COALIZIONE DI VOLENTEROSI E RIUNIONE OPERATIVA MILITARE

21 Marzo 2025
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Biagio Di Grazia

 

 

Il Primo Ministro Britannico Starmer ha dichiarato, dopo la riunione “da remoto” del 15 marzo con i 25 leader europei collegati, che fosse tempo di “muovere in una fase operativa che potesse esplorare le modalità di monitorare un cessate il fuoco in Ucraina, una volta che questo fosse concordato tra USA e Russia”; in ragione di ciò ha annunciato che giovedì prossimo i Capi di Stato Maggiore dei 26 si incontreranno a Londra per concordare le conseguenti misure militari.

Se quanto dichiarato da Starmer è vero, e se a tale incontro parteciperà anche il Capo di Stato Maggiore Italiano, sarebbe una irragionevole presenza.

In primo luogo perché, stando alle parole del Presidente Meloni, non risulta che l’Italia appartenga alla Coalizione dei Volenterosi, così come è stata presentata; nelle parole di Starmer: “pledge to back a ceasefire deal with troops on the ground, and the allies be prepared to help secure Ukraine on the land, at sea and in the sky”(garantire il cessate il fuoco con truppe sul terreno in Ucraina e assicurare protezione in superficie, in mare e nell’aria).

Che il Primo Ministro Italiano abbia sottoscritto tutto ciò, non risulta e quindi, inviare il massimo rappresentante militare in una riunione non validata da presupposto politico, è pericoloso e dannoso allo stesso tempo.

Ma andiamo con ordine.

Da tempo il Premier Meloni precisa che truppe italiane in Ucraina saranno inviate solo in ambito ONU e questo esclude categoricamente che l’Italia assuma ruolo in una cosiddetta “Coalizione di Volenterosi” che, d’altra parte, riesuma quanto voluto dagli USA dopo l’attentato alle Torri Gemelle, anno in cui essi rifiutarono l’impegno dell’articolo 5 della Nato, generosamente offerto dal Segretario Generale dell’alleanza (Lord Robertson) e preferirono costituire la prima “Willing Coalition” da impiegare in Afghanistan; gli alleati europei (satelliti, o meglio dire clientes) si affrettarono a partecipare alla missione, forse neanche sapendo cosa si andasse a fare in quello sperduto Paese: ma quella richiesta veniva dagli USA e portava con se tutto il fardello della sudditanza all’impero americano, allora regnante e chi si fosse sottratto sembra rischiasse l’emarginazione.

Ma questa volta la “chiamata” viene dalla Gran Bretagna e dalla Francia, e ha ben altre motivazioni che, per brevità, non è opportuno dettagliare.

Appare invece evidente il tentativo di Gran Bretagna, Francia e altri, di superare l’ultima “linea rossa” che ancora resiste al gioco di rialzo degli aiuti militari; dopo gli aerei e le armi a lunga gittata, siamo “finalmente” giunti al fattore umano, ai “boots on the ground”, a favore dell’Ucraina.

Fatto carico del “divieto” degli USA all’Ucraina di entrare nella Nato, si tenta l’approccio secondario di far entrare la Nato (ma non è quella vera!) nel territorio ucraino. Ma così facendo e con una Alleanza Atlantica primaria ancora in vigore, si rischia la terza guerra mondiale, con la Russia che non ha nessuna intenzione di collegare una tregua al fallimento della propria missione in Ucraina. Tutto ciò in un abbinamento confuso di ruoli tra America, Nato, Unione Europea, riarmi nazionali per programmate Difese europee, in cui la Gran Bretagna si propone in un ruolo insolito di aspirante ad una leadership che nessuno potrà riconoscerle mai, se non altro perché non più Nazione europea. E concedere alla Francia tale podio, è egualmente stravagante, anche se almeno la Francia è potenza nucleare europea.

Ma tornando alla riunione di cui si diceva, è ovvio che un convegno operativo di tal genere dovrà prima di tutto rivolgersi a definire la “missione”, il “territorio” e le “forze” che dovranno implementare le operazioni.

L’Italia per impianto programmatico non riconosce a tale coalizione alcuna missione da svolgere, e conseguentemente ha già segnalato che non intende fornire truppe.

Inoltre, è ragionevole presupporre che i britannici abbiano preparato un “blueprint” che sottoporranno all’attenzione degli “alleati” a cui chiederanno di esprimersi.

Chi scrive ha frequentato la scuola di guerra britannica e sa per esperienza personale che si tratterà di un documento di analisi dettagliato e ben fatto, che lascerà prevedibilmente ampio margine al dibattito e poco al dissenso.

Tentando di immaginare il contenuto di questo piano, ancorché in termini generici, e ammesso che la Russia consenta l’accesso di unità militari europee in Ucraina, che da sempre sono da essa considerate co-belligeranti ostili, si può prevedere quanto segue.

La Missione non può che essere quella di assicurare condizioni di sicurezza nelle aree adiacenti al confine “congelato”, delimitate e allo scopo demilitarizzate da presenza ucraina e russa, assicurando almeno 10.000 soldati per ciascun settore acquisito dai russi (4 aree, 40.000 soldati in totale). La Missione dovrebbe essere estesa alle due città importanti interne comunque adiacenti ai confini, Odessa e Charkiv. Il personale dovrebbe contare quindi almeno 60.000 uomini per il controllo del territorio, da rilevare per turn over ogni 3 mesi (180.000 soldati in totale); necessita poi una flottiglia navale multiruolo per il presidio del litorale adiacente Odessa e di sistemi di controllo antiaereo e missilistico in modo da assicurare una rilevante No-Flight zone” in tutto il settore.

D’altra parte, come si fa a pensare che una missione ONU, come vuole l’Italia, una volta incaricata dal Consiglio di Sicurezza di intervenire in Ucraina, accetti, o almeno incameri vincoli di mandato stabiliti da questa cosiddetta Willing Coalition e formulati nella riunione?

Tutti ricordano le liti furibonde nel 1994/1995 tra Comando UNPROFOR e Comando Nato quando il Consiglio di Sicurezza chiese all’Alleanza di fornire i vettori aerei per il bombardamento delle posizioni serbe in Bosnia; le truppe UN chiedevano dal terreno, il Comando UNPROFOR trasmetteva le richiesta alla Nato che disponeva le missioni che poi dovevano subire l’autorizzazione dell’autorità politica UN, prima di tornare alla Nato per l’ordine esecutivo.

Fu questa combinazione incredibile di dispute che causarono i ritardi di impegno a Srebrenica. Dopodiché i serbi non si fermarono, la “bestia” entrò in azione e avvenne il massacro!

E sembra che purtroppo ora si voglia ancora entrare in un tunnel di contraddizioni simile ad allora!

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