L’avanzata delle destre in terra francese sgomenta, ovviamente, ma l’affermazione dell’Afd in Germania manda in frantumi la nostra certezza che fosse sufficiente non far “mai passare il passato” per non ripeterne gli orrori. Così, rassicurati dagli anticorpi diffusi dalla cultura e dagli storici più che dalla politica, abbiamo creduto che certe pulsioni fossero residui senza avvenire e “non le abbiamo viste arrivare”
E il fatto che le maggiori percentuali elettorali dell’Afd si registrino nei territori dell’ex Germania comunista manda in sollucchero chi si compiace delle analogie tra nazismo e comunismo ma di per sé non basta a spiegare lo sbigottimento soprattutto di noi storici di fronte a un fatto incontrovertibile: l’Afd si è affermata nel cuore della Germania, la locomotiva economica della democrazia europea; non si tratta dell’Ungheria di Orban o della Slovacchia di Fico, ma proprio della Germania, una roccaforte della democrazia, uno dei Paesi fondatori di un’unità europea che aveva come riferimento ideale il grido “mai più il fascismo, mai più il nazismo!”.
In Germania fu la generazione del ’68 a chiedere a quella che l’aveva preceduta di far luce sulle proprie responsabilità per aver collaborato con il nazismo. Fu una resa dei conti anche impietosa e i padri furono costretti a riconoscere le proprie colpe di fronte alle dure accuse dei figli.
Fu uno storico del calibro di Ernst Nolte a prendere posizione dando vita all’Historikerstreit (la disputa tra storici): il passato, tutto il passato anche quello del nazismo e della Shoah, doveva finalmente passare per permettere alla Germania di affrancarsi da ogni senso di colpa, confinando lo sterminio degli ebrei in un passato da analizzare, da studiare, ma senza più essere di impaccio nell’orientare le scelte del presente. Nolte, sostenuto da Hillgruber e Sturmer, invitava a guardare anche agli orrori perpetrati da Stalin e o da Pol Pot e facendo così di fatto sdoganava anche il negazionismo.
Gli risposero con grande efficacia Jurgen Habermas e gli altri (Jürgen Kocka, Martin Broszat, Hans Mommsen), sommergendolo sotto una valanga di argomentazioni ineccepibili il cui succo era che “quel passato non doveva passare”. E noi ci accontentammo di una vittoria che ci parve definitiva, rassicurati dagli anticorpi diffusi dalla cultura e dagli storici più che dalla politica.
E fu proprio nel 1992, a ridosso del 1989 e della caduta del muro di Berlino, che Francis Fukuyama decretò la fine della storia. Sbagliando clamorosamente. E noi con lui. Sta di fatto che ci fermammo, che ci cullammo nella certezza della solidità degli anticorpi che l’Historikerstreit aveva seminato, inconsapevolmente sedotti da quella prospettiva di pace universale intravista da Fukuyama. Cominciammo a guardare alle destre come residui di un passato senza avvenire, e sorretti da queste sicurezze “non le vedemmo arrivare”. Oggi quell’illusione è andata in frantumi e i risultati elettorali delle europee, quello dell’Afd in particolare, ci hanno brutalmente risospinti nella storia.
Giovanni De Luna
1 commento
1 Aladin
5 Luglio 2024 - 10:11
Anche su aladinpensiero online: https://www.aladinpensiero.it/?p=155554
Lascia un commento