Pratobello, una rivolta non violenta vittoriosa, esempio per una lotta di massa contro il colonialismo energetico e le basi militari

19 Giugno 2024
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Nella manifestazione di sabato a Saccargia è stata evocata la rivolta di Pratobello del 1969. Una mobilitazione di massa ad Orgosolo, conclusasi vittoriosament, che viene presa ad esempio di una lotta popolare dei sardi contro la nuova colonizzazione con pale eoliche e impianti fotovoltaici ad opera di multinazionali assetate di profitti, senza rispetto per il paesaggio e l’ambiente sardo e in sfregio ai beni culturali della Sardegna. Ci pare utile, pertanto, ricordare la storica rivolta di Pratobello nella ricostruzione dell’Associazione Natzionale sarda.

Una rivolta nonviolenta può porare alla vittoria contro le forze armate? La storia disì!

Pratobello, Pradu in sardo, è una località tra Orgosolo e Fonni, frazione di quest’ultimo comune ma nel secondo Dopoguerra centro vitale dell’economia orgolese. La colonna portante infatti è la pastorizia: per oltre la metà dell’anno, da ottobre a maggio, i pastori svernano nei pascoli delle pianure della Nurra, della Gallura e della Baronia, distanti da Orgosolo anche centinaia di chilometri, poi tornano in paese per i mesi estivi, con il doppio vantaggio di trovare il mangime a basso prezzo nei pascoli comunali come Pratobello e contemporaneamente vivere in famiglia.

Lo Stato italiano però ha altri piani. Siamo nel 1969 e, dopo che già l’anno prima effettuò lì delle esercitazioni della Polizia in un’area limitata e non reclamata dalla cittadinanza, decide di installarvi in quei terreni un poligono di tiro della Brigata Trieste, gruppo di fanteria nato 19 anni prima nel quadro degli ampliamenti impostati per la Forza Armata dopo l’adesione dell’Italia alla NATO, e ciò fa seguito alle già diverse installazioni in Sardegna che vennero costruite a partire dal 1956 con la missione collaterale di sconfiggere il banditismo. Ufficialmente l’area militare è essere solo temporanea, un “poligono estivo”, ma il sentore in paese è che da temporaneo poi si passi al permanente.

Il 27 maggio viene pubblicato un manifesto in paese con la comunicazione delle operazioni e i residenti apprendono che il poligono requisirà 12 mila ettari di terreno, che comprendono questa volta i migliori pascoli comunali di Orgosolo a Pratobello ma anche nelle località di Montes, Funtana Bona e Duvilinò. La data di inizio delle esercitazioni di tiro viene fissata il 19 giugno: in poche parole i pastori in soli 23 giorni devono trovare altri pascoli e traslocare con le greggi, circa 30 mila fra capi bovini e vaccini. Per lo Stato Maggiore della Difesa non è un problema e parafrasando la loro proposta: “I terreni si trovano, forniremo degli indennizzi: 30 lire giornaliere a pecora, e per il mangime 75 lire al Kg”. Se non fosse che sono sempre a centinaia di chilometri dalla zona, il che vorrebbe dire trascorrere lontani da casa e famiglia anche tutta l’estate e ciò non può essere ripagato col denaro.

La popolazione al contrario chiede una sola cosa: interventi politici ed economici, riforme, a sostegno della pastorizia: il miglioramento dei pascoli come unica ipotesi di sviluppo. Le manovre militari estive invece, con l’impiego di mezzi pesanti, pestano la terra e rovinano gli erbai: in pratica, l’abbandono di una linea di sviluppo organico dell’economia locale. Da questo nasce uno slogan emblematico: «Concimi, non proiettili»

Il Ministero della Difesa però decide comunque di perseguire nel suo obiettivo, pertanto nel giugno del 1969 i cittadini di Orgosolo si mobilitano compatti. Qui di seguito la cronistoria di quel mese caldo:

7 giugno

Avviene la prima assemblea popolare che indice una manifestazione dimostrativa nei luoghi in cui sono previste le esercitazioni. “Tale manifestazione è stata decisa per dare un primo avvertimento alle autorità militari e politiche che hanno deciso arbitrariamente di invadere i nostri territori con grave danno per tutti i lavoratori”

9 giugno

3.500 cittadini di Orgosolo iniziano a mobilitarsi coordinati dagli attivisti del “Circolo Giovanile di Orgosolo”. Le autorità tentano di spaccare il fronte cittadino della lotta: il commissario prefettizio di Orgosolo, la questura di Nuoro, l’Alleanza Contadini, la Coldiretti, la CGIL e gli stessi militari cercano un accordo sindacale ma di fronte all’unità degli orgolesi fallisce qualsiasi trattativa. I pastori continueranno ad occupare i pascoli e a rifiutare gli indennizzi

19 giugno

Nel giorno dell’inizio delle esercitazioni, la popolazione orgolese decide democraticamente di attuare una protesta nonviolenta occupando pacificamente l’area contestata. Da quella data in poi donne, bambini, impiegati, artigiani, pastori e studenti si disporranno ad oltranza sulla linea di confine del territorio comunale. Vengono anche utilizzati passaggi segreti per irrompere nella zona militare e mettersi accanto ai bersagli impedendo i tiri. Le Forze dell’Ordine son costrette a respingere i manifestanti e a limitare le esercitazioni.

20 giugno

Come il giorno prima l’intera comunità si ritrova a Pratobello dall’alba. I poliziotti effettuano un blocco stradale, ma donne e uomini iniziano a sollevare a mano le camionette, mentre altri effettuano a loro volta altri blocchi per impedire l’arrivo di altri blindati. Nel frattempo le donne incitano i bambini a tagliare i fili della linea telefonica. Una volta arrivati al poligono, almeno tremila orgolesi respingono fuori dal confine del territorio comunale la polizia e avanzano sino a pochi metri dalle tende dei militari.

23 giugno

È il giorno clou delle proteste: avviene lo strappo. I cittadini si recano al poligono dalle prime ore del mattino, ma lo Stato risponde con nuovi mezzi, elicotteri e rastrellamenti. Vengono effettuate azioni di disturbo, bruciati i bersagli. La “caccia all’uomo” delle forze speciali dell’Esercito rinchiudono 440 orgolesi in un centro di raccolta, 80 vengono condotti alla Questura di Nuoro. La stessa sera l’assemblea cittadina decide di inviare una delegazione a trattare con Roma.

24 giugno

La politica locale prova a contenere il malcontento, mentre Emilio Lussu, ormai fuori dalla politica, pur non potendo partecipare alle proteste invia un telegramma di sostegno alla popolazione: “Quanto avviene Pratobello contro pastorizia et agricoltura est provocazione colonialista stop. Rimborso danni et premio in denaro est offensivo palliativo che non annulla ma aggrava ingiustizia stop. Chi ha coscienza dei propri diritti non li baratta stop. Responsabilità non est militare ma politica. Perciò mi sento solidale incondizionatamente con pastori et contadini Orgosolo che non hanno capitolato et se fossi in condizioni di salute differenti sarei in mezzo a loro stop. Allontanamento immediato poligono et militari si impone come misura civile e democratica lavoro et produzione stop”.

26 giugno

Quel mese di giugno passerà alla storia con il nome di “Rivolta di Pratobello”: Un esempio di democrazia, unità e determinazione che, grazie soprattutto a donne e bambini, ma anche di uomini di ogni ceto sociale, utlizzando lo strumento della lotta nonviolenta determinarono la vittoria di un’intera comunità, una vittoria del Popolo Sardo e un esempio per le battaglie di oggi e del futuro.

Fonti

  • «I pascoli sono la nostra ricchezza», di Giuseppe Fiori, La Stampa, 24 giugno 1969
  • «Cresce la tensione a Orgosolo: due arresti», di Giuseppe Fiori, La Stampa, 25 giugno 1969
  • «Duemila dimostranti bloccano le manovre militari a Orgosolo», La Stampa, 21 giugno 1969
  • «“Sa lota” de Orgosolo, 19 – 26 giugno 1969», di Pier Sandro Pillonca, Fondazione Sardinia
  • «Pratobello, 1969. Dove tutto ebbe inizio», SardiniaPost, di Piero Loi, 14 settembre 2014

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