Gianluca Scroccu
I massimi dirigenti del PD hanno paura di Beppe Grillo. Il loro partito è così liquido o meglio liquefatto che anche una comico iscritto dell’ultim’ora diviene un pericoloso competitor e può addirittura divenirne segretario. Ecco allora il fuoco di sbarramento. Non c’é posto per Beppe Grillo nel Partito Democratico e tanto meno nella corsa congressuale. Il Pd fa muro, con una ruvidezza insolita, di fronte al comico genovese: con le armi delle regole gli blocca il tentativo di iscrizione, primo passo per partecipare al congresso; con quelle della politica gli alza un muro sul refrain che “il Pd non è un tram, ma una cosa seria”.
Gli unici a schierarsi a suo sostegno sono gli outsider Mario Adinolfi e Ignazio Marino, che d’altra parte, come il comico genovese, fanno degli attacchi alla nomenklatura un ingrediente delle loro candidature.
Dopo l’annuncio della discesa in campo, in tarda mattinata Grillo si presenta al circolo del Pd di Arzachena, dove è in vacanza. Determinato a non farsi frenare dalle regole, chiede la tessera del Pd. Incontra però gravi ostacoli. Si è già eccepita l’invalidità dell’iscrizione in Sardegna poichè risiede altrove. Troverà qualche circolo disposto ad iscriverlo? Vedremo. Frattanto un quesito si diffonde nell’area democratica: la candidatura Grillo è una farsa o è una cosa seria? Ce ne parla Gianluca Scroccu nella riflessione che segue.
Beppe Grillo ha annunciato la sua candidatura alla segreteria del PD: è uno scandalo? Una farsa? La notizia, in sé, poteva essere prevedibile. Sul regolamento assurdo alla base della scelta del segretario del maggior partito di opposizione, legato a logiche evidentemente plebiscitarie, nei giorni scorsi si erano spesi in dure critiche personalità come D’Alema o Follini, solo per fare due nomi. Del resto come non concordare nelle critiche ad un soggetto politico che elegge il suo leader attraverso primarie in cui possono votare tutti, anche i non iscritti? Negli stessi Stati Uniti il candidato alla carica di presidente o governatore viene eletto attraverso questo sistema (non applicato, peraltro, in tutti gli stati) mentre le cariche interne sono determinate dagli iscritti proprio perché diverse sono le responsabilità istituzionali da quelle di partito. Soltanto l’assurda volontà di essere scelto come candidato premier da Walter Veltroni (in verità con l’avallo anche di chi oggi lo critica) permise, nel 2007, questa assurda pratica assente in qualsiasi altra esperienza politica.
È in questo scenario che Grillo decide di candidarsi. Lo può fare, però, sulla base di un consenso costruito nel web e sul territorio attraverso la discussione su temi politici di stringente attualità. Con metodi e stili suoi, certamente antipolitici, ma che, e qui sta il punto, hanno stimolato riflessioni e conoscenze da parte di cittadini su temi come le battaglie contro il nucleare, o quella a favore dell’acqua pubblica, della mobilità ecocompatibile, del wifi gratuito, sino all’impegno per la trasparenza nel sistema finanziario emersa già in occasione dello scandalo Parmalat o Telecom. Temi centrali della politica mondiale, a prescindere dai suoi “Vaffa” o dalla sua scurrilità di comico. Una classe politica seria avrebbe approfittato di questi “suggerimenti” del comico genovese e li avrebbe resi parte integrante del proprio progetto politico, costringendo Grillo a tornare alla sua professione. Ma così non è stato, anche se Prodi tentò un approccio. E questo nonostante sul blog dell’attore scrivessero personaggi del calibro del Nobel Stiglitz o di Jeremy Rifkin. Insomma, in quella piazza virtuale il comico, ma anche cittadino, Grillo ha posto argomenti importanti, toccando punti centrali della crisi delle democrazie contemporanee. E li ha fatti conoscere a migliaia di persone: ha esercitato, cioè, una funzione civica che i partiti di oggi non esercitano più. L’ha fatto a modo suo, spesso travalicando i toni (uno sbaglio incredibile, anche sul piano comunicativo, lo fece durante un suo intervento alla trasmissione Exit di La7 condotta da Ilaria D’Amico, dove fece un monologo urlato sparando nel mucchio ed evitando così di fare in sponda su temi come quello della mancata trasparenza della politica bancaria con galantuomini come Bruno Tabacci, presente in studio).
Insomma, la vicenda della candidatura Grillo è la perfetta cartina di tornasole del Partito Democratico, il soggetto politico che doveva essere l’elemento chiave della stabilità del governo dell’Unione e che doveva segnare la vera novità visto che Ds e Margherita avevano raggiunto il loro massimo numero di consensi. Due elementi andati in frantumi in meno di due anni: nel primo caso, il padre spirituale del progetto, Romano Prodi, ha esplicitamente detto che la decisione di Veltroni di mettere fine all’Unione e di proporsi premier per una “nuova stagione” (titolo del suo “storico”, ma solo per lui, discorso del Lingotto, addirittura pubblicato in un volume da Rizzoli) ha determinato, al netto delle decisione dei Mastella e dei Dini di turno, la caduta del suo governo; nel secondo, il risultato delle ultime europee ha attestato la crescita dell’astensione e portato il Partito Democratico, nonostante le soglie di sbarramento, su numeri inferiori a quelli ottenuti da DS e Margherita prima del 2007, tali da renderlo, per usare le parole di Ilvo Diamanti, un partito “senza volto e senza parole”.
Un partito (ma il discorso vale anche per i soggetti alla sua sinistra) che si è nutrito di leadership mediatiche sin dalla sua nascita, decise magari dal quotidiano “La Repubblica” (che oggi guida l’assalto sugli scandali sessuali del premier, dettando per l’ennesima volta la linea dell’opposizione), non dovrebbe meravigliarsi della candidatura di Grillo. Da Veltroni (cosa dire della sua recente passeggiata con Clooney all’Aquila?), a Soru, da Renzi alla Serracchiani abbiamo avuto un continuo ripetersi di leadership costruite non sulla base di un progetto di società portato avanti con coerenza da un partito strutturato, ma solo dalle logiche mediatiche della personalizzazione e del presidenzialismo. Un piano, questo, dove Silvio Berlusconi non ha rivali perché è lui il maestro della trasformazione della politica in marketing pubblicitario, dove un politico si sceglie in base agli stessi criteri che ci guidano nei nostri acquisti. È il cittadino consumatore, di cui ha parlato Massimo Luigi Salvadori nel suo ultimo volume edito da Laterza “Democrazie senza democrazia”: atomizzato, incapace di elaborare scelte autonome se non quelle che gli sono suggerite dai media o da personaggi mediatici. Ecco, in un progetto costruito in questa maniera, dove possono convivere Ignazio Marino e la Binetti, può starci anche la candidatura di Grillo. Uno scandalo, certo: ma era stata meno scandalosa la decisione di candidare alle politiche del 2008 un imprenditore come Massimo Calearo, che certo non è un redivivo Adriano Olivetti ma un superfalco ostile ai sindacati e che aveva, non a caso, la suoneria di Forza Italia nel cellulare?
11 commenti
1 Giulio C.
14 Luglio 2009 - 15:08
Condivido. Anche se su Grillo sarei più duro. La politica è una questione di metodo e di contenuto.
Le sue posizioni possono sì avere il consenso di una borghesia intellettuale e radicale, sempre debole in Italia, credo difficile che possano andare oltre. Ed è un diseducatore, come rileva Diamanti nella sua risposta a Vassallo. Le sue battaglie e quelle di Di Pietro non colpiscono solo il PD ma la sinistra in gen.le come le ultime elezioni hanno dimostrato.
E’ la politica blog, dove uno straparla e gli altri scrivono sotto. Ma nessuno legge e men che meno si apre una dialettica tra opposti. E’ il mondo che sto vedendo nelle prime riunioni dei circoli del PD ricostituiti, dove l’individuo è chiuso nella monade leibniziana dei propri interessi (anche alti per carità), ed è capace di esprimere solo rabbia senza ascoltare quello che gli altri dicono. Una specie di Torre di Babele all’ennesima potenza. Può nascere un partito così?
Ma la colpa qui non è (solo) del PD. E’ la società descritta da Salvadori che è così.
Toglierei Renzi, che mi sembra da bel figlio della Dc, e la sua bella organizzazione non gli manca. Mi ricorda qualche consigliere regionale sardo.
Lo sostituerei con la Barracciu.
Aggiungo che Berlusconi e le destre non hanno bisogno di trasformare il cittadino, gli basta anestetizzarlo. Alle sinistre spetta il compito di “riformarlo”, e per far questo ci vogliono degli strumenti molto complicati, perchè presuppongono la scelta, la partecipazione e l’autocoscienza degli individui. Il partito ma non solo. Il caos che passano i sindacati in generali è la cartina di tornasole. Per non parlare del mondo cooperativo.
Un saluto
2 francesco cocco
14 Luglio 2009 - 18:29
In questo gran-circo della politica italiana in cui possono convivere Ignazio Marino e la Binetti - come osserva acutamente Gianluca- tutto è possibile e lecito. Non voglio discutere sulla validità della linea politica del PD (ci sono in questo partito troppe contraddizioni su cui esprimo un assoluto dissenso), ma esistono forme di rispetto politico che dovrebbero suggerire la critica ma anche mporre la non-interferenza nella vita di una comunità politica (un parttito) dalle cui posizioni si è sostanzialmente distanti. Ed è questo il caso di Grillo rispetto al PD. In concreto il candidarsi al ruolo di segretario generale non appare un atto politico ma semplicemente un gesto goliardico. Ed oggi nella vita politica abbiamo bisogno di serietà, non certo di gesti goliardici! Naturalmente l’auspicio che venga evitata la goliardia è cosa che non riguarda solo Grillo ma più complessivamente i tanti dirigenti politici improvvisati che hanno perduto il senso elementare della serietà che comporta la vita politica ed istituzionale..
3 Carlo Sanna
14 Luglio 2009 - 19:41
La politica deve trattare dei reali problemi di tutti, viceversa i nostri rappresentatnti sono gli stessi che c’erano vent’anni fà, ancorati oggi come allora a logiche di convenienza e lontani anni luce anche solo dal porsi un problema reale, figuriamoci una soluzione.
Grillo è sensibile a problematiche vive ed essenziali per una vita CIVILE e di sicuro avrebbe più idee e verve di qualsiasi esponente che il PD possa offrire.
NO ai politici di mestiere.
4 andrea raggio
14 Luglio 2009 - 19:55
Sottoscrivo il giudizio di Francesco Cocco
5 Gianluca Scroccu
14 Luglio 2009 - 21:10
Grazie a Giulio, Francesco e Andrea per i commenti. Ribadisco che se il primo segretario del partito si reca come “stampella” di un attore pur bravo come Clooney durante un evento politico mondiale non ci si deve stupire che poi un comico si candidi alla segreteria.
6 paolo erasmo
14 Luglio 2009 - 21:54
Credo che sia più credibile la candidatura di Grillo, che le tante parole dei vari esponenti del Pd ripetute a memoria nei vari comizi, se tali esponenti sono pronti a sbarrare il passo al “comico” che pone questioini concrete che sono scomparse da troppo dall’agenda dei politici di professione che compaiono sulla scena politica da ormai molti lustri ben venga la candidadura di Grillo poi saranno gli ellettori dire chi è più credibile
7 Massimo Marini
14 Luglio 2009 - 23:25
“Ma mi si nota di più se vengo, o se non vengo?”
Beppe Grillo, come dici giustamente nel tuo intervento Gianluca, ha contribuito a suo modo, da guitto colto direi, a risvegliare un po’ di senso critico in questo Paese in parte lobotomizzato dalla TV e da “Italia Uno!”, e in parte allucinato da miti morti e sepolti fati di falce e martello e di radical chiccherie lontane mille miglia dalla realtà. Ed è stata una grave colpa dei Partiti, specie di area progressista e di sinistra, non aver colto e fatto proprie alcune denuncie e alcune battaglie promosse dal comico genovese. Ma dov’è la coerenza e la credibilità che Grillo stesso chiede ai politici italiani, se si sbraita di PDmenoelle e poi ci si candida a diventarne segretario? Perché non si è candidato alla Segreteria del PDL al recente Congresso? Perché non si candida alla Segreteria dell’IDV, suo Partito di riferimento, checché ne dica lui stesso? Perché non si concentra, con molta più credibilità e coerenza, come stanno facendo quotidianamente tutti i “grillini” con i meet-up, sulla politica della politca dal basso con le liste civiche? Perché questo improvviso atto di protagonismo da divo in decadenza? Appunto: “Ma mi si nota di più se vengo, o se non vengo?”.
8 Gianluca Scroccu
15 Luglio 2009 - 00:02
Massimo le tue domande sono tutte giuste ma io ne aggiungo altre due: perchè in un partito dove si possono candidare un Calearo e Nerozzi, piuttosto che Marino o la Binetti, ovvero gente che non condivide nulla delle idee dell’altro, a parte il rispetto personale (ma che partito coeso è uno dove la senatrice Binetti può affermare che se vince Marino lascia tutto seduta stante?) non può candidarsi uno come Grillo che ne ha parlato malissimo? E perchè alle primarie possono votare anche persone non iscritte, che magari non credono nel progetto o addirittura sono di destra come nel noto caso sardo?
9 Massimo Marini
15 Luglio 2009 - 00:17
Si, ovvio. Si è fatto anche di peggio, tipo riabilitare Craxi, che non sarà il male assoluto, ma con quelli che dovrebbero essere in un certo senso gli eredi di Berlinguer proprio non suona bene. (P.S.: mi scuso per la “dislessia” del mio precedente intervento, ma la fretta e la brutta abitudine di non rileggere…)
10 Giulio Lobina
15 Luglio 2009 - 00:20
Ciò che diverte in molti Vostri commenti è leggere che “un comico” non può fare politica. Ma perchè, davvero pensate che invece un “medico” la farebbe meglio? Bisogna cercare di comprendere che la FARE POLITICA significa davvero farsi sentire, parlare con la gente, provare a capirne le esigenze, ascoltarne i problemi. Grillo non è solo “un Comico”. E’ un cittadino impegnato, un grande oratore e un uomo che dice le cose come stanno. La vera comicità è nella politica della strumentalizzazione, o in quella vecchia di chi oramai fa il politico solo perchè NON SA FARE ALTRO. Oggi più che mai c’è bisogno di parlare con le persone, di informare, di ritrovarsi cittadini tra cittadini. Basta con questi verticismi da “so tutto io” di chi si impone a Segretario di Partito o ancora di un partito che tutto è fuorchè unito. Il PD, che piaccia o no al centro sinistra, non ha le idee chiare. E’ un serpente che si morde la coda. Chiudere le porte a Grillo vuol dire mozzarsi la testa…e la paura c’è perchè GRILLO vincerebbe, anzi stravincerebbe le elezioni e sarebbe il nuovo Segretario del PD, con idee nuove, con metodi nuovi…magari migliori. E’ una possibilità in più verso il rinnovamento che tanto aspetta tutto il centro sinistra. E poi, la verità è che ci si dovrebbe spaventare ad avere un CORRUTTORE PLURINDAGATO e PLURIPRESCRITTO a capo del Governo, non ad aver Grillo quale possibile guida del PD.
Il mondo è davvero sottosopra. Bisogna svegliarsi e bisogna svegliare la gente!
11 Efis Pilleri
15 Luglio 2009 - 18:13
Il PD dovrebbe decidere se vuol essere un “Partito” oppure un “Partito, ma anche…” Nella prima ipotesi il PD dovrebbe dire, oltre ciò che si propone di “essere”, cosa si propone di “fare”. E dovrebbe dirlo con chiarezza e semplicità ognuno dei candidati alla Segreteria dicendo anche in che cosa il suo progetto si differenzia da quello degli altri.
Mi pare inoltre che Grillo non si trovi in condizione d’incompatibilità rispetto a quanto previsto dallo Statuto del PD. La sua iscrizione verrebbe quindi rifiutata per ragioni di merito, principio pericolosissimo perchè dimostrerebbe che lo Statuto non garantisce tutti gli iscritti nello stesso modo. Inoltre Grillo ha un programma semplice, chiaro e conosciuto. Un programma che può essere chiaramente considerato di sinistra e totalmente alternativo al berlusconismo.
Io mi ritengo una persona seria e così come, a differenza di altri che conosco, non sono andato a suo tempo a votare per Cabras in odio a Soru in quanto non mi considero un elettore, neppure potenziale, di questo PD, non andrei a votare per Franceschini, Bersani o Marino, che neppure so chi sia e cosa si propone. Potrei onestamente prendere in considerazione l’idea di votare per l’elezione del Segretario del PD soltanto se fosse candidato Beppe Grillo in quanto, a prescindere dalle sue tecniche di comunicazione, condivido i punti programmatici che propone.
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