Carbonia. Avvio della Consulta popolare. Amministrazione locale e Carta costituzionale: sulla formazione politica e culturale dei cittadini

3 Settembre 2023
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Gianna Lai

Come dice Ignazio Delogu ne Il Contemporaneo del gennaio 1960, “alla fine del 1949, che è l’anno chiave della seconda fase dell’esistenza di Carbonia, la popolazione tocca i 47.000 abitanti dei quali 25.800 maschi e 21.900 femmine, il massimo storico nel 1950 con 47.825 unità. Ed ancora “gli indici di natalità sono fra i più alti dell’isola e d’Italia, l’età media della popolazione supera di poco i vent’anni a Carbonia. Il 64%, la grande maggioranza, si dedica all’industria, cioé alla miniera, poco più del 10% all’agricoltura, il 15% al commercio… Per quanto riguarda l’agricoltura… la popolazione che vi si dedica, non più di 2000 persone, risiede nei centri preesistenti a Carbonia e rappresenta quella quota di polazione sulcitana dei vecchi agglomerati, Serbariu, Barbusi, Is Gannaus, Caput Aquas, Sirri, Flumentepido, Is Fonnesus,… che la rivoluzione portata dalla nascita di Carbonia ha appena sfiorato.”
Un impegno sempre più grande attende i lavoratori in città dopo la repressione e, adesso, con lo sfollamento che si annuncia massiccio, per arrivare in fretta alla chiusura finale dei pozzi, ogni volta i primi licenziati scelti tra i quadri più significativi del movimento, dirigenti sindacali, attivisti delle leghe, membri di Commissione interna. Si vuole combattere la solidarietà, vera base di quella esperienza culturale e politica che dalla miniera costruisce democrazia in città e intorno ad essa, nella vita locale. Tra quei 47.000, che vivono “malamente stipati in un centro urbano costruito per appena 20.000 abitanti”, come ricorda Virginio Bettini in Borotalco nero, un turnover praticamente impossibile da controllare, se non fosse per la continuità certa garantita dalla rappresentanza politica e sindacale e dalle Giunte municipali sempre di sinistra: Pci, Psi, Psdazs, così anche dopo la confluenza dei sardisti di Lussu tra i socialisti. E se. come dice giustamente la professoressa Paola Atzeni in I minatori storia locale e ideologie. “l’esistenza del minatore è condizionata dalla sua proiezione nella città”, allora ciò che occorre è “spezzare la struttura aziendalistica nella miniera e nella stessa città”, sicché, a far da contraltare non il Comune ma la Camera del lavoro, prosegue la studiosa, luogo di riunioni e assemblee, di scelte politiche e di festa nelle celebrazioni,…: la classe operaia, un ruolo comunitario il suo, che chiede alla città solidarietà e partecipazione alle lotte”. Ed è la partecipazione altrettanto sollecita che lo stesso Municipio sente di dover assicurare, dal suo punto di vista, quando comincia ad avviare a Carbonia il discorso sulla Consulta popolare col sostegno delle sinistre: far fronte a una volontà di centinaia e centinaia di donne e uomini in continuo avvicendamento, che spesso non riescono neppure a entrare in contatto con i loro amministratori. Si tratta di un’esperienza già avviata nella Penisola “libera associazione di cittadini,… per una sempre più vasta ammissione delle masse nella vita pubblica, suoi organi, le assemblee popolari di rione a cui vengono invitati gli amministratori stessi. Scuola di civismo e di responsabilità che vuole esercitare un nuovo controllo popolare sull’amministrazione”.

Ed è esperienza nuova che si inquadra nella intensa attività della sinistra per l’attuazione della Carta costituzionale, forma di democrazia popolare diffusa, quando già i partiti democratici denunciano “l’intesa delle forze conservatrici della destra e della Dc, con l’esclusivo intento di porre ostacoli e barriere all’azione dei rappresentanti del popolo, impegnati nel rinnovamento del Paese”. Quello che poi i giuristi avrebbero chiamato “ostruzionismo di maggioranza” contro l’applicazione della Carta stessa, da intendere piuttosto, la Costituzione, come vera rivoluzione democratica. E si susseguono ora le assemblee di quartiere e di caseggiato a parlare di lotte e di amministrazione della città, proprio in quel 1949, forte l’impegno a mantenere alto il livello culturale nel movimento, così sottolineano i testimoni tra gli operai, ripercorrendo esperienze cittadine di altre amministrazioni della sinistra. Fanno da tramite i rapporti diretti con la dirigenza nazionale di partito e della Cgil, spesso ospiti in città, e la lettura de L’Unità e poi di Rinascita, il mensile diretto da Togliatti, solo nel 1952 Rinascita Sarda, che di quelle novità descrivono andamento e risultati, capaci di penetrare nel territorio per diventare esperienza comune, la maggioranza in Giunta ed il Sindaco a sostenerle.

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