Andrea Pubusa
Continuiamo il dialogo, iniziato l’altro lunedì, con Umberto Allegretti su democrazia e Costituzione. Le volte scorse abbiamo visto l’impatto formale della Costituzione sui nodi storici della società italiana e il suo ’impatto materiale”; oggi parliamo dell’attacco in atto alla Costituzione e della sua capacità di resistenza. Ma diamo la parola a Umberto Allegretti
D. Cos’è successo dagli anni ’80 in poi? C’è stata una inversione di tendenza sul piano costituzionale? C’è negli ultimi decenni una vera crisi della Costituzione?
R. Parzialmente diversa è la storia degli ultimi venti anni. In essi, preannunciata dalle difficoltà e dal disagio degli anni ottanta, si verifica una crisi più vasta e più prolungata di tutte quelle del periodo precedente, che investe non solo la vita politica ma l’intera vita economica, sociale e culturale del Paese e non accenna a risolversi. In seno ad essa, si delinea quella che viene fortemente sentita da molti come una diretta crisi della Costituzione.
D. Ma quali sono le cause di questa crisi?
R. L’elemento più generale, di natura oggettiva, è dato dal mutare del contesto internazionale nel quale l’ordine costituzionale era fino ad allora vissuto. L’imporsi e la continua accelerazione della globalizzazione, la densità non solo economica ma politica, bellica e culturale di questa, il cambiamento degli scenari di potenza, il progredire dell’integrazione europea sono causa di inedite tensioni. Il nuovo contesto penetra fortemente il Paese, inducendo il passaggio dai modelli keynesiani e statalisti a modelli neoliberali, interpretati oltretutto in modo accentuatamente privatistico secondo la nostra tradizione, ponendo la sfida di numerose guerre e di interventi militari all’estero, sempre di più proponendo incontri problematici tra civiltà e culture diverse.
D. Ma la nostra Costituzione non aveva già considerato questi sviluppi vol prevedere limitazioni alla sovranità dello Stato in favore delle organizzazioni internazionali?
R. Certamente, la clausola di apertura internazionale dell’art. 11, unitamente al recupero di elasticità delle norme costituzionali sull’economia, consente di reggere alla spinta dei nuovi orientamenti rimanendo per l’insieme, pur tra notevoli problematicità, nell’alveo della Costituzione. Da questo punto di vista, la validità della Costituzione sembra riconosciuta, a somiglianza di quanto accaduto nelle vicende del quarantennio precedente.
D. E’ però diffusa convinzione che la globalizzazione abbia intaccato i diritti che, essendo garantiti dalle Costituzioni statali, sono sforniti di tutela a livello globale…
R. Certamente, il mutamento espone al regresso i diritti costituzionali: innanzi tutto quelli sociali e i servizi pubblici che li garantiscono, fino a mettere in discussione il principio di uguaglianza sostanziale e talora anche formale; ma anche il sistema delle libertà, minacciate non solo dal duopolio televisivo ma dalla crescita di quella “società del controllo” che sembra costituire un pericolo incombente; come pure altri principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano, quale il ripudio della guerra e la laicità dello stato.
D. Comunque non è un problema solo italiano?
R. Una situazione simile si verifica anche negli altri paesi, ma in Italia i problemi che la storia del primo quarantennio repubblicano aveva lasciato insoluti privano la macchina pubblica e privata dell’attrezzatura conveniente a misurarsi con le nuove frontiere, e questo non fa che aggravarli.
D. Ma, tra questi problemi, ce n’è qualcuno che ha centralità?
R. Tra di essi è particolarmente acuto quello della diffusione della stenomaliea indipendenza)e è anto daveva avuto la sua vita e, peer lungo tempo, la sua applicazionecorruzione politica e amministrativa, scoperchiata proprio in quei frangenti per l’operare, bisogna dire, di fattori assolutamente costituzionali, come la pratica da parte della magistratura della propria indipendenza. Neanche le notevoli riforme amministrative finalmente introdotte bastano a vincere queste anomalie.
D. Qui si inserisce la crisi dei partiti di massa?
R. Sì, è a tutto questo che si sovrappone lo sgretolamento dei partiti tradizionali che avevano la loro ascendenza nel periodo costituente. A essi subentrano nuove formazioni politiche, aventi carattere marcatamente regionale e pretese di tipo etnico, o natura aziendale-personale, o origine fascista.
D. Sembrano emergere umori profondi negativi della società italiana sopiti, ma non completamente vinti…
R. Queste forze sono da giudicare espressione degli aspetti più problematici d’una cultura di lungo periodo della società italiana, tenuta sotto controllo, ma in misura insufficiente, dall’organizzazione politica dell’epoca precedente e contribuiscono potentemente a rafforzarla con l’uso spregiudicato di un potere mediatico inusitatamente concentrato.
D. Ma stanno diventando prevalenti…
R. Esse sono riuscite a conquistare una diffusa egemonia culturale, trasferendo molti aspetti della loro ideologia, oltre che alla società non politicizzata, perfino a cospicui settori delle forze loro antagoniste; perciò, anche nelle legislature in cui non hanno la maggioranza parlamentare, condizionano pesantemente il quadro generale.
D. Sono forze certamente acostituzionali se non apertamente anticostituzionali…
R. Benché potrebbero sentirsi pienamente dentro la Costituzione in quanto le protegge non meno delle altre che le hanno dato vita, tali forze, per il fatto di non essere state associate alla nascita del patto originario, non si sentono legate dal patriottismo costituzionale. E’ così che una componente di natura “soggettiva” viene a svolgere il maggior ruolo sulla crisi costituzionale.
D. Molti negano propensioni anticostituzionali, dicono che la Costituzione del ’48 è inadeguata…
R. Si formano alcuni luoghi comuni, veri e propri baconiani idola fori che si diffondono nel corpo politico e nell’opinione pubblica. Essi fanno emergere l’idea che la Costituzione sia inadeguata rispetto ai nuovi problemi, delegittimandola nel suo valore fondamentale. E’ la stabilità del patto originario che viene messa in questione.
D. Il pericolo più grande sono le revisioni a colpi di maggioranza…
R. Certo, la tesi che viene fatta passare è che la maggioranza possa alterarlo unilateralmente, e questa assunzione, purtroppo, trova un parziale avallo nell’insufficiente rigidità costituzionale abbracciata dai costituenti allorché hanno ammesso che per la revisione costituzionale sia sufficiente nelle Camere la maggioranza assoluta.
D. Poi non ci si limita a proposte di revisione, ma a veri e propri stravolgimenti. Qualcuno poi anche nell’area democratica auspica la formazione di un’Assemblea costituente…
R. Viene ritenuta possibile e auspicabile una riforma “grande” (così da molto tempo la si aggettiva). L’ammissione di questa possibilità arriva in qualche caso all’ipotesi di un ordine costituzionale interamente nuovo, e comunque tale rischio è implicito nelle confuse proposte di mettere in piedi un’assemblea costituente.
D. Sono a rischio anche i diritti fondamentali?
R. Il più spesso la grande riforma non è intesa come totale, poiché si mette in genere fuori causa il sistema dei diritti e doveri dei cittadini stabilito nella parte prima della Costituzione, che viene allora ritenuto non disponibile, addirittura formulando ripetutamente dichiarazioni solenni e semplificate in questo senso. Si predica però una tendenzialmente completa revisionabilità della parte seconda, quella organizzativa, perdendosi di vista l’elementare considerazione che l’equilibrio dei poteri è caratteristica essenziale del costituzionalismo ed è garanzia necessaria dei diritti e dei doveri, di modo che dalla sua alterazione questi potrebbero essere gravemente pregiudicati. Inoltre quelle dichiarazioni sono contraddette dalla pratica di aggiramenti e modificazioni della consistenza dei diritti e doveri fondamentali per via legislativa ordinaria o addirittura di prassi.
D. Quali sono le parti su cui battono i sostenitori della “grande riforma”?
R. Si accumulano vari fronti di modifica: abbandono della forma di governo parlamentare, ritenuta l’unica o maggiore ragione di disfunzione della vita del Paese, per proporne una trasformazione in senso variamente e confusamente presidenziale; cambiamento di assetto del sistema regionale e locale, fino ad arrivare a formule di federalismo dissolutore e a proposte confederali; ridimensionamento dell’indipendenza e dei poteri della magistratura (uno dei tasselli più rilevanti del disegno anticostituzionale); leggi elettorali nuove, quanto meno problematiche dal punto di vista della conformità alla Costituzione.
D. Ma c’è bilanciamento dei poteri?
R. A tutto corrisponde l’assenza del rafforzamento degli istituti di garanzia, atto a bilanciare l’irrobustimento del potere del governo e della maggioranza.
D. Ma basta un panorama apparentemente tanto imponente a provare che la crisi della Costituzione è ormai conclamata e irreversibile?
R. Importanti elementi militano per una risposta contraria…
D. Quali?
R. Intanto, l’inconcludenza - nonostante la sperimentazione di procedimenti assai liberi e non ortodossi dal punto di vista della Costituzione - dei vari tentativi di adozione in comune tra le varie forze politiche di una grande riforma attesta l‘incapacità di convergenza delle parti su un nuovo patto. Il protrarsi della stessa questione per tempi di inusitata lunghezza senza che essa trovi soluzione – si parla infatti di una “transizione infinita” -, se da un lato aumenta l’acutezza della crisi, dall’altro mette in risalto l’irresolutezza sul cambiamento.
D. Tuttavia qualche modifica importante è stata introdotta…
R. I tentativi che vanno avanti sono quelli che vengono o conclusi o voluti fin dall’inizio da una mera maggioranza non qualificata del parlamento. Il primo caso, quello della riforma del tit. V del 2001, ha avuto risultati rispettosi dell’impianto costituzionale ma difettosi e incompleti. Il secondo, la riforma adottata dal centrodestra nel 2005-2006, attentava ai principi costituzionali supremi della separazione dei poteri e della coesione territoriale nazionale e dunque, potenzialmente, al sistema dei diritti e doveri dei cittadini. Ma l’esito dei due referendum tenuti su di esse, positivo sulla prima e negativo sulla seconda, dimostra l’accettazione da parte della società nazionale di mere revisioni anche importanti e invece l’assenza di consenso sulle alterazioni di metodo e di contenuto della Costituzione.
D. Queste consultazioni sono state importanti…
R. Sì. le pronunce popolari, in questo senso, rilegittimano il valore della Costituzione contraddicendo alla sua messa in questione.
D. Scoraggiano anche soluzioni unilaterali…
R. Certamente. Tra molte incertezze, nello scorcio della XV legislatura, la lezione viene raccolta dalla Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati: essa adotta con consenso assai largo una linea di riforma che rende congruente il rafforzamento della posizione del presidente del consiglio e del governo col mantenimento del governo parlamentare, propone una riduzione del numero dei parlamentari e l’istituzione, al posto d’un senato come l’attuale, di una camera di rappresentanza dei territori: un disegno fermato dalla fine precipitosa della legislatura.
D. E con la nuova vittoria del centrodestra?
R. Certamente, il passaggio nel 2008 alla XVI legislatura vede la pericolosa ripresa, del resto imprecisa, del discorso sulla “legislatura costituente”, e la ripetuta dichiarazione da parte del presidente del consiglio del proposito di por mano anche autonomamente alla riforma costituzionale.
D. C’è poi una produzione di leggi ordinarie manifestamente anticostituzionali…
R. Sì, più operativamente, continuano a essere proposti e spesso rapidamente approvati da una maggioranza che sembra onnipotente disegni di legge ordinaria che contengono forzature o dirette violazioni della Costituzione: leggi contro l’indipendenza dell’amministrazione della giustizia e per l’immunità delle alte cariche, un cosiddetto “federalismo fiscale” tale da rompere la solidarietà fra i territori, interventi sul terreno economico-sociale che ledono i diritti sociali fondamentali, misure discriminatorie e persecutorie contro gli stranieri, e altro ancora.
D. La crisi torna dunque a essere di grande acutezza…
R. Sicuramente. Tuttavia queste alterazioni della Costituzione vengono contestate con maggiore o minore forza a livello sia istituzionale che della pubblica opinione, dimostrando che la linea della maggioranza non trova il largo consenso. E il lungo dibattito di questi anni sembra ormai aver fatto esemplare chiarezza su alcuni punti di metodo e di merito che, per la precisione e il senso politico oltre che giuridico che veicolano, possono formare ormai una base precisa per un pieno rispetto della Costituzione.
D. Quali sono questi punti?
R. Punti di metodo: non è più giustificabile una riforma in grande; la natura della revisione comporta un’approvazione a larga maggioranza; appare superata la convinzione che vi sia sempre e comunque necessità di revisione costituzionale ogni volta che nella pratica costituzionale si manifesta un’insufficienza.
D. E i punti di merito?
R. Anche nella parte organizzativa della Costituzione vi sono principi immodificabili; la forma di governo parlamentare è la sola adatta alla situazione italiana e richiede contemporanea robustezza su due versanti: i poteri del governo e della maggioranza e quelli del parlamento e delle opposizioni; la solidarietà fra i territori non può essere spezzata; occorre una camera di rappresentanza territoriale per consentire, insieme, la tutela dell’autonomia locale e la corresponsabilità delle regioni nei riguardi dell’unità nazionale; l’indipendenza della magistratura e di ogni corpo giudiziario e i loro poteri sono garanzia ineludibile dei diritti e doveri dei cittadini e di osservanza della legalità da parte dei poteri pubblici e privati.
D. Insomma, la nostra Costituzione complessivamente regge …
R. Si danno qualità oggettive della Costituzione in virtù delle quali essa può ancora confrontarsi con i problemi aperti e dar loro soluzione senza che l’ordine costituzionale subisca cambiamenti diversi da semplici puntuali aggiornamenti.
Finiamo il terzo dialogo con qualche considerazione sull‘oggi. La situazione di fatto rimane contraddittoria e il discorso sulla crisi costituzionale non è concluso. Da un lato, la Costituzione trova un sostegno in sfere di opinione non trascurabili e capaci di mobilitarsi in sua difesa; dall’altro lato, è tuttora messa in questione nella sua legittimità. E’ in corso un combattimento, un combattimento tra visioni e volontà diverse il cui esito non è deciso in favore né dell’una né dell’altra parte. Ma una scelta di sovversione della Costituzione dipenderebbe da decisioni soggettivamente concepite e non dalla sua inadattabilità al presente. Reciprocamente, è condizione perché la Costituzione superi la crisi che l’orientamento dei soggetti politici e dell’opinione sociale evolva nel senso del riconoscimento del persistente valore della Carta per la nostra generazione.
Nel prossimo ed ultimo colloquio con Allegretti parleremo del domani, e cioè dell’attitudine della Costituzione ad affrontare il futuro
0 commenti
Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.
Lascia un commento