Carbonia. Continuità/rottura. Riccardo Lombardi: Pella fa i disoccupati e Scelba li uccide. Lo storico De Luna: il ministro di polizia fu forse la più vistosa rappresentazione simbolica di quella continuità politica e istituzionale che segnò il passaggio dal fascismo alla Repubblica

2 Giugno 2024
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Gianna Lai

 Oggi il post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 1° sttembre 2019.

 

Continuità/rottura è una coppia interpretativa largamente utilizzata nel dibattito storiografico sul passaggio dal fascismo alla Repubblica, dice Giovanni De Luna, sopratutto in relazione agli assetti istituzionali e agli equilibri politici. Intanto i questori nominati dal Cln furono “rimossi, così come era successo ai prefetti della liberazione scelti dal Cln, in sostituzione con quelli di carriera troppo compromessi col fascismo”. E ricorda Candeloro parlando di continuità il “DDL 8 febbraio 1946 n.22 che abolì l’Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo e ne attribuì le funzioni alla Presidenza del Consiglio”. E così Paul Ginsborg, “Polizia e carabinieri non solo vennero epurati da tutti i partigiani ma furono incoraggiati a intervenire con forza e brutalità contro tutte le manifestazioni operaie e contadine che oltrepassavano i limiti di tolleranza strettissimi. Nelle memorie popolari del periodo la malfamata celere di Scelba si sarebbe costruita un posto tutto per sé”. E per Gastone Manacorda, subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione “è già evidente la contraddizione fra una Carta costituzionale che accoglie in larga misura principi di rinnovamneto della società e una pratica politica che li disconosce, li ignora e, non di rado, li avversa”. Mentre, causa di tensione era rappresentata in particolare, ricorda ancora Candeloro, dall’azione repressiva contro i comunisti e i partigiani svolta dalla polizia per volontà di Scelba, che fece largo uso di leggi fasciste, “una sterminata congerie di legislazione fascista e prefascista ancora vigente”, che rappresentava allora, aggiunge Ernesto Ragionieri, “un elemento determinante della continuità dello Stato”.

Gli storici ricordano la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta come quelli dello scelbismo: diffidente verso “la politica dei partiti, scrive De Luna, il ministro di polizia fu forse la più vistosa rappresentazione simbolica di quella continuità politica e istituzionale che segnò il passaggio dal fascismo alla repubblica, spegnendo i fermenti di rinnovamento innescati dalla Resistena”. Così “il suo anticomunismo, forse il tratto più marcato della sua personalità, era assolutamente tipico di quella fase politica del blocco contro blocco, di suo egli vi aggiunse l’uso repressivo dell’apparato dello stato, in una linea di lucida intransigenza che, storicamente, svolse l’importantissima funzione di consegnare integro alle istituzioni repubblicane tutto il personale burocratico, amministrativo e poliziesco del regime fascista”. Tra il 1947 e il 1948 epurati quasi tutti i carabinieri e i poliziotti provenienti dalle file della Resistenza e delle bande partigiane, prosegue De Luna, “il consolidamento degli apparati fu ottenuto riassumendo in servizio gli ufficiali e i dirigenti del ventennio fascista. Poi, con l’aiuto dei consiglieri americani, si passò a migliorare l’efficienza operativa dei reparti; si istituì la celere e, proprio a ridosso delle elezioni del 18 aprile, furono assunti altri 20.000 uomini in un corpo di polizia rafforzato, il 12 febbraio, con la consegna di 200 autoblindo. Quel 14 luglio il ministro degli Interni disponeva pertanto di 40.000 poliziotti dei reparti speciali celere, altri 30.000 di secondo impiego, 180.000 fra carabinieri, Guardia di finanza più l’esercito, tutti pronti per fronteggiare l’emergenza di una prova di forza con i comunisti, giudicata inevitabile. Sostenuto da De Gasperi, Scelba accantonò subito, in sede operativa, la moderazione mostrata nel dibattito parlamentare la mattina del 18 luglio, sollecitò i prefetti ad agire con urgenza contro i dirigenti dello sciopero, esortando la magistratura - a resistere con ogni mezzo al tentativo di rilascio degli arrestati-; la sua circolare anzi andava oltre, sostituendosi e anticipando il giudizio della magistratura, nell’indicare i colpevoli, -nei dirigenti delle Camere del lavoro, (“i centri organizzatori degli atti insurrezionali e dei blocchi stradali - affermava testualmente la circolare - sono state le Camere del lavoro”). Convinto che “i moti del 14 - 15 e 16 luglio avessero configurato un vero e proprio tentativo insurrezionale accuratamente preparato,… carcere per i militanti di base, isolamento politico per i vertici di partito, su questa linea Scelba si mosse con notevole abilità dialettica, insistendo sul piano K, un progetto comunista per la presa del potere…”. Ed infine, “Politicamente, proprio a partire dal 18 aprile 1948 e per tutta la prima legislatura, la Dc potè esprimersi a livello governativo in una posizione di quasi monopolio per tutta quella fase definita appunto del centrismo stabile; e tra la Dc al governo e il Pci all’opposizione si innalzava una barrira di spessore almeno pari a quella che, contemporaneamente, separava l’Europa occidentale dagli Stati comunisti”.

Questo il quadro. Parlando infine della violenza delle forze dell’ordine in Italia, dice Carlo Pinzani che “Togliatti, nella relazione al VII Congresso del partito comunista italiano, fornirà una serie di dati impressionanti, riferiti al 1948, al 1949 e alla prima metà del 1950”. Dal Resoconto, Roma 1954, di quella Assise svoltasi nell’aprile del 1951, così come riportato dallo storico: “In questo periodo sono caduti, uccisi in conflitto con le forze di polizia, oppure da squadre di agrari o fascisti, 62 lavoratori, di cui 48 comunisti… Negli stessi anni sono stati feriti 3.126 lavoratori, di cui 2.367 comunisti; sono stati arrestati e rinviati a processo per presunti motivi politici 92.169 lavoratori, di cui 73780 comunisti; sono stati condannati a pene varie 19.306 lavoratori, di cui 15.429 comunisti; sono stati assegnati 8.441 anni di carcere, di cui 7.598 a comunisti”.  E ancora De Luna, comprendendo un periodo più ampio, “gli anni dello scelbismo, gennaio 1948 - settembre 1954”: 75 morti in conflitti con le forze dell’ordine, 48 erano comunisti; 148.269 arrestati, dei quali 61.243 condannati per reati compiuti nel corso di azioni di protesta e di lotta. Comminati 20.426 anni di carcere: “un bilancio pesante il prezzo pagato nel difficile processo d’impianto della democrazia in Italia”, conclude lo storico. Mentre alla repressione poliziesca, ricorda infine Candeloro, “si aggiunsero ancora per parecchi anni, dopo il 1950, abusi e discriminazioni a danno dei miltanti comunisti colpiti dai licenziamenti nelle fabbriche e negli uffici, dalle negate assunzioni negli impieghi, dal negato rilascio del passaporto”.

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