Andrea Pubusa

L’intervento della Presidente della Regione ha centrato l’aspetto di questa vicenda, che travalica la contingenza di un rendiconto di spese elettorali, peraltro non sostenute. E’ in gioco il rango e il ruolo delle istituzioni dell’autonomia, come consacrati nella Costituzione e nello Statuto speciale, che ne è una parte. Il Consiglio è un organo rappresentativo del popolo sardo  con potestà legislativa. Il Presidente sta a capo delle istituzioni regionali. Non a caso la rimozione del Presidente e lo scioglimento del Consiglio sono rimessi al Presidente della Repubblica nei casi tassativamente previsti dallo Statuto (art. 50 St. Speciale). Sorprende pertanto che non pochi mentori dei valori della sardità ritengano che i massimi organi regionali siano alla mercè di organi amministrativi, quale è anche la Commissione di vigilanza presso la Corte d’appello. Ma - obiettano con toni accesi - molti sostenitori della decadenza automatica del Presidente a seguito della delibera della Commissione di vigilanza, la legge è uguale per tutti. Sennonche’ il principio di eguaglianza impone discipline uguali a situazioni  uguali, mentre vanno trattate in modo diverso situazioni diverse. E ora chi può negare che altra cosa è dichiarare la decadenza di singoli consiglieri, altra dichiararla nel confronti del Presidente che, a seguito della sua elezione diretta, comporta lo scioglimento della Giunta e dell’intero consiglio.  La verità è che la disciplina attuale sul rendiconto delle spese elettorali per i singoli consiglieri non comprende il Presidente della Regione. E non si può neanche invocare l’analogia perche’ i casi son diversi. 

Alla fine poi dovrà deliberare liberamente il Consiglio regionale, che ha tante ragioni per dissentire dal provvedimento della Commissione di vigilanza. Poi si vedrà se interverrà il governo a sottoporre il caso al Calpo dello Stato (art. 50 St. Sardo). Ma questa è un’altra storia.