Lucia Chessa - Rossomori - sulle elezioni regionali in Sardegna

5 Gennaio 2024
2 Commenti


Lucia Chessa - Rossomori

Pubblichiamo volentieri questo intervento di Lucia Chessa, segrataria nazionale dei Rossomori, perché, nel corso di questa fase preparatoria delle elezioni regionali, è un positivo esempio di coerenza e di schiena dritta.

Essere minoranze non è mai stato facile, ma ci sono periodi in cui è anche più difficile.
Più degenerano le democrazie, più è difficile essere minoranze, e che il segno di questo tempo sia la crisi dei modelli democratici, questo è, purtroppo, un fatto.
Lascia stupiti la degenerazione in atto: per la sua velocità, per la sua generalità, per la complessità dei fattori che vi concorrono.
Eccone alcuni:
Leggi elettorali antidemocratiche nazionali e regionali.

Abolizione delle elezioni, vedi il caso delle province: esistenti, attive, previste in costituzione, ma in mano a commissari, spartiti tra i partiti, che amministrano risorse pubbliche senza alcun mandato popolare da più di 10 anni.

Informazione palesemente controllata. Non imbavagliata, che presupporrebbe una volontà, una tensione alla informazione libera e contemporaneamente un contrasto a tale tensione. No! Proprio una informazione pacificamente controllata da gruppi economico politici.

Disallineamento tra le istituzioni, cosiddette rappresentative, e la vita reale delle persone con i loro bisogni e i loro diritti negati. Disallineamento che si esprime con livelli di astensionismo incompatibili con una democrazia funzionante.

Uno stato di bisogno generalizzato, di persone e di territori, che spinge alla ricerca di risposte individuali e non collettive, spesso attraverso percorsi “irregolari”, e perdendo di vista il fatto che il piccolo vantaggio individuale è niente rispetto al danno generalizzato di pratiche di illegalità diffusa, neanche più percepite come tali.

Un abbassamento generale del livello etico della politica dove l’incoerenza, il posizionamento tattico-opportunistico, il trasformismo sono visti non come disvalori e come comportamenti deprecabili, ma come un saper fare, un saper stare al mondo, una competenza, una balentìa.

Il risultato di questo complesso di fattori genera una democrazia teatrale dove le parti, scollegate dalle istanze reali che dovrebbero rappresentare di un mondo morente, vicino ad una catastrofe climatica, vicino ad una catastrofe bellica, vicino ad una catastrofe sociale di povertà e disuguaglianza, recitano un copione.
Una volta di maggioranza una volta di opposizione. E a seconda del ruolo che di volta in volta interpretano, con facilità assoluta, cambiano il linguaggio, il lessico, i temi.
La trasformazione e l’incoerenza, la possibilità di collocarsi indifferentemente ed in continuità, in un ruolo o nell’altro, in una parte o nell’altra del teatro, non è percepita come problematica.
Anzi, farlo notare risulta scandaloso, provocatorio, meritevole di scomunica.
Ed è così che un soggetto politico che da tempo si alterna al governo della regione con un altro oggi al potere, può improvvisamente, nel giro di 3 mesi, scindersi in due parti, farle diventare l’una l’opposizione dell’altra e rivendicare una totale reciproca diversità. Una pretesa diversità nuova di zecca, che racconta sé stessa come l’alternativa tanto attesa, come la possibilità provvidenziale che cambierà il corso della storia, come l’ultima salvifica opportunità.
L’operazione è oscura, repentina, costruita attorno ad un leader enigmatico che non conosce linearità, amato, odiato ed istintivo, che con la sua presenza occulta molto bene gli artefici e i compartecipi che stanno nell’ombra, molti dei quali abbastanza impresentabili, cancellandone magicamente storia e responsabilità.
Lui si rivolge a tutti, non parla mai del perimetro della sua coalizione, si “rivolge ai sardi”, a chiunque.
Grottescamente pone solo un limite a quanto pare, e cioè noi Rossomori rei di avergli posto domande pubbliche, chiare e non concordate ed addomesticate, ma questa è una vicenda minima, marginalissima nell’insieme della storia.
La parola magica su cui si fonda tutta l’operazione, o meglio, la sua narrazione, è una sola, banale, adatta ad un elettorato ingenuo, distratto, o semplicemente così disperato da farsi affascinare ed accontentare di così poco: “Le Primarie”.
Primarie negate da chi è stato eletto con le primarie. Primarie richieste da chi è stato diverse volte candidato senza primarie. Primarie negate dal movimento della democrazia diretta. Primarie già previste nella legge elettorale sarda e che invano hanno attesa per 10 anni una veloce leggina di attuazione che nessuno, in tutto questo tempo, Soru compreso, ha mai presentato. Fino ad oggi, con l’iniziativa dei Progressisti, fuori tempo massimo, a 3 mesi dalle elezioni e con la certezza che non arriverà alla discussione.
Siamo al grottesco delle regole elastiche. Disattese e ogni tanto richiamate per supportare una convenienza di parte. Che è proprio il contrario dell’idea di “regola” che per definizione è sempre, e per tutti, valida
La verità è che è in atto un delirio nella politica sarda, e gli attori sono sempre gli stessi: un centrodestra uscente, impresentabile sia per ciò che ha fatto e sia per ciò che non ha saputo fare; un centrosinistra che vergognandosi di sé stesso cambia nome e si autodefinisce Campo Largo; un PD, con i suoi diversi attori, che palesa ancora una volta di essere la piovra che tutto ingloba e tutto digerisce. Nel momento in cui qualcosa di diverso prova a nascere al suo esterno, di piccolo o di grande, il PD sgancia un suo pezzo e occupa lo spazio che correva il rischio di riempirsi d’altro.
Non c’è niente di nuovo oggi in Sardegna. C’è sempre quella oligarchia trasversale di poteri, di destra e di sinistra, che ha occupato le istituzioni dotandosi di strumenti normativi, in primo luogo la legge elettorale votata a suo tempo anche da Renato Soru, che sopprimono ogni pensiero, ogni modello, ogni soggetto diverso.
C’è sempre quella raccolta di personaggi coinvolti se non collusi in mille modi nel disastro che travolge la Sardegna, una raccolta indifferenziata di gruppi e soggetti che si vanno posizionando come in una partita a scacchi: chi perché vede una locomotiva e si vuole far trainare, chi perché crede sia l’occasione per entrare e modificare qualcosa, chi perché si fa affascinare da un lessico autonomista e di contesa con lo stato, chi perché teme l’isolamento e la marginalizzazione, chi perché crede di avere qualcosa di personale da guadagnare, chi perché lascia agire l’istinto di sopravvivenza e sa che con questa legge elettorale, che sta alla democrazia “come il gatto sta alla tigre”, o ti trasformi in portatore d’acqua o sei morto.
Ma questo è un mercato che non si può accettare. Non aderiremo a nessuna delle coalizioni oggi in campo. Stiamo invece continuando, sia pure tra mille difficoltà, a costruire una lista autonoma per affermare che, nonostante tutto, esiste un pensiero diverso. Non allineato, onesto, generoso e teso esclusivamente al bene comune.

Ci chiamiamo Sardegna R-esiste.

Se ci riusciremo sarà un grande risultato.
Se non ci riusciremo rimarrà la grande amarezza di non essere riusciti a presentare ai sardi una lista, anche sicuramente relegata ad una condizione di minorità viste le quote di sbarramento della vergognosa legge elettorale, ma realmente alternativa. Generosa, ad alto contenuto ideale, che dimostri che esiste un modello diverso rispetto a quello che alternativamente ha devastato la Sardegna e che spudoratamente si propone anche come portatore di salvezze nuove, di soluzioni inedite e fantastiche, che riempiono il dibattito il giorno prima delle elezioni e svaniscono il giorno dopo e che, per esistere, devono cancellare memoria anche recente: di fatti, di scelte, di responsabilità.
Continuiamo a provarci nonostante il canto delle sirene sia stato così affascinante per coloro che sembravano convinti come noi che si dovesse uscire dalla carenza delle proposte esistenti.
Le difficoltà della Sardegna sono immense. Pretendere di dire che sono figlie di nessuno è una beffa intollerabile. Credere ancora che chi ha fatto il danno possa anche porvi rimedio è di una ingenuità devastante.

2 commenti

  • 1 Aladin
    5 Gennaio 2024 - 08:53

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=150847

  • 2 Franco Meloni
    5 Gennaio 2024 - 09:43

    Scrive Lucia Chessa un articolo che mi permetto condividere quasi in toto. Salvo il periodo conclusivo: “…questo è un mercato che non si può accettare. Non aderiremo a nessuna delle coalizioni oggi in campo. Stiamo invece continuando, sia pure tra mille difficoltà, a costruire una lista autonoma per affermare che, nonostante tutto, esiste un pensiero diverso. Non allineato, onesto, generoso e teso esclusivamente al bene comune.
    Ci chiamiamo Sardegna R-esiste.
    Se ci riusciremo sarà un grande risultato”. E rifletto la coalizione di centro sinistra secondo me non avrebbe difficoltà alcuna ad ammettere nel suo ambito la Lista promossa dai Rossomori “Sardegna R-esiste“. Senza che la medesima debba cambiare un rigo del suo programma alternativo. Questa è oggi (ma non solo oggi) il cinismo della politica. Chi sceglie strade alternative dovrebbe imbracciare le armi o, all’opposto, praticare la nobiltà del metodo della non violenza di Gandhi e Capitini. Due grandi a cui occorre comunque riferirsi, anche riconoscendo qualche “compromesso attuativo”. Così penso anche in compagnia di amici/compagni cattolici senz’altro più radicali di molti di sinistra e che comunque hanno deciso di impegnarsi nelle liste della coalizione del centro sinistra. Non tutti quelli che vanno con gli zoppi (con tutto il rispetto per quanti hanno tale menomazione) imparano a zoppicare. Assolvetemi per l’uso dello straconosciuto proverbio. Lucia e compagni facciamo ovviamente ciò che credono giusto e opportuno, Godranno sempre della mia simpatia

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