Massimo Villone - il manifesto
Tanto tuonò che (forse) pio-
verà. Si annuncia il pre-
mierato. Meloni celebra
l’arrivo della III Repubblica. Si
conferma che le riforme sono
l’arma di distrazione di massa di
una maggioranza clamorosa-
mente incapace di realizzare le
promesse elettorali.
Meloni accelera, per
non lasciare ancora
nel cassetto la parte
del disegno riformatore ascri-
vibile a lei.
Bisogna capirla. L’autonomia
differenziata avanza di buon
passo. La prima commissione
del senato è giunta all’artico-
lo 7 (su 10). Si disegna un pae-
se arlecchino e instabile, co-
me ad esempio emerge dalla
discussione relativa alle leggi
statali «cedevoli» al momento
dell’entrata in vigore di nor-
me regionali susseguenti
all’intesa della regione con lo
stato, o da quella concernente
una possibile cessazione
dell’intesa.
Al tempo stesso, la maggioran-
za blocca gli emendamenti
delle opposizionivolti a far
emergere costi e sostenibilità
dei livelli essenziali delle pre-
stazioni (Lep). Nel complesso,
non si fa alcuna luce sulle criti-
cità che le opposizioni fanno
emergere. Eventuali chiari-
menti sono rinviati a futura
memoria: una (nuova) audi-
zione di Cassese, presidente
del Clep (Comitato per i livelli
essenziali delle prestazioni),
di Giorgetti, un approfondi-
mento della lettera del gover-
natore Bankitalia Visco.
Essendo un collegato, il dise-
gno di legge Calderoli può es-
sere trattato anche in sessio-
ne di bilancio, e come legge
ordinaria non richiede una
doppia lettura. Con l’approva-
zione in senato, il più è fatto.
Un referendum abrogativo ex
articolo 75 della Costituzione
rischia l’inammissibilità per
la natura di collegato, eco-
munque richiede 500mila fir-
me -oggi una montagna - o
cinque consigli regionali, pari-
menti difficili da trovare. Me-
loni deve aver visto la possibi-
lità che nel giro di pochi mesi
giungano alla sua firma pri-
me proposte di intesa con al-
cune regioni.
Potrebbe mai Meloni consen-
tirlo con il premierato a zero?
No, soprattutto quando i son-
daggi dicono che l’autonomia
differenziata non piace affat-
to al Sud, dove il suo partito
ha uno storico insediamento.
Di fronte all’urgenza conta
poco l’indiscutibile stravolgi-
mento della Costituzione. A
quanto si sa, la proposta tocca
gli articoli 88, 92 e 94 della Co-
stituzione. Vale a dire, si ridu-
cono sostanzialmente o si az-
zerano i poteri del capo dello
stato nella nomina del pre-
mier e dei ministri, e nello
scioglimento anticipato. Si
sottrae alle camere il rappor-
to fiduciario, andando verso il
simul stabunt simul cadent adot-
tato a livello regionale, con le
stesse conseguenze di margi-
nalizzazione delle assemblee
elettive. Soprattutto nell’ipo-
tesi sia costituzionalizzato un
sistema elettorale maggiorita-
rio con premio al 55%.
Non migliora le cose la famige-
rata norma antiribaltone, vol-
ta a preservare la maggioran-
za uscita dalle elezioni. Anzi.
Santo Graal della destra dal
primo Berlusconi, fatalmente
consegnerà a ogni partner di
governo o anche a manipoli
di guastatori parlamentari
l’arma di ricatto dello sciogli-
mento. L’esatto contrario di
stabilità e governabilità.
Verrebbe dallo stravolgimen-
to della Costituzione un paese
meglio e più governato? No.
La prova è data dal parto fati-
coso della legge di bilancio.
Nulla cambierebbe con Gior-
gia Meloni a palazzo Chigi co-
me premier eletto, perché pre-
carietà e debolezze non vengo-
no dal rapporto con il parla-
mento o il capo dello stato -
marginalizzati da qualsiasi
premierato - ma dalle turbo-
lenze interne alla coalizione,
e nella specie dalla competi-
zione con il socio leghista,
che rimarrebbe tal quale.
Quindi rifletta Giorgia Melo-
ni. Il premierato -con la dop-
pia lettura e il referendum
possibile ( vogliamo ritenere
probabile) a richiesta di un
quinto di parlamentari ai sen-
si dell’articolo 138-non po-
trà in alcun modo reggere il
passo dell’autonomia diffe-
renziata, o riequilibrarla. Si
frammenta e si indebolisce il
paese con una riforma, non si
unifica e rafforza con l’altra.
La sinergia è perversa, e l’au-
tonomia differenziata corre.
Meloni avrebbe dovuto sa-
perlo.
Se vuole correggere l’errore
commesso, e pareggiare al
tempo stesso il passo delle
riforme, consideri una lima-
tura degli articoli 116.3 e
117 della Costituzione. Pres-
so la prima commissione del
senato c’è un disegno di leg-
ge costituzionale di iniziati-
va popolare. L’abbiamo pre-
sentato con oltre centomila
firme, per difendere l’egua-
glianza, i diritti e l’unità del
paese. Qui non contano i nu-
meri. La III Repubblica an-
nunciata da Meloni potreb-
be rivelarsi per il popolo ita-
liano non un ospitale castel-
lo, ma un fatiscente tugurio.
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