Gaetano Azzariti
Il federalismo è un tema sempre attuale. Ecco perché, fra le letture estive, è utile questa riflessione di un autorevole costituzionalista, Gaetano Azzariti, apparsa su Liberazione del 30 aprile 2009 a commento dell’approvazione della legge sul federalismo fiscale.
L’approvazione della legge sul cosiddetto federalismo fiscale rappresenta un ulteriore passo verso il vuoto e conferma l’incapacità della nostro ceto dirigente di riformare il sistema con consapevolezza operando - come auspicava Max Weber - in base ad un agire razionale rispetto ai valori.
Questo giudizio può apparire eccessivamente severo a chi - anche dai banchi dell’opposizione parlamentare - ha ritenuto l’approvazione del testo un atto necessario per dare seguito alla riforma costituzionale del sistema delle autonomie che il centrosinistra promosse nel 2001. In effetti, in questa legislatura sembra che il federalismo fiscale sia stato sin qui l’unico terreno di dialogo tra maggioranza ed opposizione. Ciò non toglie che il terreno prescelto sia il più scivoloso.
La riforma, infatti, viene approvata in assenza di ogni previsione sui costi reali. Il ministro del Tesoro in Parlamento non ha fornito elementi per poter valutare l’impatto che il nuovo sistema di prelievo tributario produrrà. Forse perché i principi cui dovrà attenersi il Governo nella definizione in concreto del sistema appaiono del tutto generici, e dunque nessuno può dire oggi quale sarà l’effettivo impatto economico della riforma approvata “al buio” in sede parlamentare. Ciò vuol dire che il nuovo sistema di un fisco federale, è ancora di là da venire, e non sarà il Parlamento a definirlo, non i rappresentanti del popolo, neppure autonomamente gli enti locali, bensì il Governo mediante propri decreti. Non mi sembra ci sia nulla da festeggiare da parte dei fautori dell’autonomia impositiva delle Regioni. Per ora s’è solo affrancato il Parlamento dall’obbligo costituzionale di decidere i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, delegandolo al Governo.Sarà poi quest’ultimo a stabilire il tasso di redistribuzione fiscale, tra gli enti territoriali, definendo nello specifico quali saranno le risorse che potranno essere utilizzate dalle Regioni, quali servizi saranno in grado di garantire gli enti locali in base al gettito a ciascuno riservato, chi potrà godere di maggiori risorse e chi invece subirà un ulteriore decremento.
In una sorta di eterogenesi dei fini, dunque, il federalismo ha prodotto l’accentramento nelle mani del Governo centrale delle decisioni più delicate dei meccanismi fiscali. Siamo sicuri che in tal modo si garantiscono le ragioni delle autonomie? A me pare un pericoloso salto nel vuoto.
Quella cui s’è giunti è una situazione che appare anche il frutto di un’antica incapacità di riformare il sistema istituzionale in base a precise scelte di valore razionalmente assunte. Non è solo il federalismo fiscale che vede oscillare pericolosamente il nostro legislatore tra una visione arresa ed una dimensione inconsapevole: è l’intera riforma del Titolo V della nostra Costituzione (che riguarda il sistema complessivo delle istituzioni “federali”) che sconta una confusione di modelli culturali e politici. Non c’è mai stata consapevolezza su quale fosse il federalismo auspicato, nessuno s’è chiesto, tra i tanti modelli di federalismo, quale fosse quello che si voleva perseguire.
Eppure basta leggere un qualunque manuale di diritto costituzionale per scorgere l’abisso che divide il federalismo competitivo (che rinviene il proprio fondamento nella dimensione della libertà assoluta ed egoistica delle singole dimensioni territoriali) dal federalismo solidale (che rinviene il proprio fondamento nell’opposto principio delle valorizzazione delle differenti situazioni locali in base ad una vincolo insuperabile di eguaglianza sostanziale delle situazioni giuridiche dei singoli).
Il nostro legislatore non ha mai sciolto il nodo, riformando la parte della Costituzione riferita al sistema federale in modo confuso. In fondo non c’è da stupirsi se oggi persevera nella confusione ed esulta nell’approvare un sistema di federalismo fiscale al buio e senza anima. Forse dare un’anima ed un voto al federalismo spetterà ad altri.
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