Gianna Lai
Post domenicale sulla storia di Carbona dal 1° settembre 2019.
Aumenta di nuovo in miniera il numero dei morti, rispetto all’anno precedente; a gennaio Alleva Antonio di 22 anni e Cauli Efisio di 39, distacco di roccia a Serbariu: per quest’ultimo, comunista, denuncia l’Unità del 18 febbraio, “il prete si rifiuta di seguire il feretro”. E gravi gli incidenti e gli infortuni, essendo prossimo, secondo la politica invalsa nell’azienda, l’abbandono dei pozzi. “Le risposte produttive, praticamente non esistevano con una società carbonifera che tornava ai livelli operativi dei primi anni trenta, stabilendo un record: la perdita da 1.000 a 1.500 lire per tonnellata di carbone venduto quando, naturalmente, si riusciva a collocarlo nel mercato”, come ricorda Virginio Bettini in Borotalco nero. Dunque non vale la pena di investire e si riducono gli interventi anche per la manutenzione, a costo della sicurezza nei cantieri. Dice Alberto Vacca, in Carbonia e i problemi dell’industria carbonifera sarda, che ormai la SMCS “rinuncia alle ricerche e alla preparazione di nuove zone di sfruttamento e, a partire dal 1949, comincia a concentrare le attività nei cantieri più ricchi, particolarmente quello di Serbariu, dove vengono trasferiti alcuni impianti smantellati nelle miniere di Sirai e Cortoghiana Vecchia”.
Così la situazione internazionale, delineata da M. Carta, Appunti per un piano organico di ricerche e valorizzazione delle risorse minerarie sarde, che leggiamo ancora in Alberto Vacca: “Il carbone americano continua ad essere importato in Europa, mentre gli organi OECE richiamano tutti i paesi aderenti a una intensificazione dei programmi di produzione”. E, per quanto riguarda l’Italia, “all’afflusso di carbone proveniente da quei paese OECE, si aggiungono le importazioni dai paesi non aderenti, Polonia, Iugoslavia, Cecoslovacchia, Sud Africa, ecc. programmate dai trattati commerciali ed accettate in compensazione diretta di produzioni italiane”. Mentre, nel mercato dei combustibili, ad imporsi sono le nuove fonti energetiche, gasolio e metano.
Perciò si susseguono in quel tempo i licenziamenti, il 1949 chiuso con lo sciopero di 500 lavoratori a Bacu Abis e degli addetti alle bonifiche di Tratalias. Ed apre l’anno stupito, il Prefetto Caboni, di fronte alla delegazione di Carbonia che gli comunica essersi ridotti, i minatori, a 9.500 unità, dai 13.000 dei mesi precedenti, come leggiamo su L’Unità del 4 gennaio 1950: a Carbonia si contano ora 1.050 disoccupati, regolarmente iscritti all’ufficio di collocamento. E quella stessa delegazione, presente anche il democristiano Fiorito dei liberi sindacati, sentita in quella circostanza anche dall’onorevole Crespellani, presidente della Regione, in particolare sulla richiesta di pagamento della tredicesima mensilità. Che sortirà effetto positivo, questa volta, seguita da un formale impegno SMCS a interrompere i licenziamenti presso l’Azienda Agraria Bonifiche, AcaI-SMCS, dove nuovamente sono collocati centinaia di minatori, in attesa del definitivo licenziamento.
L’8 gennaio 1950, primo convegno regionale da cui nascerà il Comitato cittadino per la difesa e lo sviluppo di Carbonia, rappresentativo di tutte le categorie. L’invito esteso a “parlamentari e consiglieri regionali, tecnici, studiosi. Il tempo stringe, l’onorevole Chieffi, “che dirige la SMCS con l’ex deputato Angelo Corsi”, durante un incontro col presidente della Repubblica Einaudi annuncia come, a seguito di una grande revisione medica, ci sarà il licenziamento di altri 1.500 dipendenti, il 5% circa del totale: tra impiegati tecnici e amministrativi, oltre agli addetti ai servizi, si contano 750 dipendenti, fino al 1948, ridotti a 400 nel corso degli anni cinquanta.
Ma in realtà, “risanare l’azienda” significa perdere prima di tutto i giovani dai 25 ai 30 anni, come denuncia L’Unità del 19 gennaio, ed è per questo che nascono i nuovi Comitati di cittadini, cui si accennava, a lungo attivi nel corso di tutti quegli anni. Un “fronte unitario” per la difesa di Carbonia, il successivo Convegno in Sala consiliare, per definire il piano: ad aprire i lavori il sindaco prof. Maxia, “E’ nato il Comitato in rappresentanza di tutti i partiti, compresa la Dc, il sindaco, il sindacato provinciale dei minatori, i liberi sindacati e gli artigiani e i commercianti e gli agricoltori e i liberi professionisti.
Ed è tra i primi Renzo Laconi a rispondere alle minacce di Chieffi, su L’Unità del 22 gennaio, ricordando come “negli ultimi mesi del ‘49 i parlamentari sardi riuscivano a far approvare alle due Camere, nonostante il parere negativo del governo, due ordini del giorno che impegnavano il governo a sottoporre alle Camere piani di finanziamento per l’apertura di nuove miniere, per la costruzione di impianti elettrici e di industrie chimiche, per il completamento delle strutture dell’azienda”. Ma, ad oggi, “l’unico impegno finanziario sono i quattro miliardi del settembre 1948: per estinguere le passività e per migliorie tecniche, solo 700 milioni. E’ inutile che il Convegno di Carbonia formuli nuove sollecitazioni al governo; occorre invece che il nostro movimento diventi forza capace di imporsi all’attenzione e al rispetto del governo e del paese. Noi oggi pensiamo ad alleanze più larghe e più facilmente realizzabili. Anche se non fondate su un impegno finanziario, come invece propone il Comitato in difesa delle industrie estrattive. Il Consiglio regionale, con una mozione del 29 ottobre, si è impegnato per lo sviluppo energetico dell’isola attraverso l’uso di risorse carbonifere. Stessa cosa la Giunta, che si propone di creare l’Ente Sardo Elettricità. L’appoggio da ottenere è quello di chi è interessato allo sviluppo della Sardegna, degli operai, dei contadini… L’energia è la forza motrice di questo progresso, e Carbonia lo è per la Sardegna, fonte naturale inesauribile di energia e di ricchezza”.
1 commento
1 Aladin
22 Ottobre 2023 - 09:13
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=148681
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