Gianna Lai - Esecutivo nazionale ANPI
In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne pubblichiamo questa riflessione sull’argomento.
Dalla soggettività femminile una critica alle diseguaglianze, se c’è una condizione differente di partenza è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, tale il patrimonio inverato nella nostra Carta da cui vogliamo partire. Contro la diseguaglianza di genere nella società diseguale per costruire un Paese unito, libero e giusto, vedere in primo luogo come si è evoluto in questi anni il pensiero femminile e la sua capacità di incidere nel reale, come si è evoluto lo stesso lavoro di cura ora che la violenza di genere mina direttamente le basi della convivenza civile e della democrazia. Le donne più penalizzate nel mercato lavoro, troppo bassi i salari, troppo alto il numero delle disoccupate costrette all’emigrazione, specie al Sud, grave l’astensionismo elettorale, sempre più ridotte le scelte della maternità.
A far da scenario ai femminicidi, uno ogni tre giorni, lo stesso sviluppo predatorio che determina 577 morti sul lavoro in sette mesi e quasi 7 milioni di poveri, le risorse per i beni comuni dirottate verso il mercato delle armi. Mentre resta stretto il legame fra distribuzione diseguale del lavoro di cura e diseguaglianze di genere a livello sociale, che si traduce nel negare dignità alla persona fin dentro la famiglia, avversione e incapacità maschile di fronte alla sempre nuova presa di coscienza delle donne.
E si aggrava il quadro determinato da un governo a trazione neofascista che pretende, mentre il Paese è andato avanti, di azzerare decenni di battaglie femministe con le sue pulsioni di natura bellica, che pretende di conciliare persino natalità, famiglia e crisi demografica con la guerra, con le guerre in atto. E non certo in ascolto delle nuove istanze politiche la presidente del Consiglio, provenendo da ideologie che di tali esperienze han sempre respinto e combattuto cultura e portato. In che cosa differiscono dai maschi le donne di Meloni quando, aspirando al potere, esse stesse ne fanno propri i linguaggi? Mentre è attraverso il nostro patrimonio di diversità che si può leggere il mondo, fin dal ripudio della guerra e dalla lotta per l’uguaglianza, il pensiero della differenza ad approfondire i legami che ci fanno crescere. E se riconosciamo i diritti sociali vero confine della cittadinanza, al centro il protagonismo delle donne, la loro soggettività secondo il concetto di persona della nostra Carta. In contrasto dunque col modello maschile inteso come universale, che rende del tutto improprio lo stesso concetto di uguaglianza quando fosse omologazione a quel modello, per il riconoscimento invece del valore della differenza come costituente dell’identità femminile. Ancora il pensiero della differenza nella sua critica radicale alla politica, di nuovo al centro la persona nello spirito della Costituzione. La soggettività femminile come critica radicale alla disuguaglianza di genere, alle disuguaglianze del nostro sistema fondato sul patriarcato, solo una profonda trasformazione riuscirà a togliere alimento alla violenza maschile, incapace di tollerare la nuova consapevolezza delle donne. Che, nell’unità dei movimenti, hanno invece determinato le conquiste legislative a partire dagli anni Settanta, sempre foriere di nuova crescita a livello popolare.
Della violenza sulle donne devono farsi carico la società e le istituzioni, a sostegno dei movimenti stessi prima di tutto e in ascolto delle loro voci. Una legislazione che restituisca umanità e solidarietà, nei luoghi di lavoro a fianco del sindacato e nel sociale e nella scuola. Nella scuola attraverso l’educazione sessuale, l’educazione ai sentimenti e all’affettività, sempre avversata dall’ideologia di provenienza dei nostri governanti: solo quattro i Paesi in Europa, fra cui l’Italia, non l’hanno adottata, grave responsabilità generazionale di fronte a un compito così importante, uno scandalo che ci indigna. E campagne informative contro la narrazione tossica e paternalistica dei media e dei testi scolastici, contro l’ideologia del possesso e il bullismo e le molestie, a fianco sempre la lettura della Costituzione nella scuola, nei luoghi di lavoro, che pone al centro la persona. In un’Italia dalle forti anomalie se, già gravissimo il ritardo delle leggi sul diritto di famiglia, divorzio e aborto, solo nel 1981 è stato abolito l’istituto giuridico del matrimonio riparatore e del delitto d’onore. La Costituzione in vigore dal 1948, aberrante legislazione come quella sui reati sessuali che solo nel 1996 diventano reati contro la persona.
Se ne devono far carico la società della lotta contro la violenza sulle donne e il Parlamento, risorse per i centri antiviolenza, per le case protette, una politica a favore della legge 199 del 2013, che vede solo il 12% dei fondi utilizzato nella prevenzione, mentre Meloni oggi li riduce ancora, infischiandosene della Convenzione di Istanbul. Per una cultura nuova nella scuola e nel sociale con un forte coinvolgimento delle ragazze e dei ragazzi, da strappare all’isolamento in cui spesso vivono, se ne deve far carico la politica, il Parlamento, il pubblico. E i sindaci e i Consigli comunali che, partendo dai Consultori, assicurino luoghi destinati alla spontanea aggregazione delle donne e, insieme, ai servizi di informazione, ai centri di documentazione.
Se ne deve far carico l’Europa con direttive adeguate a sostegno dei movimenti stessi, prima di tutto, e in ascolto delle loro voci: da noi solo una donna su due lavora, contro una media Ue del 70,2%, le politiche comunitarie determinanti per l’apertura massiccia alle donne del mondo del lavoro, anche in termini di parità salariale, in termini dunque di partecipazione sociale, di garanzia della persona e, quindi, della autodeterminazione di ciascuna.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.
Lascia un commento