vera e radicale al problema della Scuola in Sardegna è l’approvazione immediata della Legge Regionale sulla Scuola Sarda in Consiglio.
Nelle altre Regioni dove si è provveduto a dotarsi della Legge Regionale,i problemi sono stati affrontati in modo tempestivo e adeguato,dando riposte nel territorio soddisfacenti.
La Scuola è l’infrastruttura culturale,formativa ed educativa più importante e strategica per il futuro della Sardegna,così come affermano i Gruppi Consiliari della Maggioranza come quello del PSDAZ in una loro Mozione ed i Gruppi dei Partiti dell’attuale Opposizione in Consiglio Regionale.
Non servono i recenti Accordi Nazionali - come quello firmato incautamente anche dall’Assessore alla Pubblica Istruzione della Sardegna - ,che forse ha dimenticato che il Consiglio Regionale aveva già individuato nella Legge Regionale 3/2009 art.9 risorse,obiettivi e programmi per la politica scolastica e per l’utilizzo del personale precario perdente posto nelle attività extracurricolare della scuola.
Le risorse regionali che l’Assessore Baire ha offerto al Ministro Gelmini sono già state destinate autonomamente dalla Regione Sardegna e non sia mai che il Governo Italiano incassi questa disponibilità per venir meno al suo dovere costituzionale che lo impegna a rispettare il principio di sussidiarietà tra le Regioni per cui quelle risorse promesse nell’Accordo sventurato del 31/7/2009 devono ritornare nella disponibilità del Bilancio Regionale.
Basta con i pannicelli caldi:Lasciamo che sia l’INPS,tramite il sussidio di disoccupazione,a sostenere i
Precari perdenti posto e sia una sana e trasparente politica a garantire ai sardi il diritto-dovere dell’istruzione,tramite l’istituzione scolastica che deve rispondere alla Costituzione Repubblicana e al nostro Statuto Sardo,
“Parlare sardo alla Terra Sarda “ ci avrebbe ricordato il grande scrittore Giuseppe Dessì “Parlare sardo alla Scuola Sarda “ traduciamo noi della CSS perché siamo sostenitori da sempre che una buona legge Regionale sulla Scuola,avrebbe fatto e reso giustizia non solo ai lavoratori della Scuola,ma a tutta la società Sarda che ha diritto di costruire il proprio futuro a partire dall’istruzione ed educazione dei suoi figli.
Cagliari,10/settembre/2009 IL SEGRETARIO DELLA CSS
Dr.Giacomo Meloni
Originale firmato
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