Rinvio a giudizio e disastro economico. i due volti di un fallimento

21 Luglio 2009
3 Commenti


Andrea Pubusa

Il rinvio a giudizio e il disastro del settore industriale sono i lasciti dell’era Soru. E’ bene ripetere che siamo per la presunzione di non colpevolezza e, dunque, auguriamo anche a Soru di uscire indenne da questa brutta vicenda giudiziaria. Tuttavia, sul piano strettamente politico, non possiamo non vedere che il processo Saatchi è il frutto avvelenato di uno stile e di un metodo di governo, che nasce dalla commistione nell’ex presidente dell’essere un importante imprenditore con tanti interessi ed essere titolare di una funzione istituzionale che può incidere su di essi. Saatchi è il risultato del persistere nell’azione di governo di contatti e di rapporti pregressi, come lo è stata l’incapacità di trovare un’intesa con Cualbu per una soluzione transattiva della questione Tuvixeddu. Amori e odi imprenditoriali hanno proiettato le loro lunghe ombre sull’azione di governo. In definitiva, è il conflitto d’interessi a prendere risalto, conflitto che è uno dei cancri più gravi delle istituzioni e delle democrazia, da combattere sempre e comunque, non solo quando riguarda Berlusconi.
Ci sono poi le forzature in campo amministrativo, la maniacale fidelizzazione della dirigenza contro il dettato costituzionale, legislativo e giurispudenziale. Dettori, scelto da Soru per dirigere la presidenza, non poteva presiedere commissioni di gara e tantomeno porre in essere atti di gestione. La Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire in varie sentenze che i dirigenti fiduciari possono supportare solo l’azione di indirizzo degli organi politici ma non ingerirsi nell’amministrazione attiva. Sarebbe bastato rispettare questi principi per non incappare nei guai che oggi vengono alla luce clamorosamente.
Sul disastro industriale, non c’è da farsi illusioni: chiuderà P. Torres e seguirà a ruota P. Vesme. L’intervento statale può allungare l’agonia come per i malati terminali, ma non resuscitare aziende già defunte.
Ciò che colpisce in queste vicende non è tanto l’incapacità di porre rimedio poiché la situazione non è certamente nella disponibilità né di questa né della precedente giunta e forse neppure del governo dopo la distruzione dello stato sociale con le privatizzazioni selvagge. Ciò che manca è un’idea alternativa su cui lavorare, su cui pensare il futuro. Davanti alla crisi delle miniere, negli anni ‘50 e ‘60, ci fu l’alternativa dell’industralizzazione per poli, dislocata in tutta l’isola. Era un’idea discutibile, discussa e criticata, ma era un’idea di sviluppo. Si pensava di dare il via  ad un ‘industrializzazione accelerata per guidare la transizione da una arretrata economia agropastorale ad una moderna società industriale. Oggi, la tragedia nasce dal fatto che si chiude e basta, senza prospettiva, senza un progetto su cui battersi. Questa assenza di proposta è tragicamente manifesta in Cappellacci, ma lo era e lo è anche per Soru, che in consiglio regionale non sa andare oltre la banale sparata della richiesta di dimissioni. Quando c’è un disegno, non si chiedono dimissioni (e non si danno, come fece Soru il dicembre scorso), ci si batte perché il fine venga raggiunto e per farlo occorre più governo non vuoto di potere.
Quanto si và dicendo è reso manifesto dalla vacuità del governo esistente ma anche dalla mancanza di opposizione, che quando è efficace è anch’essa in qualche misura governo. Oggi, di fronte a questa grave crisi, al di là delle parole, vediamo ripetersi il giochino di una spartizione maggioranza/opposizione, in cui, non sapendo che fare, si stabilizzano un pò di precari (sempre giusto, ma non basta) e si orienta la spesa qua e là per dare ossigeno a variegati settori. Ma quale sarà il nostro futuro, il futuro di migliaia di lavoratori che stanno perdendo il loro lavoro, per cosa dovranno e dovremmo batterci non è dato intravedere. All’orizzonte non si vede nulla. Buio pesto. Le facce di Cappellacci di fronte al governo e di Soru davanti al giudice ne sono il risvolto tragicamente emblematico.

3 commenti

  • 1 Michele Podda
    21 Luglio 2009 - 07:50

    Caro direttore,
    fra rinvio e disastro, preferirei occuparmi, e soprattutto che ti occupassi, del secondo, benchè il primo sia subdola componente, e non soltanto sintomo, delle cause del disastro.

    Il presidenzialismo è stato ed è un errore madornale, specie se si pensa a quanto potrebbe essere fattibile e realizzabile in Sardegna quella democrazia partecipata di cui tanto si parla. Io penso ad una Regione dei Comuni, in cui l’esecutivo si confronti appunto con un Consiglio costituito da rappresentanti dei Comuni e dei territori.

    Sul disastro economico, non mi basta leggere la constatazione del “rigor mortis” dell’industria o dell’economia tout-court. Io credo che persone che hanno esperienza di consigliere regionale o di parlamentare nazionale o europeo, e qui ne bazzicano diversi, a mente fredda e fuori dalla mischia, siano in grado di PROPORRE soluzioni a BREVE e a LUNGA SCADENZA sul futuro dei Sardi. Non sarebbe il caso di avviare un serio e costruttivo-operativo dibattito sul FUTURO DELL’ECONOMIA IN SARDEGNA”? Coinvolgi esperti del settore e prova a tradurre, in termini accessibili a noi poveri lettori, idee e progetti sul tema.

    Gli attuali nocchieri si dibattono tra flutti insidiosi e manacano sicuramente di quella lucidità indispensabile per siffatto impegno.
    O sono GATTI LORO, che si grattino?

  • 2 Sergio Ravaioli
    21 Luglio 2009 - 16:26

    A Soru, e alla Sardegna, auguro che giustizia sia fatta.
    In tempi brevi.
    L’analisi di Pubusa la trovo eccellente, con la rara qualità della sintesi.
    Riguardo alla terapia che Michele Podda invoca (come tutti noi) è inutile bluffare. Ricette non ne ha in tasca nessuno.
    E raccomanderei di difidare dai semplificatori , tipo Bossi o Berlusconi quando erano all’opposizione: bastava far fuori Prodi e tutto si sarebbe risolto!
    Come oggi, dall’altra sponda, qualcuno propone di risolvere la crisi della Sardegna con le dimissioni di Cappellacci.
    Povera Sardegna!
    Vero che una giusta analisi non vuol dire soluzione del problema. Ma nessuna terapia efficace potrà mai essere tracciata senza una preliminare corretta diagnosi. Fermo restando che alcune malattie non conoscono terapie risolutive.
    I sistemi sociali però non muoiono: una volta ammalatisi se non guariscono regrediscono. Ed è esattamente ciò che in Italia sta accadendo da vent’anni a questa parte.
    Per vedere come sta messa l’Italia rispetto alle altre nazioni, invece di ascoltare le panzane del piazzista di turno, basta consultare qualsiasi sito di statistiche internazionali, ad esempio questo:
    http://www.indexmundi.com/
    o quest’altro:
    http://www.doingbusiness.org/
    Interessante osservare che nella home page di doingbusiness compare un link alla pagina “doing business in Veneto”.
    Quando qualcuno si darà da fare per inserire la pagina “doing business in Sardinia” ???

  • 3 andrea
    22 Luglio 2009 - 11:35

    Ma vediamo meglio, provando a non storpiare parole e senso altrui: “Lei ha fatto campagna elettorale con queste promesse. Le do un consiglio sommesso: se crede che questa sia la sua battaglia, si dimetta, perché lei è stato eletto con queste promesse, e inizi una trattative nelle settimane di raffreddamento. E vediamo se Berlusconi mantiene le promesse o se era tutto in inganno. E rimettiamo tutto in discussione. Io non sarò parte in causa”.
    Ravaioli, sono MOLTISSIMO d’accordo con lei: che la Sardegna abbia finalmente Giustizia.
    Gavino Sanna ha stravinto su Gavino Sanna, ma trattasi di onesto lavoratore stipendiato, artista insomma, pur di indole e anima bambineschi. Più preoccupante il tono saccentemente arrogante di alcuni adulti, che non vogliono o non possono vedere, par lieti di nascordersi all’ombra della loro ombra: comodo rifugio, adatto alle tenebre del tempo in cui si vive, anche se rende ciechi.

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