Red
L’impianto cracking di Porto Torres, da cui dipende l’intera produzione del petrolchimico, sara’ fermato per 2 mesi dal 1 agosto prossimo. L’ha annunciato il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, spiegando di aver ricevuto la comunicazione con un brevissimo preavviso. Il governatore ha definito la decisione ‘inaccettabile’ e ’sconcertante’ perche’ avviene alla vigilia di un importante vertice internazionale e a 48 ore da uno sciopero generale del settore industria in Sardegna. Ora, è stata indetta da Cappellacci a Roma una riunione di tutti i parlamentari sardi per assumere iniziative unitarie nei confronti del governo e dell’Eni, ma ciò che appare manifesta è l’ennesima menzogna di Berlusconi, che aveva assunto impegni formali durante la campagna elettorale, che ora puntualmente stà disattendendo. La situazione, già di per sé gravissima, non lascia intravedere positive vie d’uscita.
7 commenti
1 M.P.
8 Luglio 2009 - 08:36
Qualcuno pensava che prima o poi non sarebbe accaduto? Che ci sia Berlusconi o Prodi o altri?
La Sardegna, nel suo piccolo, di risorse ne ha e potrebbe meglio gestirsele. Mentre ci mobilitiamo per “difendere i posti di lavoro”, lotta sacrosanta che bisogna comunque portare avanti con forza, e mentre pretendiamo il RISANAMENTO AMBIENTALE, nel frattempo cominciamo a vedere come CREARCENE DI NUOVI.
Per cominciare vediamo anche di recuperare e ammodernare quelli vecchi, che abbiamo abbandonato per la chimica.
2 andrea
8 Luglio 2009 - 14:06
Siamo alla tragedia.
E’ come se vivessimo una sorta di sciagura collettiva, una interminabile espiazione posticcia, in cui tutti - classe operaia compresa - sembrano tenuti individualmente e solidalmente a pagare il conto: i rimbrotti post-elezione del mondo intellettuale sardo ai lavoratori sembra assumere sinistri connotati da frastimu leggiu.
E’ andata. Canto U-go U-go a mia zia, novella elettrice di questo indegno centrodestra, operaia nella ditta di pulizia “sgominata” da Soru per manifesta mandronaggine. Mia mamma ignora i motivi del mio rancore parentale e dice: “piga sa rincursa e sbatttidi sa conca a su muru”. Non m’interessa. Parafrasando poeti morti ammazzati in questo becero paese al tracollo, posso tranquillamente affermare: “Io so i nomi”, ecc., ecc,.
E siccome siamo veramente alla frutta, abbiamo già 30 anni e abbiamo perso anche troppo tempo, è necessario spedire a casa a calci in culo questi pseudo-politicanti “uomini-bambini” e riprendici la Sardegna e con essa la nostra storia.
Indipendenza!
3 andrea
8 Luglio 2009 - 18:10
Il primo azionista dell’Eni è il governo Italiano.
Il governo Italiano è nelle meni di Berlsuconi.
Cappellacci ha basato la sua campagna elettorale sul suo rapporto con Belusconi e sul reciproco impegno a salvaguardare i posti di lavoro del nord- Sardegna.
Ora le cose sono due: o Cappellacci mente (e con lui tutta la sua giunta e relativa maggioranza consiliare) o è uno che si fa prendere per il culo da chi l’ha nominato . In entrambi i casi non può ricoprire il ruolo che ha. E questo vale sia per lui che per la coalizaione (accordi programmatici compresi).
Solo una fuoriuscita di questi “uomini” dal pdl potrebbe risolvere questa incompatibilità. Ma credo che i nostri (accompagnati dagli indignatissimi Pili, Cicu) si limiteranno a borbottare le solite frasi di circostanza. Nella attesa che passi la tempesta.
4 M.P.
8 Luglio 2009 - 23:49
Andrea (quello dei post 2 e 3),
mi permetto, e ho il piacere, di dialogare un poco con te, che hai pronunciato la parola magica “indipendenza”.
Concordo sul “frastimu lèggiu”: i nostri intellettualoidi qualche volta farebbero bene a tacere.
Concordo anche sul “prendere a calci un po’ di gente”, ma non saprei in che modo: non votandoli è troppo poco; bisognerebbe coinvolgerli, o costringerli, o minacciarli, o attaccarli di brutto, come si può, in questo e in altri blog, per esempio.
Strappar loro di mano la Sardegna, è una parola! Dovremmo creare, trovare, ritrovarci in un movimento di base senza politici di professione, e provare a proporre secondo il nostro modo di vedere.
Molto difficile, quasi impossibile. Bisognerebbe quantomeno individuare qualche politico fuori dal coro: mosche bianche.
Non concordo sull’equazione Cappellacci=Berlusconi, se non altro perchè il primo è sardo e non è arrogante, anzi sembra remissivo, disposto ad ascoltare. E’ già tanto, con i geni e taumaturghi che girano da ogni parte.
Siccome ora come ora è lui il Presidente, USIAMOLO, finchè ce lo permette; per i nostri fini, s’intende.
Infine: perchè condannare tutti i componenti della coalizione, dunque i Sardisti? E’ meglio uscire dagli schemi e discutere sui problemi, concreti.
Per dirne una: se Cappellacci partecipa allo sciopero, lo fa per finta? Intanto c’è, e questo conta.
Il problema non è “fuori dal PDL e dentro col PD; la questione ormai è INDIPENDENZA.
5 admin
9 Luglio 2009 - 05:56
Sulla vicenda riceviamo questa presa di posizione che volentieri pubblichiamo.
A Manca pro s’Indipendentzia sul blocco della produzione a Portotorres
Il giorno 7 luglio ’09 la multinazionale italiana a
partecipazione di maggioranza statale ENI ha annunciato che dal 1 agosto gli impianti del cracking della zona industriale di Portotorres (il cuore dell’impianto) verranno bloccati per
almeno 2 mesi, creando un ulteriore aggravo alla crisi che già sta colpendo l’intero comparto industriale sardo. L’ENI ha dato sbrigativa comunicazione alla Regione mettendola di
fronte al fatto compiuto dimostrando così pochissimo rispetto perfino nei confronti degli stessi mediatori istituzionali del colonialismo.
La motivazione addotta è sempre la“sfavorevole congiuntura economica internazionale” che pesa su tutto il settore petrolchimico europeo. In realtà L’ENI ha dimostrato la volontà di dismettere l’impianto ben prima della crisi dei mercati finanziari, forse perché è più conveniente delocalizzare verso paesi dove il costo del lavoro è più economico, o forse perché l’intera area è destinata ad altro utilizzo più redditizio (nucleare per esempio?!). Questo noi
non possiamo saperlo, ma è un fatto che l’ENI e lo Stato (al di là delle promesse elettorali) non vogliono salvare l’impianto, non vogliono avviare alcun tipo di riconversione e di bonifica e non vogliono nemmeno permettere che altri intervengano (vedi il fallimento pilotato della trattativa bluff con l’imprenditore Sartor o la repentina cancellazione
al CIPE dei finanziamenti per le bonifiche a Porto Torres).
A Manca pro s’Indipendentzia non aggiunge la sua voce a quella di chi, come Cappellacci e altri esponenti unionisti considera «inaccettabile e sconcertante tale scelta perché avviene alla vigilia di un importante vertice internazionale e a 48 ore da uno sciopero generale del settore indutria in
Sardigna proclamato da Cgil, Cisl e Uil». Al popolo sardo non interessano i vertici imperialisti e gli scioperi farsa! Noi riteniamo inaccettabile tale decisione, nell’aria già da tempo, perché presa in maniera assolutamente unilaterale dalla multinazionale ENI e perché va a svilire tutte le controparti che sono intenzionate a sedersi ad un tavolo per risolvere la questione della chimica in Sardigna e in particolar modo nella città turritana che ha ceduto la miglior parte del suo territorio per dare i natali al polo industriale. L’aspetto più inquietante di tutto ciò è il modo in cui vengono trattati i lavoratori sardi, visti soltanto come
manovalanza da buttar via senza alcun rispetto per la loro condizione, senza offrire loro la possibilità di discutere sul loro futuro accettando le decisioni dall’alto come dato acquisito.
La vicenda della Chimica in Sardigna si va ad inserire in un progressivo disimpegno economico dello Stato dalla nostra isola destinata evidentemente ad altro uso. Lo stato italiano
ha dimostrato fin dagli anni sessanta la precisa volontà di mantenere i nostri territori in una condizione di sottosviluppo. La Chimica ha giocato un ruolo decisivo in questo. Prima si sono convinti i sardi a non portare avanti alcun percorso economico autonomo e a vestire la tuta blu
illudendoli che fosse la scelta migliore, poi sono arrivati i licenziamenti e il blocco della produzione. Ormai si gioca a carte scoperte!
Da questa situazione i sardi possono uscirne solo agendo e pensando da comunità nazionale matura.
A Manca pro s’Indipendentzia si impegna pertanto a lavorare al fianco di chi sta perdendo il lavoro e delle comunità interessate dalla crisi per realizzare una proposta economica e sociale alternativa a quella imposta dall’alto e con violenza.
A Manca pro s’Indipendentzia
6 andrea
9 Luglio 2009 - 14:58
Gentile M.P.,
Cercherò di essere il più lucido possibile, anche se ho dormito niente per via di una maledetta insonnia che costringe i miei pensieri in un vortice nebuloso di aria fritta.
Bene.
Intanto mi permetto di precisare che io sono solo l’andrea del commento n.2. Lo so che è colpa mia, ma io sono un esteta e un cultore del bello, o almeno ci provo, e il mio cognome, argiolas, è brutto ma brutto forte: troppo lungo, pomposo, impegnativo. Preferei un Pau o un Piga: ecco, forse d’ora in poi mi chiamerò andrea pau.
Dalle sue parole traspare un sentimento d’appartenenza talmente forte e sentito che non può non essere oggetto della mia ammirazione e del mio massimo rispetto. Tuttavia… Da comunista, la parola “indipendenza” mi è uscita di getto, quasi come se volessi espellere qualcosa di urgente: come un bisogno, la severità del silenzio nelle cose non dette, uno spasmo: è sicuramente il frutto di una elebarozione personale ancora in corso del LUTTO che mi ha colpito dal Febbraio scorso. L’indipendenza, se indipendenza sarà e non abissiamo prima del tempo nell’oblio dei fondali marini a noi tanto cari, credo sia materia per le nuove generazioni. Ma per esser tale, e non aria fritta, essa ha bisogno di meno retorica piaciona e di più praticità: “pratichiamo gli obbiettivi”, dicevano i 68ttini, o no? Ma non so proprio come diavolo fare. Ho superato i 30, non ho mai prodotto reddito tassabile in via mia, ho due lauree con lode e non sono che un rifiuto sociale costretto alla marginalità.
Si, abbiamo drammaticamente constatato sulla nostra pelle e sulla pelle della nostra gente la mitezza e la remissività del piccolo governatore in carica. E mi piace il sito di Maninchedda, anche se non mi è consentito di dibattere probabilmente perchè sono lebbroso, e credo sia frequentato da tanta gente competente e non meritevole di sberleffi soltanto perchè un dirigente deficiente ha consegnato con incredibile leggerezza la bandiera ad un PEZZO DI MERDA come sb. Oppure, perchè qualcuno di loro si è candidato nelle liste del partito più REAZIONARIO d’Europa. Il psdaz predica proprio un’indipendenza piaciona, importando modelli non nostri e mutuandoli appunto dalla Lega: tanto è vero che la lega apre le sue sedi in Sardegna e non il contrario.
La campagna elettorale è stata devastante: ci ha forse cambiato e forse ci ha cambiato per sempre, ma non si può più sottacere l’odioso, il VILE, spregevole modello comunicativo, schifosamente colonialista, adottato con la complicità di tutto il centrodestra.
Si mormora che il Presidente Soru abbia un caratteraccio: ma ha praticato gli obbiettivi e non meritava tutto questo.
Un caro saluto
7 andrea
15 Luglio 2009 - 22:41
io sono l’Andrea del post 3. Hai ragione che Cappellacci non è uguale a Berlsuconi. Infatti dici bene uno è arrogante mentre l’altro è remissivo. E quindi il loro non è un rapporto alla pari ma un rapporto di subordinazione stile padrone-cane.
Non lo dico per astio politico (che non mi appartiene vista la mia cultura liberale) ma per mera osservazione della realtà. La chiusura dell’Eni non è che l’ultima mazzata rifilata alla sardegna da Berlsuconi mentre Cappellacci sta a guardare. Chi crede di poter usare per i propri fini il figlio del commercialista del nano sta prendendo un grosso granchio. Sardisti compresi.
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