Carbonia. Puddu Lussorio, Pellicciotta Nicola, Marica Davide e Corgiolu Federico, muoiono in miniera tra febbraio e marzo, un morto anche nell’Azienda ACaI di Tratalias. Presentati gli 11 punti, mentre 900 contadini occupano le terre nel Basso Sulcis: arresti e condanne dei dirigenti le Cooperative, L’Udi e i giovani a fianco dei movimenti

5 Novembre 2023
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Gianna Lai

Oggi, domenica, nuovo post sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.

Pellicciotta Nicola, 44 anni, muore a Bacu Abis il 4 marzo per frana; Puddu Lussorio, 26 anni, il 15 marzo investito da un vagone; Marica Davide, 57 anni, a Schisorgiu il 16 marzo, per caduta di falso tetto; Corgiolu Federico, 55 anni, a Serbariu il 27 marzo per distacco di roccia. A marzo un morto anche presso l’Azienda ACaI di Tratalias.
Mentre non cessano i gravi incidenti in miniera, né si ferma la repressione, il movimento impegnato contro i licenziamenti e per il riconoscimento della rappresentanza di fabbrica. E, importante novità, impegnato sugli 11 punti che il Consiglio generale delle leghe definisce a marzo, subito dopo la ripresa dei trasferimenti a Bacu Abis, “50 operai dai cantieri di produzione ai cantieri di movimento”, e l’annuncio di 1.600 nuovi licenziamenti. Questo l’ordine della proposta approvata nel le assemblee sindacali, come leggiamo anche in Alberto Vacca: “Blocco dei licenziamenti, nuovo Consiglio di gestione e Commissione mista per l’utilizzazione delle maestranze, rispetto degli accordi nazionali sui compiti delle Commissioni interne e apertura delle discussioni tra rappresentanze e azienda, pagamento del salario nelle giornate festive, trattamento economico dei lavoratori in malattia, esame dei cottimi, quota della gratifica natalizia, somministrazione di indumenti, premio resa e rendimento per i capisquadra e i capi servizio”.
Perché di nuovo gravi le tensioni tra Commissioni interne e direzione della miniera, così come nelle Bonifiche ACaI di Tratalias, dove i sindacati liberi “concordano le liste delle nuove elezioni con i fascisti”, leggiamo su L’Unità del 1 e del 2 marzo. Pur non riuscendo affatto a spuntarla se, nello stesso giornale del 12, stesso mese, “la lista unitaria per le elezioni della Commissione interna conquista l’85% dei voti. Il resto ai sindacati liberini e gialli”. E mentre la Cgil combatte contro l’orario spezzato, imposto dall’azienda, i sindacati liberi si dichiarano invece d’accordo; così anche la giunta regionale e lo stesso Crespellani, “dalla parte dell’AcaI”, nella vertenza Tratalias: al tavolo delle trattative “gli ingegneri Sirchia e Salaris”, della Unione Industriali.
Proprio durante quella protesta si registra un intervento “brutale” della polizia, contro 700 operai riuniti presso la stazione di Carbonia delle Ferrovie meridionali sarde, che dà origine a un ulteriore “sciopero di solidarietà nell’intero bacino” e a nuove assemblee di disoccupati. Di nuovo la città in stato d’assedio denuncia L’Unità dell’8 e del 9 marzo, mentre “la polizia permane a Carbonia con mezzi corazzati e sostiene che i lavoratori delle Bonifiche non hanno ragioni per protestare contro l’AcaI”. In realtà è l’intero Basso Sulcis a scioperare per l’imponibile di manodopera nelle campagne, fin dagli ultimi giorni di febbraio, l’occupazione delle terre organizzata dalla Cgil, con l’adesione dei “dirigenti dei sindacati cattolici”, prosegue poi per tutto il mese di marzo: da Giba, “900 contadini occupano le terre del conte Salazar”, che a Piscinas si incontrano con i minatori di Carbonia. Fino a “l’azione poliziesca”, dei carabinieri proprio nelle terre Salazar-Locci: arresti e fermi di manifestanti che hanno praticato gli scioperi a rovescio, su L’Unità del 12 marzo. E da Carbonia offerte della città, in risposta al duro intervento della direzione Smcs dopo lo sciopero dei minatori solidali: sospensioni e licenziamenti a Serbariu e a Bacu Abis di membri di Commissione interna, “per aver fatto abbandonare il lavoro a gruppi numerosi di operai” e “per aver organizzato scioperi e parlato con le maestranze”, e operai in sciopero sottoposti a interrogatorio in Commissariato. Fino all’arresto di Motzo, segretario provinciale delle cooperative contadine, e al processo per direttissima contro i contadini occupanti le terre del Basso Sulcis: F. Boe, membro del direttivo Federazione cooperative, condannato a 5 mesi e 10 giorni, e V. Pala, ispettore di zona, a 5 mesi e 10 giorni, senza condizionale. Fino allo sciopero di un’ora in provincia, per l’arresto di Dessanay e di Branca, cui segue lo sciopero generale “contro l’assassinio di due braccianti in Abruzzo, a Lentella, 10 i feriti, su L’Unità del 23 marzo. Eppure già avanzano sui giornali, alla fine di quel lungo mese di marzo, i primi annunci delle nuove terre assegnate ai contadini di Santadi e di Giba, talché, Giancarlo Pajetta su L’Unità del 15 di quel mese, “ I minatori del Sulcis hanno offerto le loro prime sementi per la terra conquistata: in questi giorni è soffiata in ogni villaggio un’aria di fraternità nuova. La notizia dell’occupazione delle terre è stata seguita a breve intervallo da quella della solidarietà operaia: i primi ceci che saranno seminati, i primi soldi per l’affitto del trattore, verranno dai minatori del bacino carbonifero”.
E non si sottraggono le donne e i giovani alla mobilitazione, questi ultimi, nell’Alleanza Giovanile di Carbonia, approvano la Carta per la pace. Mentre le prime, ancora in assemblea sui “problemi inerenti la vita domestica”, nel suo stretto legame con quella della miniera, e poi in Camera del lavoro a protestare contro il licenziamento di tre donne in laveria, rafforzano la campagna Udi per il disarmo dei poliziotti durante le manifestazioni di piazza: tremila le firme di adesione durante l’assemblea sui fatti di Modena, ad un mese dall’eccidio.
Nelle note del prefetto, la mobilitazione sindacale dei disoccupati sull’imponibile di manodopera: “rischio di incidenti tra dimostranti e polizia, la non remunerazione provocherà proteste”, in riferimento agli scioperi a rovescio. Preoccupazione su “l’intrapresa di lavori pubblici e privati non richiesti dai legittimi proprietari”, come nel caso dei 50 braccianti di Settimo San Pietro che iniziano i lavori di ripulitura fogne: “senza regolare assunzione, allontanati dal sindaco e dalla polizia”. Così a Capoterra, Uta, Siliqua, Zeddiani e Sinnai. Ed auspica tuttavia, il prefetto “da parte dei dirigenti, una sensibilità tale da non portare le categorie operaie a forme più estreme di agitazione”. Ma è il questore stesso a rendersi responsabile di tali atti, con la sua ordinanza di marzo, “nel territorio di Guspini, Sa Zeppara, proibite per un mese le pubbliche riunioni”. Come come ai vecchi bei tempi del regime!

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