Marcia su Roma e dintorni, a cura di Claudio Natoli

29 Giugno 2024
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Gianna Lai

 

 

 Pubblichiamo volentieri questa recensione al bel volume, curato dal professor Claudio Natoli, che raccoglie gli Atti del Convegno Anppia sul tema.

 

  Marcia su Roma e dintorni, Viella editore 2024, un titolo evocativo, a 100 anni da quel 22 ottobre e, chiuso tra virgolette, a richiamare il Lussu del 1933. Dalla crisi dello Stato liberale al fascismo, per connotare, nel sottotitolo, l’indagine storica del nostro tempo, gli Atti del Convegno Anppia in un bel volume curato dal professor Claudio Natoli, noto studioso. E a rivivere nell’immaginazione quel contesto, la plasticità della figura di copertina, da una pubblicazione dell’Avanti,1922, per l’“Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia”. Sì, le gesta dei fascisti sotto lo sguardo autorevole dello storico che, nel pubblico dibattito, promuove “un confronto sui temi, le interpretazioni e le metodologie della ricerca”, se torniamo all’Introduzione, per stendere il “bilancio complessivo degli studi sul fascismo”. Partendo dalle pubblicazioni più rilevanti onde accompagnare, con sollecitudine, anche il più comune dei lettore di storia all’indagine su “l’età della catastrofe”, in questo tempo di governi di destra a trazione postfascista.

Contro il mito recente della “dittatura bonaria” e, attraverso la citazione della storica Albanese, l’obiettivo fondamentale, per la storiografia, “della ricomposizione di un quadro in cui il progetto totalitario fascista… si intreccia con la quotidianità della società italiana e il progredire della vita delle istituzioni e dello Stato e degli uomini e delle donne”. E gli autori Lupo, Ventrone, De Luna e Pasquino, le “proiezioni sulla memoria pubblica del fascismo nell’Italia repubblicana”: vero rigore scientifico nel demolire la rappresentazione di una falsa memoria del fascismo, “costruita su slogan e miti accattivanti e sulla falsificazione della storia”. E “nella centralità assoluta della violenza, nella radicale avversione al parlamentarismo e alla democrazia, nella pretesa abolizione dei conflitti di classe, nella restaurazione di un modello elitario e gerarchico di società”, i caratteri del movimento, in preparazione di un “modello di Stato e di società” realizzatosi poi nel corso degli anni Venti e Trenta.

Il volume inquadra “quello che la storiografia più accreditata considera l’atto di nascita della dittatura fascista nel più ampio contesto della crisi dello Stato liberale e delle radicali trasformazioni politiche sociali e culturali intervenute, in un rapporto di ineludibile continuità tra guerra e primo dopoguerra, risalendo anche indietro al tramonto, con la guerra di Libia, dell’età giolittiana”. E nel primo dopoguerra “l’irrompere delle masse lavoratrici sulla scena politica e il nuovo protagonismo del mondo delle campagne”, insieme alla “nascita di nuovi rapporti di potere attraverso le grandi conquiste sancite dai contratti di lavoro,… il passaggio di migliaia di amministrazioni comunali, dal vecchio ceto dei notabili al partito socialista e a quello popolare”, per giungere “fino al tramonto del biennio rosso” e fino “all’offensiva armata del fascismo, “con il volenteroso concorso di tutti gli apparati dello Stato” e del potere economico. Dallo Stato liberale alla nascita di un regime “autoritario e totalitario di tipo nuovo destinato a costituire un modello e un laboratorio politico per tutte le forze della destra a livello europeo”. Così la prima sezione del libro, Stato e società, dalla Grande guerra all’avvento del fascismo, negli interventi di Giovanna Procacci, lo stesso Claudio Natoli, Giulia Albanese e Fabio Fabbri: il primo dopoguerra e il venir meno delle conquiste raggiunte dal movimento operaio, del tuttocontraria la classe dirigente liberale alla trasformazione dello Stato in direzione di una politica democratica e di apertura alle masse. E nella seconda, Istituzioni politica e società, con gli storici Adolfo Pepe, Marco Mondini, Mirco Carrattieri, Patrizia Dogliani, Mariuccia Salvati: il lavoro “come soggetto collettivo”, lo Stato liberale e gli agrari contro il movimento socialista, “biennio rosso”, avvento del fascismo e “ruolo politico… del Regio esercito”. E la terza, Fascismo e antifascismo, con i saggi di Leonardo Rapone, Carlo Felice Casula, Daniela Gagliani e Alessandro Portelli: partito socialista, comunisti, popolari e “laicato cattolico” e Santa Sede di fronte al regime.

E se negli anni Sessanta e Settanta “movimento operaio e fascismo tendevano… a presentarsi come soggetti e poli contrapposti di due (potenziali) vie di uscita alla crisi dello Stato liberale”, con gli studi più recenti, dice il prof. Natoli, notiamo invece “una tendenza a destrutturare l’ambito cronologico e tematico dei due bienni”. Prospettiva di più lunga durata e “nodo delle continuità-discontinuità tra Stato liberale e regime fascista”, che portano verso il “rinnovamento dei paradigmi interpretativi” nello studio della storia del movimento operaio e socialista. delle classi dirigenti e del movimento e del partito fascista. Il fascismo come la via italiana al totalitarismo, secondo lo storico Gentile, e poi gli approfondimenti in un contesto ben più ampio. Nel saggio di Natoli, gli autori Carocci e Foa a rappresentare il Psi e l’emancipazione delle classi subalterne, “per milioni di uomini e di donne una nuova idea della cittadinanza politica e una nuova dignità”. E la Rivoluzione d’ottobre e il contrasto alla guerra e l’opposizione dura al vecchio regime liberale. Che sperimenta a sua volta, attraverso il conflitto, nuove forme avanzate di Stato autoritario, nel fascismo la loro “espressione più conseguente”. E ricorda il professore come sia anzi l’azione repressiva dello Stato, “fino alle elezioni del 1920, il principale fattore di radicalizzazione della lotta politica e sociale, ben prima del dilagare del fascismo”: 135 i morti nel ‘1919, 616 nel ‘20 per mano di “carabinieri, guardie regie e reparti dell’esercito”. Il movimento fascista da considerarsi, semmai, “una salutare reazione antisovversiva e antisocialista… non proponendosi certo la classe dirigente liberale di promuovere il passaggio a una democrazia di massa”.

Contro la nascita di una nuova società politica, dunque, “e non contro il disordine o contro la Russia di Lenin venne invece avanti il fascismo”, i liberali ad aprirgli la strada per una società “fondata sulla dissociazione tra società di massa e democrazia”, importante il sostegno dei ceti medi. Fermare il socialismo e sopratutto fermare la democrazia. A non aver gravemente compreso invece l’avanzata di Mussolini, le forze del movimento operaio italiano, con l’eccezione di Matteotti, di Gramsci e di Gobetti.

Dallo Stato liberale al fascismo, per porre anche un punto fermo nel valutare “se la categoria della guerra civile possa essere assunta a chiave generale di lettura della crisi del primo dopoguerra”. Importante il richiamo a Claudio Pavone, contro il rischio “di mettere sullo stesso piano la propaganda rivoluzionaria del partito socialista e comunista alla violenza sistematica dell’azione terroristica,… realmente praticata dal fascismo, di equiparare aggressori e aggrediti”. Ed invece sottolineare come “alla luce delle acquisizioni della più aggiornata storiografia, si potrebbe definire il fascismo al potere come l’esito di una riuscita controrivoluzione preventiva, non solo e non tanto contro il socialismo e il bolscevismo, ma anche e sopratutto contro la democrazia e il movimento di emancipazione delle classi lavoratrici”.

L’andamento della storia per il famoso lettore appassionato di storia: continuità e rottura, l’orizzonte nuovo in cui muoversi con senso critico, si tratti di nuova editoria, di riscrittura del passato a legittimare il fascismo, di divulgazione nelle stesse reti nazionali Rai. In questi tempi di crisi egemonica della repubblica, un bel libro a definire invece come lo studioso si muove per restituire scientificità al suo lavoro e contribuire alla costruzione di una coscienza collettiva: la ricerca, il confronto diretto nell’ambito della comunità di riferimento e poi nel dibattito pubblico, che porta all’incontro finale con la scuola, l’Università o, più in generale, con i luoghi destinati alla formazione del cittadino. .

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