Andrea Pubusa
Premesso che lo Stato deve tradurre in fatti il messaggio mite della nostra Costituzione e il suo principio fondamentale del rispetto della persona e che dunque non sono giustificabili popositi di vendetta nei riguardi di chicchessia, non credo che Mesina sia stato un mito. Certo ha avuto notorietà per le sue azioni criminali, ma non ha certo affascinato chi negli anni della sua comparsa nei titoli giornalistici era impegnato nella battaglia per un cambiamento sociale profondo. Ricordo che alla fine degli anni ‘60 noi giovani studenti eravamo impegnati in un movimento sempre più esteso e innovatore. Guardavamo alle università del nord, d’oltralpe e aldilà dell’oceano. La notizia dell’arresto di Grazianeddu ci colse mentre eravamo in Giurisprudenza a Cagliari impegnati in un incontro con un giovane prof di dititto romano che veniva da Milano e ci informava sul dibattito in corso nelle università meneghine, dove cresceva il movimento studentesco. In Sardegna Orgosolo piu che per Mesina ci interessava perche’ il Circolo culturale sviluppava un discorso e una mobilitazione sui problemi delle zone interne, che di lì a poco sarebbe sfocciato nella lotta di Pratobello, quella sì mitica e vincente. Nelle fabbriche poi si preparava l’autunno caldo, e forse velleitariamente anche a Cagliari gruppi di studenti solidarizzavano con lo slogan “operai-studenti uniti nella lotta”. Mesina era talora oggetto di qualche commento, ma non era nei nostri pensieri, qualche turista forse ambiva un suo autografo ma non certo noi dei movimenti. Gli prestò attenzione qualche intellettuale estroverso (Feltrinelli), ma non certo il movimento diffuso e impetuoso di quegli anni. Ho l’impressione che chi oggi ne fa un mito scambia i titoli da rotocalco per l’espressione di un sentimento di massa di cui chi era nei movimenti o anche i comuni cittadini non hanno avuto sentore.
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