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Intervista ad Oscar Luigi Scalfaro: “Il premier risponda sulle escort”
L’ex presidente della Repubblica interviene rivendicando i diritti della verità e del Parlamento.
La Repubblica, 15 luglio 2009
Silvio Berlusconi deve rispondere alle domande di Repubblica sulla frequentazione di Noemi Letizia e sulle feste con le escort. Lo dice in una intervista l’ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. «Quando un uomo di Stato è invitato a dare spiegazioni in Parlamento - sottolinea - l’appello non può restare inascoltato. Qui si tratta di questioni che presentano oggettivi profili di tutela dello Stato».Applicare due dottrine diverse a vita privata e vita pubblica è un costume al quale mi sono sempre ribellato
ROMA - Silvio Berlusconi, che tanta stima proclama e comuni sentimenti con Obama, impari da Obama l’amore per «la verità, la chiarezza e il dialogo. Tutti e tre insieme». È questo l’invito di Oscar Luigi Scalfaro al premier, convivente-rivale durante il suo settennato. «Chiarezza e verità» che l’ex capo dello Stato chiede siano applicate in tutte le occasioni.
Presidente Scalfaro, Repubblica pone da mesi domande che ritiene di interesse pubblico al capo del governo il quale tace. Lei che pensa: dovrebbe rispondere?
«Mi sono posto il problema. Penso che dovrebbe rispondere. Quando un uomo di Stato è invitato a dare spiegazioni in Parlamento su comportamenti che possono apparire privati ma lasciano ampi margini alla discussione pubblica, l’appello non può restare inascoltato». Anche se, come sostiene una parte del centrodestra, il tutto potrebbe tradursi in un pubblico processo su materie private?
«Nessuno ha titolo per pretendere confessioni pubbliche. Ma non c’è dubbio che su fatti che comunque interferiscono nelle responsabilità di governo, il Parlamento, che secondo la Costituzione è al centro della nostra vita democratica, abbia il diritto di sapere».
Lei che idea si è fatto dell’affare Noemi-D’Addario?
«Non voglio entrare nel merito. Il punto fondamentale è che le risposte arrivino e, soprattutto, che siano vere. Altrimenti si finirebbe solo per dar vita a una infinita catena di polemiche, procurando altri danni a questa democrazia tormentata. Gli interrogativi che vengono posti - e manteniamoci tutti al di là, e lontano, dalla morbosa curiosità che può facilmente subentrare - presentano degli oggettivi profili di tutela dello Stato nei suoi poteri e nell’attività all’interno e più ancora all’esterno del paese, e nell’intreccio dei suoi rapporti internazionali. Non dimentichiamo che donne come quelle di cui si parla e scrive sono le destinatarie, in genere, di chi fa spionaggio in casa nostra».
Quale dovrebbe essere l’atteggiamento di Berlusconi?
«Io credo che un uomo intelligente che si presentasse a dire: “Signori, assicuro sul mio onore che non ho mai violato il giuramento di fedeltà alla Costituzione, nel senso più ampio. Chiedo scusa al Parlamento e ai cittadini se ho dato adito a interrogativi e garantisco che non si ripeterà”… un uomo che si presentasse così, cospargendosi il capo con un pizzico di cenere, potrebbe vincere la partita. Ma se consente vorrei affrontare un discorso più generale, che mi è stato sempre a cuore nella attività politica. Riguarda appunto il tema della coesistenza tra politica e verità».
Restiamo comunque nei dintorni, mi pare.
«Sì, ma voglio uscire per un momento dalle ristrettezze dell’attualità. Vede, noi dobbiamo riconoscere che la distinzione fra una morale pubblica e una privata è sempre stata una tentazione marcata, anche in ambienti di convinzioni religiose cattoliche. Aggiungo che il riserbo spesso è un dovere, non sempre costituisce un arbitrio. Ma quando si viene al rispetto della verità, io ritengo che non si possa e non si debba affermare una specie di dottrina morale differenziata per la vita pubblica e per quella privata. E’ una distinzione alla quale mi sono sempre ribellato. Ecco perché sono rimasto ammirato dalla figura di Obama in questo suo primo viaggio in Europa e in Africa».
Non è il solo a professare ammirazione. Ma qual è esattamente l’attinenza?
«Sia nell’incontro con il presidente russo Medvedev per trattare della riduzione degli armamenti; sia nella presenza al G8, al quale indubbiamente ha dato un’impronta particolare e positiva; sia nella visita a Benedetto XVI, dove pure sono stati trattati temi irrinunciabili per la dottrina cattolica come la difesa della vita; sia, infine, nell’incontro in Ghana con gli africani attraverso un discorso veramente alto, da africano, Obama è sempre partito da una chiarezza assoluta delle posizioni. Non si è mai sentita, in questa prima esperienza di vertice del presidente statunitense, una precisazione, una marcia indietro, l’accusa di fraintendimenti. E questa chiarezza, unita al rifiuto della violenza e della guerra, ha imposto la ricerca del dialogo come fondamentale risorsa politica».
Tornando all’Italia, come tradurrebbe il metodo americano?
«Nella nostra tradizione, dove pure ce ne sono stati di uomini che si sono battuti per la verità, si è sempre dovuto constatare una certa tendenza a provare più attrattiva per la furbizia che per il rispetto spietato della verità. Ma se posso citare parole che ebbi modo di pronunciare in Parlamento anni addietro, “io voglio sperare di non aver mai negato la verità. Se per caso l’avessi fatto, la colpa è solo mia. Perché non è la politica che ci costringe a tormentare o occultare la verità. Quando accade, siamo noi i responsabili”. Ecco, se dopo le esperienze di questi anni ci si invitasse reciprocamente a un ripensamento, la scelta del dialogo sarebbe certo la migliore. A condizione che il dialogo parta sempre dalla constatazione del vero».
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