Andrea Pubusa
Il caso Todde è intrigante per un giurista perche’ consente di combinare molte regole e mettere insieme, intrecciare diversi principi. Ora, nel caso della nostra presidente risulta evidente dai resoconti pubblicati dalla stampa che le somme spese per la campagna elettorale sono tutto sommato modeste, 90 milioni, non solo per lei ma per tutta la coalizione. Le somme sono state fornite dalle liste interessate, senza finanziamenti esterni, e quindi senza pericolo di condizionamenti. Confesso che il rendiconto testimonia una situazione, sotto il profilo “morale”, eccellente, inappuntabile. Si sta facendo un gran can can, ma ognuno di noi dovrebbe sentirsi felice per questa scoperta. Tutto questo ci dice che nel caso della Todde i pasticci procedurali non erano preordinati a infrangere la legge, che è volta a garantire la correttezza della campagna elettorale, ad assicurare un minimo di eguaglianza nei punti di partenza ai candidati e alle coalizioni, anzitutto nell’accesso ai media, e ancora a ad evitare che con finanziamenti occulti si creino le premesse per condizionare le scelte degli eletti. Si vuole insomma che le assemblee elettive siano libere e democratiche, rivolte alla cura di interessi generali, immuni da affarismi.
Ciò posto, esiste nel diritto un principio applicabile a questo caso? A me pare di sì, il principio del “raggiungimento dello scopo”. Esso svaluta gli aspetti procedurali a favore della sostanza delle condotte e degli atti. E così se è violata la disciplina volta a garantire la partecipazione di un soggetto a un processo, ma questi presenzia comunque, il vizio o l’assenza di notificazione è irrilevante, non inficia la decisione. La ragione? La legge vuole assicurare il contraddittorio e questo, nonostante il vizio o addirittura la mancanza di notifiche o comunicazioni si è pienamemte realizzato. Non è un caso che il presidente nel processo penale accerta preliminarmente se l’imputato è presente e, solo se non risponde, controlla l’esistenza e la ritualità della citazione a giudizio.
Cosa c’entra tutto questo col caso della Todde? C’entra, c’entra. Avendo la candidata presidente, in base alle risultanze del suo resoconto, completamente soddisfatto le finalità del d.lgs. n. 515/93, le irregolarità procedurali non sostanziali sono prive di rilevanza giuridica e non comportano alcuna conseguenza. Si badi che in questo caso l’orientamento rigorista sul piano formale verrebbe a inficiare la volontà popolare e a comportare conseguenze abnormi (scioglimento degli organi istituzionali della Regione) senza che sia stato inciso alcuno degli interessi sostanziali tutelati dalla legge. Si tratterebbe di una soluzione irragionevole e sproporzionata della vicenda. E la ragionevolezza è uno dei cardini del diritto.
Di questo dovrà tener conto il Consiglio regionale nella deliberazione richiesta dalla Commissione regionale di garanzia.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.
Lascia un commento