Note sulla guerra a Gaza. Ci vuole la pace

24 Dicembre 2023
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Biagio Di Grazia

In questi giorni natalizi non possiamo pensare che ad una cosa sola: la pace. Cessare il fuoco in Ucraina, cessare il fuoco a Gaza per porre fine al massacro e alle devastazioni. L’Ucraina non può vincere la guerra contro la Russia, Israele non può avere sicurezza e tranquillità senza riconoscere la statualità al popolo palestinese. Battiamoci dunque ancora per la pace giusta. Opponiamoci alla produzkone e all invio di armi

Ecco ora su Gaza un post del gen. Biagio Di grazia dell’ANPi.

Dopo le dichiarazioni del Presidente Biden secondo cui occorre sospendere  entro due/tre settimane  i “bombardamenti indiscriminati” contro la Striscia di Gaza,   che hanno causato tra  Israele  e USA una spaccatura che sembrava irrimediabile, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale americano, Jake Sullivan e  James Austin, Segretario alla Difesa,  hanno  fornito l’interpretazione autentica di cosa intendeva il Presidente: l’Amministrazione  americana chiede di porre fine alla campagna  su “larga scala” terrestre e aerea e iniziare una fase di transizione  verso una campagna orientata a  obiettivi  che preservino la vita dei cittadini di Gaza, pur continuando  la lotta contro Hamas.
Mr Sullivan, che ha già visitato Tel Aviv e parlato con il Primo Ministro Benjamin Netanyahu,   ha precisato che ciò comporterà  il coinvolgimento di  gruppi ridotti di Forze Speciali   che entrino ed escano dai centri abitati della Striscia  per condurre azioni di annientamento di miliziani,  salvataggio ostaggi e distruzione di tunnel residui. Queste precisazioni hanno calmato le acque solo in parte dato che Yoav Gallant, Ministro della Difesa d’Israele, ha  parzialmente smentito, dichiarando  sia prima che dopo l’incontro, che la campagna contro Hamas avrebbe visto la fine solo con l’eliminazione di tutti i miliziani di Hamas e quindi  sarebbe durata  mesi e non settimane. Occorrerà verificare cosa emergerà dal  colloquio che avverrà a breve tra Austin e Netanyahu.
Sulla base di tutto ciò è facile immaginare cosa potrà accadere in un prossimo futuro, se non intervenisse,  in tempi brevissimi,   la sospensione delle attività,  un “cessate il fuoco” e un intervento dell’ONU nella Striscia e in Cisgiordania.
L’obiettivo di Israele dovrebbe quindi  essere quello di pervenire entro due/tre settimane ad un controllo effettivo, anche se  non capillare,  di tutta la Striscia e alla distruzione di un congruo numero di miliziani  di Hamas; si tratterebbe di una occupazione territoriale che  impegnerebbe  un numero inferiore di soldati dell’Esercito regolare,  compensati da Forze Speciali e polizia,  che  assumeranno il controllo della Striscia.
Le missioni aeree (e quelle delle forze speciali)  non si fermerebbero ma diverrebbero “chirurgiche” nel senso che sarà colpito chi o cosa si intende veramente colpire, riducendo al minimo gli effetti di “danno   collaterale”, a garanzia della  popolazione palestinese; l’espulsione dei  palestinesi  dovrebbe cessare. Il confine con l’Egitto sarà “sollevato” dal carico di rifugiati e i palestinesi potranno tornare a Nord, anche se pochi di loro troveranno le case che hanno abbandonato forzatamente.
Le tre settimane di intensa attività dovranno anche servire a  tacitare le formazioni Hezbollah nel Libano Meridionale dove potrebbe trovare corpo una soluzione di “cuscinetto” che garantisca sicurezza immeditata ai kibbutz israeliani di frontiera, anche se non li proteggerebbe dai lanci  di razzi; una offensiva  israeliana che penetri a fondo entro il libano sarebbe esclusa in quanto potrebbe stimolare  l’Iran a  intervenire a protezione  diretta dei confratelli  Hezbollah,   oltre che rendere vani tutti gli sforzi per attenuare la crisi palestinese nella Striscia e in Cisgiordania.
Quanto a quest’ultima,  la questione fondamentale   sarà quella di interrompere  con la forza le azioni dei coloni  israeliani contro i palestinesi; il che comporterà il loro  “disarmo”. Non sarà compito facile e l’obiettivo per gli Israeliani  sarà quello di convincere la propria opinione pubblica  sulla necessità dell’azione  contro i coloni; in tale  situazione  il tema dei “due Popoli in due Stati” potrebbe essere rivisitato, ma da una posizione di forza da parte di Israele.
Ma a quel punto,  l’ONU potrebbe ancora avere una voce e proporre soluzioni?

Con riferimento alle operazioni  di combattimento  nel territorio.
Le Forze IDF stanno allargando e penetrando sempre più  a sud della striscia  anche se le aree già occupate  riservano  sorprese impensabili; tale è il caso della scoperta di un tunnel  nelle adiacenze del valico di Erez, al confine della  Striscia con Israele,  della lunghezza di quattro chilometri,  che dispone di una ampiezza tale da lasciar transitare   veicoli.
Intensa attività di combattimento  continua nel nord della Striscia  nelle  adiacenze di Shujaiya,   Jabalia  e Sheikh Radwan,  dove sono  numerose le scoperte di depositi munizioni, verosimilmente utilizzate nella prima fase della offensiva di Hamas entro il territorio israeliano.
Mentre le autorità israeliane  continuano ad investigare  circa l’incidente che ha causato la morte di tre ostaggi da parte delle truppe IDF, rappresentanti di Hamas  diramano notizie che incolpano  le forze armate d’Israele  di aver ucciso con i loro bombardamenti un numero imprecisato di ostaggi.
La penetrazione a sud rimane costante   e sempre più  frequenti sono gli scontri con le brigate al Qassem e   al Quds,   che ostacolano la spinta IDF e continuano a lanciare  razzi entro il territorio di Israele.
Serrati combattimenti sono in corso  nell’area di Khan Younis, dove miliziani cercano di impedire ulteriori avanzamenti dell’IDF.
Con riferimento alla Cisgiordania si rilevano numerosi  scontri con formazioni palestinesi non identificate,    nelle aree di Tulkarm, Nablus, Jenin e Hebron; per  prima volta  sono stati utilizzati anche droni  appartenenti alla Forza Armata aerea israeliana. La possibilità che anche nella West Bank siano presenti formazioni di Hamas  è ormai una certezza, che avrà seguiti. Bisognerà accertare se siano miliziani fuorusciti dalla Striscia oppure “nuovi affiliati” reclutati e addestrati localmente.
Al confine con il Libano, si registrano scontri terrestri con  Hezbollah nell’area di Honin,  mentre le forze  aeree israeliane hanno attaccato basi logistiche  entro il territorio libanese.
Nell’area del Mar Rosso,  i guerriglieri Houti continuano nell’azione contro navigli commerciali di molte nazioni allo scopo di impedire  il traffico  verso Israele. Molte società hanno  dichiarato di non voler più utilizzare tali rotte esposte.
Miliziani della “Resistenza Islamica”, che agisce al confine con Siria e Iraq,  hanno reclamato responsabilità di  tre attacchi contro le Forze USA dislocate nell’area.

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