Sette in meno. Fuga tardiva dalla trappola del ministro Calderoli

7 Luglio 2023
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MASSIMO Vlll.ONE - Il Manifesto

Il Comitato per i livelli
essenziali delle prestazio-
ni (Clep) è stato scosso da
una raffica di abbandoni
eccellenti. Hanno lasciato la
compagnia (in ordine rigoro-
samente alfabetico) Amato,
Bassanini, Finocchiaro, Gal-
lo, Paino, Scoca, Violante. La
loro presenza aveva solleci-
tato la orgogliosa dichiara-
zione del ministro Calderoli
di avere messo in piedi la
sua mini-Costituente. Per
lui, la rappresentazione del-
la paternità di una nuova
Costituzione per una nuova
Italia. Ma, in fondo, solo una
stepchild adoption dalla prima
Repubblica.
Certo, l’accettazione dell’in-
vito di Calderoli aveva susci-
tato qualche sorpresa, e ma-
gari sconcerto. Non tanto
per i ruoli di grande presti-
gio ricoperti in passato da-
gli interessati, quanto per
l’evidente strumentalità
della chiamata da parte del
ministro. Era del tutto ovvio
che nella situazione data,
laddove avrebbero dovuto
le opposizioni far emergere
contraddizioni nello schie-
ramento di maggioranza, il
ministro puntava a un obiet-
tivo esattamente opposto.
T
ra l’altro con l’effetto
collaterale di consolida-
re la mordacchia messa
al parlamento, palesemente
il luogo che il ministro più di
ogni altro voleva e vuole evi-
tare. Una richiesta abile e po-
liticamente sensata di Calde-
roli, che è stato piuttosto in-
genuo non respingere esplici-
tamente.
La scelta di scendere dal carro
in corsa è del resto nell’interes-
se dei partenti. Nel copione
scritto da Calderoli con la con-
Sette in meno
Fuga tardiva
dalla trappola
del ministro
sueta lucidità politica era infat-
ti evidente che il regista dell’ o-
perazione è lo stesso ministro,
che si appoggia per consolida-
re la sua posizione al ceto politi-
co regionale e in particolare
alla lobby dei presidenti. L’aiu-
to regista è Cassese, indubbia-
mente in grado di oflìire un
sapere tecnico di pregio che si
è volto, a quanto si legge da
ultimo, alla riduzione dei Lep a
livello dei singoli ministri. Il
che, per qualcosa che parte dal-
la potestà legislativa esclusiva
dello stato, è davvero un
bell’andare. Dopo il regista e
l’aiuto-regista, non possono
esserci mattatori e prime don-
ne. Alla fine, d si confonde nel-
la cacofonia delle voci e dei do-
cumenti, in cui ci si illude che
il destino di un paese si giochi
sull’aggiunta di una parola o di
una frase.
Supponiamo poi che la saggia
decisione di abbandonare sia
stata sollecitata non da astratte
contrapposizioni di schiera-
mento, ma dall’acquisita con-
sapevolezza che i Lep sono in
realtà una scatola vuota, ed
anzi uno specchietto per le allo-
dole. Questo si direbbe oggi
indiscutibile, dopo la docu-
mentazione consegnata in oc-
casione delle audizioni presso
la prima commissione affari
costituzionali del senato, in
specie da Bankitalia e Ufficio
parlamentare di bilancio. Non
è più possibile ignorare - ma
ben si sapeva da tempo- che
non vi siano oggi, e prevedibil-
mente non vi saranno in futu-
ro, le condizioni perché i Lep
possano essere efficacemente
implementati come strumen-
to di riduzione di divari e <lise-
05-LUG-2023
da pag. 1
guaglianze, e non rimangano
scritti solo sulla carta.
Che rimane allora? Una fram-
mentazione del paese attraver-
so la pesca miracolosa di fun-
zioni in quelle 500 e più che lo
stesso Calderoli certifica come
trasferibili alle regioni, senza
escludere quelle strategiche
per il sistema-paese. Non è irri-
levante la lettura del dossier di
diritto comparato elaborato
dal suo ministero che definisce
come particolarmente interes-
sante il modello spagnolo delle
comunità autonome. Un mo-
dello che secondo una lettura
ha favorito la fallita secessione
della Catalogna. E che lo stesso
ministro Calderoli avanzava
come proposta nel 2012, per
passare poi nel 2013 a una auto-
nomia differenziata da attribui-
re alle regioni che avessero da-
to vita a una macroregione.
La scossa indubbiamente data
dalle dimissioni al Clep e al di-
segno del ministro dovrebbe
rendere Giorgia Meloni consa-
pevole che la battaglia sulle
istituzioni è già in corso, qui e
ora. Non può illudersi, in spe-
cie, che un’Italia frammentata
dall’autonomia differenziata
sia poi unificata da un pre-
mier più forte. Per l’ovvio mo-
tivo che l’autonomia differen-
ziata svuoterebbe di poteri,
funzioni e risorse palazzo Chi-
gi, oltre che Montecitorio e Pa-
lazzo Madama.
Se poi si formasse una macrore-
gione a dominanza leghista
attraverso l’articolo 117 com-
ma 8 della Costituzione- obiet-
tivo tecnicamente possibile -
qualunque premier diverreb-
be una costosa superfetazione
istituzionale. Coerente espres-
sione di un partito che sarebbe
a quel punto la casa dei patrioti
macroregionali.

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