Sardegna. Per un nuovo Statuto Speciale Atti del Convegno. Cagliari 18 aprile 2024. Scuola di cultura politica F.Cocco.

25 Giugno 2024
2 Commenti


Gianna Lai

A testimonianza di un dibattito ampio e articolato sui temi dell’Autonomia e dell’autogoverno, gli Atti del Convegno Sardegna per un nuovo Statuto speciale, Cagliari 18 aprile 2024, a cura di Fernando Codonesu per la Scuola di cultura politica Francesco Cocco. Lettura interessante e serio strumento di indagine per un lavoro politico da svolgere in Sardegna, ma col respiro di una visione affatto localistica, anzi tutta proiettata nel quadro nazionale, la Costituzione al centro, riferimento principale. Intanto già nelle relazioni introduttive, ragionamento e analisi critica, lo scenario resta la legge elettorale come “prima emergenza” e la riscrittura dello Statuto che si cali nella storia sarda. Da Angioy a Lussu a Gramsci e al loro federalismo, che innanzitutto “presuppone una relazione fra la Comunità sarda e quella nazionale”, dice Andrea Pubusa, onde superare il puro rapporto tra enti. Intendendo la sovranità come “la risultante di tutte le volontà, anche locali, espresse secondo le regole costituzionali”. Il limite costituito dunque solo nella Costituzione, per una politica che sappia costruire forme discusse e condivise di autogestione già sul campo, nell’immediatezza dell’impegno partecipativo: uso delle risorse, cultura e istruzione, sanità e trasporti, pale eoliche e basi militari. A sollecitare la politica, direttamente le buone pratiche, così l’Introduzione di Fernando Codonesu, di quei territori dove autonomia e autogestione crescono man mano, insieme alla partecipazione popolare. Che mano mano ne elabora teorie e strumenti applicativi, agendo quotidianamente, come in Trentino Alto Adige. Statuto da un lato, dall’altro “economia, struttura delle province, sistema legislativo, capacità operativo/gestionali, organizzazione sociale istituzionale e territoriale”. Teoria e pratica, esemplare approccio al problema, storia cultura e tradizione popolare a far da contesto, per evitare anacronistiche forzature o pericolosi conformismi. E per giungere quindi, tornando al discorso generale, a definire la complessità dell’autogoverno secondo le sei materie, ambiente, energia, territorio, paesaggio, urbanistica, trasporti, “affrontate dai seguenti punti di vista: politico, tecnico scientifico, economico-occupazionale e imprenditoriale, giuridico costituzioanle, delle risorse economiche, finanziarie e relative capacità di gestione”. Ridurre le distanze tra Sardegna e Italia, vera “differenza e dipendenza tra centro e periferia”, secondo il concetto di utilità pubblica prevalente che, parlando ad esempio di autogoverno dell’energia, si materializza nella costituzione di comunità energetiche, vere forme organizzate di cittadinanza impegnata e capace di decidere. Immediato il richiamo, per un verso, all’intervento di Fabrizio Pilo su Energia rinnovabile e Comunità energetiche e, per un altro, a quello della dottoressa Maria Cristina Ornano magistrato, Governo degli usi civici alla prova dell’autonomia, che inizia proprio da “il Trentino Alto Adige come esperienza esemplare di autogoverno”. Dato che “parte di quella storia di successo è legata proprio all’uso civico, di cui le province autonome di Trento e di Bolzano, diversamente dalla nostra, hanno saputo fare fonte di sviluppo”. Attribuita anche alla Sardegna la potestà legislativa primaria in materia di usi civici, “nella tradizione nella memoria e nel sentire delle collettività”, le terre civiche un patrimonio in sintonia con il tema dei beni comuni, di importanza capitale oggi, in quanto riconosciute come bene paesaggistico. A sollecitare protagonismo, consapevolezza e responsabilità di chi amministra, contro “il vero e proprio sacco delle terre collettive a danno delle popolazioni residenti e della collettività”, che sembra anzi richiamare tutti alla necessità di darsi un’organizzazione per contrastare il malgoverno.

E sembra richiamare quello di Mauro Tuzzolino, La rinascita dal margine. Casi di studi in Sardegna, il relatore che entra direttamente nell’analisi di un’esperienza sul campo, in uno di quei luoghi compresi tra i “circa 5.200 ha di lagune/stagni tra Arbus e Cuglieri, per sviluppare il tema della pesca artigianale. Straordinarie biodiversità, fauna ittica e avicola, luogo di “una battaglia sociale contro un sistema fondamentalmente feudale di gestione”. Proprio “laddove emergono chiare le prospettive di sviluppo”, a patto che la Regione, “rispettando la dimensione della rappresentanza democratica espressa dai gruppi di azione locale, esca da una pura funzione di controllo gerarchico e investa in professionalità e sapere”.

Ed anche l’intervento di Sergio Sulas, Quale agricoltura e quali tipologie di allevamento in Sardegna, patrimonio zootecnico e ricerca. Ben riproponendo dalla sua esperienza diretta, il relatore, esempi di alta qualità, a partire dal progetto Kent’erbas - Prati fioriti, fondato sulle biodiversità che caratterizzano i pascoli sardi.

A sollecitare Gian Piero Scanu, tra i primi interventori, sulle battaglie popolari che impongono una legge, 205 del 2017, per la salute dei militari e delle popolazioni e dell’ambiente nelle Basi militari. Vera “disparità di trattamento subita dal sud del paese”, le Servitù insediate in Sardegna ad occupare il 65% del l’intero territorio nazionale ad esse destinato.

Già entrato il Convegno orientando il suo sguardo particolarmente critico sui temi de La transizione ecologica in Sardegna, è Annalisa Colombu di Lega ambiente a ricordare che dalla decarbonizzazione serve muoversi, per giungere alle bonifiche urgenti già presenti nel Piano regionale del 2019, che “individua 1004 siti e 27mila ettari di superficie regionale inquinata”. E dà indicazioni, la relatrice, sul modo di procedere, “fiumi stagni, sistemi dunali” e poi aree protette, ma pensando in particolare all’altro versante, quello dell’agricoltura biologica, il 14% appena della superficie agricola sarda ad esso dedicata.

Così il prof. Gianfranco Fancello La questione trasporti in Sardegna che, con efficacia, dal “diritto alla mobilità negato” parte, come a ricondurre ad un unico centro le ragioni che impediscono la reale trasformazione, da tutti auspicata negli interventi precedenti. “In realtà quello che si sta negando, con un sistema di trasporti inefficiente,… non è il diritto alla mobilità ma è il diritto al lavoro, allo studio, alla salute, alla socialità, allo sviluppo… Essere un’isola e avere un sistema di trasporti non idoneo a soddisfare i bisogni primari dei cittadini, significa negare i diritti primari di una collettività”. Mentre autogoverno è “mettere al centro della pianificazion e dei trasporti interni ed esterni il rispetto dei diritti,… pianificare sistemi di mobilità in forma integrata e armonica con lo sviluppo del proprio territorio”. Prima di tutto conoscere il fenomeno, ma in tale direzione pare che, come nel caso di ogni altra tematica qui analizzata, non siano stati particolarmente ferrati i nostri amministratori regionali.

E, nei confronti della politica, ancora per niente tenera la disamina, che anzi non lascia spazio a giustificazioni di sorta, nell’intervento della professoressa Sabrina Perra, Programmazione e capacità di spesa. Cruda fotografia delle precedenti Giunte, sotto la lente di ingrandimento della Corte di Conti. E poi sulla Giunta Solinas. “La Corte dei conti ha segnalato due indicatori gestionali-contabili preoccupanti: l’avanzo di cassa e i debiti fuori bilancio… che, in prima istanza sottolineano una limitata capacità di gestione e di spesa dell’Amministrazione regionale”, fino all’area della Sanità, “ove si registra un ritardo anche di due anni nell’approvazione dei bilanci Asl”. E poi i suggerimenti della studiosa, per il giusto procedere, nei paragrafi La capacità di programmazione delle risorse e La capacità amministrativa e l’organizzazione.

Così gli interventi degli altri studiosi, accompagnati da analisi mirate e proposte significative. Il prof. Andrea Deffenu e La specialità sarda in crisi: una specialità appannata, il bilancio di questi 70 anni e il ritardo politico istituzionale rispetto alle norme di attuazione e al loro mancato utilizzo, ritornando di nuovo anche qui il riferimento al Trentino Alto Adige.

E poi Antonio Dessì, Per un nuovo statuto speciale. A ventitrè anni dalla modifica del Titolo V, cosa si intende per Autonomia speciale e autonomia differenziata. Fino alle procedure di revisione statutaria e ai contenuti possibili dello Statuto speciale per la Sardegna, “in tema di diritti fondamentali”, in quanto titolari, i sardi, “di un peculiare patrimonio storico culturale e linguistico”. E in quanto “abitanti di un’isola”. Fino, “alla luce degli ancor più vasti processi contemporanei di mobilità”, a pensare di poter esercitare “una propria autonoma competenza nel campo della cooperazione internazionale e persino in quella dell’accoglienza dei migranti e dei profughi”. E “rivisitare in chiave più attuale i temi connessi alla rinascita, contemplati dall’attuale articolo 13 dello Statuto, anche alla luce del principio di insularità introdotto nell’articolo119 della Costituzione”

A dare ritmo alla scrittura, la divisione in sezioni già prima definite, i punti di vista, e poi la titolazione di ciascun intervento. Fin dall’Indice un ordine preciso che lascia tuttavia il lettore arbitro di scegliere, libero di dare al suo percorso un andamento in linea con la redazione finale del testo o di andirivieni, alla ricerca esclusiva dei temi che più sanno attrarlo. Tanto poi così fortemente si intrecciano tra loro le questioni, che i collegamenti sorgono spontanei a spingere verso una lettura integrale.

 

2 commenti

Lascia un commento