Andrea Pubusa
Quando la flotta di Truguet si affacciò sul Golfo di Cagliari non ebbe la festosa accoglienza della popolazione di Carloforte, dove i francesi, guidati dal noto rivoluzionario Filippo Buonarotti, fondarono la prima repubblica comunista d’Europa. Fu piantato l’albero della libertà e approvata la nuova Costituzione. No i cagliaritani non aprirono le porte, ma si unirono e risposero al fuoco. I francesi, sorpresi e impreparati, finirono per spararsi a vicenda nel litorale di Quartu e, vista la malaparata, pensarono di tornarsene in Francia. Il vicerè presentò al re quei fatti come merito suo, mentre i sardi si aspettavano dal sovrano un ringraziamento e delle concessioni. Fu così che gli stamenti si accordarono su alcune rivendicazioni (dette poi 5 domande), che riassumevano le richieste dei ceti dominanti nell’isola. I barones chiedevano la conferms dei feudi, l’alto clero le loro prebende. C’era solo un novità: il nuovo ceto professionale sardo pretendeva un riconoscimento negli uffici del Regnum fino ad allora appanaggio dei piemontesi. Le 5 domande furono trasmesse al re e fu inviata una delegazione a Torino per trattare, ma sua maestà non voleva trattare e, con la scusa dei suoi impegni militari, fece attendere i delegati sardi, che, per le loro divisioni, non ottennero risultati. Si erano manifestati i diversi interessi delle forze in campo. Ai baroni premeva mantenere il feudalesimo, ai prinzipales, ossia alle grandi famiglie di proprietari terrieri sopprimerlo, mentre i “novatori” si dividevano fra chi voleva riportare le prestazioni feudali alle originarie concessioni e chi voleva eliminare i feudi seppure dietro giusto riscatto da parte delle comunità. La situazione era dunque esplosiva e bastava poco a dar fuoco polveri. In questo clima maturò lo “scommiato” dei piemontesi, vicerè compreso, il 28 aprile del 1794, 230 anni a domani.
1 commento
1 Aladin
27 Aprile 2024 - 07:33
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