Pietro Spataro e Nadia Urbinati hanno scritto sul voto in Liguria analisi che condivido largamente, che si possono riassumere nel paradosso che il Pd - nato nel 2007 con una vocazione maggioritaria mutuata dagli Usa quando proprio là dimostrava la sua crisi - oggi si trova con risultati elettorali incoraggianti come partito ma con una coalizione alternativa ancora da costruire e quindi - come in Liguria - perde le elezioni.
Nadia ha messo l’accento sulle ragioni di fondo dei problemi che debbono essere affrontati e risolti dal Pd insieme alle altre opposizioni. Forse è utile una sottolineatura delle difficoltà dello stesso Pd. A distanza di anni il Pd non ha ancora affrontato una riflessione sul renzismo, se non di sbieco, episodicamente.
Se il Pd avesse fatto i conti con la svolta politica necessaria dopo la fase Renzi la situazione oggi sarebbe più semplice ed è questione ben più grande del fare i conti con le sue incursioni corsare e con la sua incapacità di costruire una prospettiva positiva.
Elly Schlein ha molti meriti, anzitutto una costante linea unitaria verso tutta l’attuale opposizione, che è il contrario della vocazione maggioritaria, insieme a novità di linea politica su punti molto importanti, dal reddito di cittadinanza al salario minimo, alla sanità, ai diritti delle persone, ecc.
Tuttavia alla prima occasione importante di confronto con Renzi, ad esempio in alcune feste de l’Unità, si è capito che permane un’ambiguità politica che non fa bene al Pd e che ne frena la possibilità di costruire in velocità un’alternativa politica alla destra. Se la linea politica è netta evaporano i timori di rapporti sbagliati, se invece non c’è chiarezza ad alcuni possono sembrare l’occasione per tornare al come erano in precedenza, inducendo sospetti, così le scelte diventano difficili, senza slancio.
E’ chiaro che tocca al Pd svolgere la parte più importante della costruzione dei connotati di un’alternativa politica, il rafforzamento ottenuto dopo le elezioni susseguite dal 2022 lo conferma.
Ricordo che il contributo forse più importante che ha dato il Coordinamento per la Democrazia costituzionale, di cui faccio parte, nell’impostare il contrasto netto all’autonomia regionale differenziata di Calderoli è stato proporre una legge di iniziativa popolare costituzionale promuovendo una mobilitazione e puntando a convincere il gruppo dirigente del Pd che doveva sciogliere delle ambiguità riconoscendo che le modifiche costituzionali del 2001, volute dal centro sinistra, sono state un errore, in particolare la nuova versione degli articoli 116 e 117, e che senza una presa di distanza chiara, culturale e politica, si sarebbe aperta una frattura con la crescita di un’opinione pubblica contraria all’avventurismo della Lega e alla copertura di Giorgia Meloni che pur di restare al potere rinuncia a difendere l’unità nazionale.
Tante e tanti a sinistra sarebbero disponibili a dare una mano, ma non sono interessati ad entrare nel Pd, questo deve spingere a guardare oltre il perimetro del partito e oltre le alleanze politiche attuali, prima è meglio è. Siamo già in ritardo.
Il voto ligure dice che quanto è stato fatto finora non basta a vincere. Non basta a fare tornare alla vita politica attiva tanti che si sono rassegnati all’astensione e neppure riesce a fermare l’astensione dal voto. Il voto non esaurisce la partecipazione democratica, ma la non partecipazione al voto è un segnale di pericolo per la democrazia. Questo problema era già evidente nel 2014 quando Bonaccini fu eletto Presidente in Emilia Romagna con solo il 37 % di votanti, a conferma che il veleno dell’antipolitica era arrivato anche in aree territoriali che ne sembravano immunizzate.
A questo punto si pone per il gruppo dirigente del Pd la necessità di prendere il toro per le corna, avviando la costruzione di un progetto politico e sociale alternativo, ora.
Ad esempio non si può più rinviare una posizione per porre fine alle guerre e per la pace. Tragedie diverse tra loro, in Ucraina e in Palestina, stanno raggiungendo livelli intollerabili e per di più possono arrivare a scatenare il finimondo nucleare.
Quando la Knesset arriva a dichiarare illegale l’Unrwa, unico presidio umanitario per i palestinesi, e il governo Nethanyau vieta a Guterres l’ingresso in Israele siamo oltre il limite. Ancora, in Ucraina il massacro continua e le iniziative per la pace sono solo propaganda, alibi.
L’Italia è nella Nato e ha diritto ad avere posizioni originali senza essere accusata di putinismo, sappiamo che mentre Giorgia Meloni ha assoluto bisogno di essere il soldato più fedele per fare dimenticare il passato, con cui non ha mai fatto i conti, tocca ora alle opposizioni lavorare per la pace, per di più con l’autorevole impulso del Papa.
Stanno per entrare nel tritacarne politico di questa maggioranza, che ha dimenticato che non rappresenta la maggioranza degli elettori ma solo il 28 %, un insieme di modifiche che stravolgerebbero la natura parlamentare, democratica e antifascista della nostra Costituzione: autonomia regionale differenziata, premier eletto direttamente e ridimensionamento del ruolo del Presidente della Repubblica, attacco all’autonomia dei magistrati con la separazione delle carriere, insofferenza per i controlli e i contrappesi di altri poteri dello stato, aumento a dismisura di misure di polizia e di aumento delle pene per reati legati a problemi sociali.
Nell’azione di governo poi si sta sostituendo il patteggiamento corporativo ai principi generali, a favore di categorie spaccando il corpo sociale, già abbastanza stravolto.
Sanità pubblica per tutti e contribuzione sulla base del reddito e del patrimonio, sembrano principi ovvii ma il governo va al contrario. Non è vero che questa legge di bilancio non fa danni, anzi lascerà il paese a fingere di crescere e intanto continuerà ad usare l’inflazione, che per i redditi bassi continua a crescere, per impoverire la maggioranza dei cittadini e premiare alcuni settori sociali che le interessano.
Sono usciti due spot del Governo in Tv, uno mostra che il governo stringe la mano agli evasori, a cui chiede solo un obolo dopo l’evasione dalle tasse, l’altro mette sotto accusa gli evasori. Il primo esalta le misure reali del governo, il secondo è senza effetti pratici visto che la possibilità di essere controllati è circa il 4 %. Una concezione priva di ogni connotato economico e sociale rispondente alla nostra Costituzione.
Dobbiamo iniziare subito a colmare il vuoto avviando un percorso di costruzione di un’alternativa politica. Ci sono tante critiche importanti, ma non c’è ancora un’alternativa in campo. Questo è il punto essenziale, senza il quale la credibilità dei singoli aspetti fatica ad imporsi e le singole occasioni non riescono a convincere, a mobilitare. Eppure molti segnali dicono che cresce la pressione in tanti campi, pensiamo alla straordinaria raccolta di firme per il referendum abrogativo della legge Calderoli, oppure alla spinta coraggiosa che è venuta dalla raccolta delle firme per il referendum sulla cittadinanza. Appuntamenti che dovrebbero verificarsi tra alcuni mesi.
E’ necessario fare tesoro dell’esperienza di partecipazione e di definizione del progetto politico alternativo in vista delle elezioni del 1996 e del 2006. Oggi è il tempo della discussione politica sul progetto, delle candidature si parlerà dopo.
Il Pd e gli altri soggetti disponibili ora debbono aprire il percorso politico ben oltre le rappresentanze politiche, verso quelle sociali e soprattutto verso le singole persone disponibili ad aiutare questo percorso.
Il Pd è chiamato a svolgere un ruolo decisivo impegnandosi con una grande capacità di apertura e di coinvolgimento, senza perdere tempo.
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