La congiura di Palabanda

6 Agosto 2009
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Red

Gli avvenimenti che si susseguirono in Europa tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, influenzarono i fatti storici dell’isola. Nel 1812, Cagliari e la Sardegna furono colpiti da una grande siccità che distrusse i raccolti e provocò una grave carestia che coincise con un’epidemia di vaiolo. Quell’anno diventerà proverbiale ed è ancora ricordato come “Su famini de s’annu doxi”. Nel capoluogo si trovava il re Vittorio Emanuele I con il suo seguito, in quanto il Piemonte era occupato dai francesi, e per questo sui sardi si abbatterono nuove tasse per le spese della corte.
I fermenti e le inquietudini dei Sardi sono testimoniati da vari episodi di ribellione al governo sabaudo, preoccupato di salvaguardare l’unico possedimento territoriale. Il fatto più clamoroso di questo periodo fu la scoperta a Cagliari di una congiura, ordita dalla prestigiosa famiglia dell’avv. Salvatore Cadeddu, segretario dell’Università e tesoriere del municipio: fecero parte di essa i suoi familiari, G. Zedda, docente nella facoltà di Legge, gli avvocati F. Garau e A. Massa-Murroni, il sacerdote G. Muroni ed altri insigni professionisti di Cagliari. Non mancava però il collegamento con i ceti popolari. Fra i congiurati figurano anche il conciatore di pelli Raimondo Sorgia, il sarto Giovanni Putzolu, il pescatore Ignazio Fanni e il panettiere Giacomo Floris. Essi si riunirono nella zona di Palabanda (dove si trova oggi l’orto botanico e la Facoltà di Giurisprudenza di proprietà dell’Avv. Cadeddu). Il piano ordito dai congiurati consisteva nell’organizzare un’insurrezione nella notte tra il 30 ed 31 ottobre 1812, che doveva portare all’occupazione delle porte di Stampace e Villanova e all’espugnazione di Castello. L’impresa fallì a causa di delazioni, indecisioni ed imprudenze prima ancora di essere attuata ed i congiurati furono in parte arrestati: S. Cadeddu, Putzolu e Sorgia furono giustiziati; G. Cadeddu, il Floris e P. Fanni morirono in carcere; Gaetano Cadeddu, Garau e Zedda furono condannati a morte in contumacia. La congiura del 1812 fu definita “borghese”, in quanto coinvolse quegli ambienti legati alla corte del fratello del re, Carlo Felice, messa in ombra dopo l’arrivo di Vittorio Emanuele I e dei suoi collaboratori. I fatti del 1812 rappresentano l’ultimo segnale di ribellione della borghesia dell’isola, successivcamente sempre più subalterna alla Corona.

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