Fernando Codonesu
Caro Andrea,
più che sul documento del tavolo della sinistra, tenuto conto dei diversi interventi e appelli sul tema dell’unità dello schieramento di opposizione che facciamo da alcuni mesi, peraltro in buona compagnia con altri che si sono espressi in termini analoghi su diversi blog, da semplice elettore quale sono, con voce flebile come quella di tutti gli elettori non facenti parte di organizzazioni politiche strutturate, faccio un commento al tuo commento-invito, incominciando con una considerazione sulle “parole”.
Le parole hanno significato, peso e senso. Le parole sono alla base delle lingue e delle culture.
Le stesse parole, dette negli stessi contesti, ma da persone di cultura diversa esprimono concetti caratterizzati da differenze sensibili, spesso non conciliabili tra loro.
Prendiamo la parola “debito” di cui hanno già parlato in tanti nella filosofia, nella letteratura e nell’economia (compreso Marx negli scritti giovanili).
Nella cultura e nella lingua greca, la parola debito significa sostanzialmente “fiducia”: quel che serve per fare una determinata azione, per esempio per mettere a posto i conti dello Stato.
Nella cultura e nella lingua tedesca quella stessa parola, debito, significa “colpa”.
La domanda, anche alla luce delle note vicende del debito greco del 2010/2011, continua ad essere: come è possibile conciliare due significati così diversi della stessa parola?
Ecco, lo abbiamo sperimentato, non era possibile allora, non sarebbe possibile oggi.
Leggendo il manifesto-documento programmatico del tavolo di sinistra è evidente una cosa semplicissima, peraltro espressa senza equivoci, si tratta di un progetto di “radicale alternativa al quadro politico sardo” che per i firmatari non presenterebbe alcuna differenza tra centrodestra e centrosinistra.
Un manifesto che in linguaggio giuridico, se si trattasse di un contratto, avrebbe la stessa forza della clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.), ma qui più sinteticamente lo leggo come un netto “prendere o lasciare”.
Non quindi un insieme di punti programmatici sui quali negoziare con il più largo tavolo del centrosinistra e del M5S per qualificare “da sinistra” il programma per il prossimo quinquennio di legislatura regionale, ma appunto un programma politico diverso, alternativo, di sinistra.
Se questo è il quadro ideale di riferimento a poco valgono gli appelli per l’unità, che ritenevamo ancora possibile almeno sotto il profilo tecnico, tanto è vero che questo tavolo li ha orgogliosamente e sdegnosamente rispediti al mittente; gli altri non si sono espressi formalmente.
Personalmente continuo a credere convintamente nel meticciato, nell’incontro e mescolamento dei popoli, nella contaminazione delle lingue e delle culture, come la storia e l’evoluzione umana ci hanno insegnato, perché è così che si va avanti. Non si percorre mai una strada con la testa rivolta all’indietro e tanto meno si intraprende in tal modo una nuova via.
Non amo chi si chiude nella torre eburnea, nel castelletto del purismo culturale, linguistico e politico, tira su il ponte levatoio e mette i coccodrilli nel fossato a protezione del suo territorio: duri e puri si diceva un tempo.
Non solo, devo anche dirti che con questa impostazione culturale più che politica faccio proprio fatica ad avere una utile interlocuzione.
E’ fondamentalmente per questo motivo che ho grande difficoltà a vedere punti di contatto tra questi due schieramenti ancorché virtualmente e “politicamente” vicini perché l’impostazione del documento ideale e programmatico delle cinque forze politiche firmatarie non è solo divergente, ma conflittuale con il tavolo costituito dal centrosinistra e M5S, arricchito dai contributi del vasto mondo dell’associazionismo e del civismo democratico che ne fa parte.
Bene, nessun nuovo appello allora e nessun commento di merito sui punti programmatici del tavolo di sinistra: in questa sede non mi pare proprio il caso.
Siccome l’appuntamento è per la scadenza elettorale di febbraio, ancorché passante per l’incontro assembleare settembrino, non mi rimane che augurare a questo nuovo soggetto politico nascente il massimo successo, con la auspicabile concreta possibilità di essere presenti nel luogo elettivo sardo deputato per portare avanti le proprie idee e i propri programmi, il Consiglio regionale che sarà eletto nelle prossime elezioni.
1 commento
1 Rosanna Depau
4 Agosto 2023 - 16:32
Apprezzo l’approccio di Fernando e lo sviluppo del discorso , interessante non solo per la densità sotto il profilo culturale , ma soprattutto per la visione politica
di apertura. Penso che questa può benissimo , e deve, accordarsi con la chiarezza e definitezza dei propri valori . La politica proprio in questo consiste.
Apprezzo e condivido.
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