BINARIO TRUMP, SI CAMBIA

25 Febbraio 2025
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Generale Biagio Di Grazia

 

 

 

Il ciclone Trump  si è ormai abbattuto sulle aree di crisi, ed è  tale da imprimere rinnovata spinta politica alle questioni che incidono sul conflitto ucraino,  da cui dipendono direttamente gli aspetti   di impatto militare e operativo, di mio specifico interesse.  I campi di applicazione in cui essi si sviluppano sono essenzialmente due: la  forte delegittimazione del presidente Zelensky operata dal Presidente Trump e l’ estinzione di fatto dei vincoli atlantici degli Stati Membri.

Quanto al primo, e premesso che il fronte di combattimento russo-ucraino è in continua evoluzione territoriale, a favore dei russi, è evidente lo stato di sconforto della classe militare ucraina per gli insulti personali rivolti al loro capo delle forze armate, qualificato come “dittatore non eletto e comico di basso livello”, e ciò accade indipendentemente dal favore politico di cui gode Zelensky. Il problema è strutturalmente militare: nessun soldato, in nessuna parte del mondo, è pronto ad accettare l’offesa rivolta al proprio comandante. E il fatto che questa irrisione provenga da chi era ritenuto il principale sostenitore della causa ucraina, ne aggrava la portata.

Gli effetti saranno duplici: i più giovani, meno formati, saranno invogliati alla fuga dall’arruolamento, e chi è scappato all’estero non ci penserà a tornare, oppure alla diserzione, se già sotto le armi; ma i ranghi più anziani e certamente tutti gli ufficiali, saranno pervasi da un senso di rivalsa e di ritorsione verso l’alleato americano.

Ebbi una prova personale e diretta di tale stato durante la fase di bombardamento della Serbia nel 1999 in cui l’esercito serbo, in gran parte professionisti, pur recependo lo stato di grande inferiorità con la Nato, che non dava loro né scampo né soluzione di vittoria, decise di perseverare testardamente nella lotta a causa della delegittimazione occidentale del loro Comandante in Capo Milosevic; e più la delegittimazione incrementava più essi si strinsero attorno al loro capo pur detestandolo politicamente e ritendendolo essere indegno; accadde così che una campagna di guerra che poteva terminare dopo tre giorni, ne durò settantotto, e non risolse nessuno dei problemi che avevano innescato i bombardamenti.

In Ucraina la stessa cosa accade con il consenso di cui dispone Zelensky, che Trump ha attribuito intorno a 4%, cosa non vera; l’effetto è stato un improvviso innalzamento del gradimento del Presidente.

 

La questione che riguarda la Nato è più complessa e necessita una attenta e dettagliata riflessione.

Trump e Putin sembra abbiano deciso di dare corso ad una moderna politica delle “cannoniere” e l’instaurazione di zone di influenza, tipiche del periodo di guerra fredda, in cui contavano solo loro due, uniche Superpotenze, e nulla era concesso agli Stati membri; sotto questo aspetto, il termine del 5% richiesto nei bilanci difesa ai “clientes”, non è null’altro che un modo per estrometterli dal gioco che conta, facendo intendere che sono essi stessi a non voler partecipare per mancanza di fondi e di volontà operativa. Il fatto che tutto ciò accade in funzione anticinese è un problema di enorme portata che potrà essere indagato altrove.

Ma sul 5% tornerò tra un momento.

Questo stato di cose deciso da USA e Russia apre sentieri inesplorati di incredibili dimensioni; un esempio per tutti riguarda l’entrata della Finlandia nella Nato, in un momento storico nel quale l’articolo 5 dello Statuto potrebbe non essere più operante. A che sarà servito per quella nazione l’aver attivato un frontiera di 1300 chilometri, fronte la Russia, che ha parimente predisposto un settore dedicato, affidato ad un nuovo Corpo d’Armata russo, appositamente reclutato e inviato nella regione? Si è semplicemente costituita una ulteriore Cortina di Ferro da presidiare e nessuno verrà ad aiutare l’esercito finlandese che non dispone dei numeri e le risorse per tale incombenza; e scorrendo l’elenco dei nuovi affiliati alla Nato la questione della inutilità di appartenere alla Nato, senza la copertura americana, potrebbe essere replicata. Si potrebbe dire che l’appartenenza ad aree di influenze, se decise dai due “imperatori”, diverrebbe una garanzia di sicurezza sufficiente.

Ed estendendo il ragionamento all’Ucraina, potrebbe essere anche demolita la principale ragione della invasione russa; se la Nato si disfa, il problema della garanzia viene meno. Molto più importante diverrebbe l’appartenenza all’Unione Europea, magari rivitalizzata e resa indipendente dal controllo americano.

Un’ultima questione è quella sollevata dal presidente americano riguardo alle “terre rare” dovute dall’Ucraina agli USA, per ricompensare le spese sostenute per la guerra. Molti ritengono che più che “ricompensa” si debba parlare di “riparazioni di guerra” nell’intesa che le riparazioni le paga chi perde la guerra; e ancora, cosa veramente significa il 5% richiesto ai “clientes” europei, se non le loro “riparazioni” per la guerra che hanno parimenti perduto; d’altra parte il 5% servirebbe a pagare gli armamenti “americani” con cui gli europei dovranno armarsi e chi, malauguratamente, non potesse o volesse pagare, sarebbe penalizzato con “dazi”: ecco il cerchio che si chiude.

In tale contesto quale è la strada che si apre alle nazioni “alleate” europee?

Francia e Gran Bretagna nel tentativo di evidenziare la propria partecipazione sulla scena mondiale, sembra si vogliano predisporre per un concetto “simil Nato” che intende rilanciare presenza e potere; nel dire questo non posso non ricordare quanto ha detto recentemente il Ministro russo Lavrov rivolto agli europei: “ma se non vogliono altro che la guerra perché chiedono di partecipare al tavolo della pace!”. A parte la battuta di Lavrov, la questione è importante e riguarda anche l’Italia.

Si ricorderà che lo scorso anno Italia e Ucraina hanno firmato “l’Accordo sulla Sicurezza e Cooperazione”. Anche se  il Ministro  degli Esteri Tajani ne aveva successivamente  mitigato l’efficacia  specificando che esso non  aveva  “obbligo giuridico”,  nel senso che non avrebbe comportato il vincolo  automatico  di sostenere l’Ucraina in caso di attacco della Russia, era  chiaro  che la richiesta di entrare in guerra, essa era  nel novero delle possibilità. D’altra parte  e se l’aspetto militare costituiva il primario fondamento dell’Accordo, esso aveva anche specifico impatto   in campo politico, economico, finanziario,  tale da coinvolgere l’Italia globalmente a favore dell’Ucraina. Ed era   evidente che  l’Accordo era stato redatto sulla falsariga di quello stipulato da Gran Bretagna Francia e Germania, tutti insieme prevedendo impegni di cooperazione in tutti i campi, incluso quello della ricostruzione. Quello italiano  prevedeva, come tutti gli altri,  anche una “visione di programma”  contenente un vincolo decennale (quello inglese esteso addirittura a cento anni!),  in caso di futuro attacco russo  all’Ucraina. In relazione a ciò,  l’Italia  si impegnava ad una consultazione entro le 24 ore tra le parti alleate, allo scopo di assicurare collaborazione immediata e rafforzata. Le quattro Nazioni europee sottoscrissero d’intesa questi accordi bilaterali che contenevano articoli che  ricalcavano attribuzioni  identiche a quelle  della Carta Atlantica in tema di consultazioni tra Stati membri e possibilità di intervento in caso di attacco esterno ad uno di loro. In buona sostanza si dava vita ad una “Nato europea à la carte”,  una Nato in formato ridotto,  suscettibile  di integrarsi successivamente magari integrando le Repubbliche Baltiche,  in una Alleanza Europea”  di maggiore entità a seconda delle  esigenze e disponibilità, prevedendo un unico nemico da combattere, la Russia, e un unico alleato da difendere, l’Ucraina.

Fatto sta che il presidente Trump prevede adesso un capovolgimento di missione americana, e riporta i conflitti, in Ucraina e in Medio Oriente, ad un sistema basato su deterrenza e difesa, ed una gestione bipolare nelle mani di USA e Russia.

Francia e Gran Bretagna propongono di varcare le linee rosse di questa visione americana prevendo il coinvolgimento di reparti europei su suolo ucraino, magari come Forza di Interposizione; in una maniera o in un’altra ambedue divengono nazioni co-belligeranti, in assoluta autonomia rispetto alla Nato. Ma vi sarebbero evoluzioni allarmanti e si impongono una serie di domande che coprono l’immediato e le prospettive future.

Alla luce delle dispotiche dichiarazioni del Presidente Trump che snaturano quanto previsto fino ad ora e  che attentano alla configurazione stessa della Nato, ci  sarebbe da  domandare con ogni urgenza  se questi accordi valgano ancora. Rimangono  validi in ogni caso, con o senza Zelensky, forse in procinto di sostituzione (con il Generale Zalužnyj) oppure rivolto all’esilio in Francia a godersi i miliardi accumulati?  dov’è la farsa: quando si firmò l’accordo oppure adesso?

E’ noto che Francia e  Gran Bretagna sono ancora determinate a realizzare i progetti sottoscritti; la Germania potrebbe farlo dopo le elezioni politiche del 23 febbraio. E sembra anche che le prossime visite  del presidente francese e   del premier britannico a Washington abbiano  quale prioritario argomento di discussione con Trump proprio una  forza di interposizione europea (mini Nato europea)   in Ucraina dopo l’eventuale accordo di cessate il fuoco.  Quale posizione potrebbe assumere l’Italia non si capisce;   dopo aver gettato  il sasso ritirerà la mano? Oppure entrerà in quel contesto  e ne discuterà  con gli alleati europei? E  non sarebbe  anche il caso  di chiarire con urgenza  la riaffermata modalità di trasferimento degli armamenti all’Ucraina, ancora vincolata dal segreto di Stato,  considerando   che  gli   Usa non intendono vendere gli assetti antiaerei Stinger che l’Italia, incautamente,  ha donato all’Ucraina e di cui adesso è carente?

In ultima analisi siamo di fronte ad anomalie  operative che richiedono chiarimenti urgenti da parte del Governo, che si è cacciato in una frenesia paranoica pur di appoggiare sempre e comunque il Presidente Zelensky, fino alla vittoria.

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