Il caso Todde è il risultato di una pessima legge elettorale regionale

18 Gennaio 2025
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Andrea Pubusa

La decisione di decadenza della Todde ad opera della Commissione di vigilanza presso la Corte d’appello, se eseguita, comporterebbe un effetto del tutto sproporzionato rispetto alle irregolarità contestate alla Presidente della Regione. Dovrebbe addirittura decadere l’intero Consiglio regionale, benché a questo organo non sia addebitato alcunché. Ora non è chi non veda il grave pregiudizio alla Sardegna dall’azzeramento degli organi della regione, riconducibili alla paralisi dell’attività regionale per molti mesi, nonché nelle spese per l’indizione anzitempo di nuove elezioni. Le cause di queste irragionevoli e sproporzionate conseguenze della dichiarazione di decadenza del Presidente sono riconducibili alla legge elettorle che prevede l’elezione diretta del Presidente stesso. Inoltre questa elezione provoca - come dimostra l’eperienza di questi anni - uno sbilanciamento nei rapporti degli organi regionali a favore del Presidente stesso. C’è uno scollamento rispetto al Consiglio, per la semplice ragione che tutte le vicende che possono azzoppare il Presidente si ripercuotono in modo devastante sulla giunta e l’assemblea. Le dimissioni del capo dell’esecutivo mandano a casa tutti i consiglieri. Gli effetti negativi di questa situazione sono evidenti. Basta osservare che la produzione legislativa della Regione è fortemente diminuita dall’introduzione della elezione diretta.
Ci può essere un correttivo? Anche senza tornare alla elezione del presidente da parte del Consiglio, si potrebbe prevedere insieme alla elezione del presidente quella di un vice, come avvie negli USA per capirci. In questo caso qualsiasi impedimento all’esercizio delle funzioni in capo al Presidente fa scattare l’entrata in carica del vice, senza necessitù di scioglimento del plenum e di nuove elezioni. Nel caso della Todde siffatta disciplina avrebbe consentito un esame della posizione della presidente più semplice per la mancanza di consuenze devastanti sugli altri organi regionali e sul funzionamento dell’intera istituzione isolana.
Ad una soluzione analoga si perverrebbe se si rimettesse in capo al Consiglio la elezione del Presidente. Per giunta si può osservare che la tanto decantata governabilità non ha subito visibile miglioramento dall’elezione diretta. Il Consiglio e le forze politiche vongono inchiodate ad una difesa o a una critica del capo dell’esecutivo a prescindere dalla sua azione reale perché non c’è uno sbocco fisiologico, non traumatico alle di lui inefficenze e manchevolezze. La legge regionale attuale poi, per consentire la governabilità, ha previsto assurdi sbarramenti alle singole liste (5%) o ai raggruppamenti (10%), che stravolgono a fondo la rappresentanza. Liste che raccolgono molte migliaia di voti (si ricordino Michela Murgia e Renato Soru) non hanno propri rappresentanti nell’Assemblea. Il che fa perdere all’istituzione regionale quello stimolo che spesso viene proprio dalle forze minori. Bisogna convincersi che la governabilità discende dalla piena rappresentanza del corpo elettorale. Ciò risponde anche ad una corretta applicazione del principio della uguaglianza del voto. Il che non eslude di prevedere piccoli e ragionevoli sbarramenti come quello esistente a suo tempo del raggiungiungimento di un quoziente pieno almeno in una circoscrizione.
Del resto, esistono meccanismi che consentono la stabilità del presidente anche con l’elezione consiliare, ad esempio, la l’introduzione della sfiducia costruttiva. Si può sfiduciare un presidente solo proponendone un altro, e si può anche stabilire che questa sfiducia possa essere mossa solo una volta nel corso della legislatura.
Morale della favola: bisogna mettere mano alla riforma di questa pessima legge elettorale, pensando non di nuocere o avvantaggiare qualche schieramento, ma di dare una seria e stabile rappresentanza al popolo sardo. In questa direzione sta lavorando, ad esempio, la Scuola di cultura politica Francesco Cocco di Cagliari, che presto illustrerà la sua proposta, aprendola al dibattito pubblico e alla iniziativa istituzionale.

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