L’atomica e il covid

18 Maggio 2023
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Raniero La Valle - Costituente terra

A missione conclusa, si capisce meglio il senso del giro delle Sette Chiese che il presidente Zelensky ha fatto, dalla Polonia a Roma, al Vaticano, a Berlino, a Parigi, a Londra e a Bruxelles. Tre erano i suoi obiettivi: la conferma dell’appoggio politico dei suoi alleati e l’assicurazione che esso non verrà meno anche se la controffensiva annunciata dovesse durare a lungo; chiedere più armi, e soprattutto i caccia per la guerra aerea con la Russia, perché non si vince una guerra senza il dominio del cielo; stanare il Papa, fargli compromettere la sua terzietà e il ruolo di mediatore, annettere anche lui alla crociata dell’Occidente contro la Russia, distoglierlo dal voler parlare con Putin.

Dei tre obiettivi il primo è stato raggiunto a partire dalla Polonia, la nuova pupilla degli Stati Uniti in Europa, fino alla promessa di nuove sanzioni alla Russia da parte di Ursula von der Leyen, e con la straordinaria accoglienza goduta in Italia; il secondo è stato solo in parte raggiunto perché gli sono stati negati i caccia, oltre quelli già forniti da Varsavia; il terzo si è risolto in un disastro.

La solidarietà dell’Italia è giunta fino all’identificazione tra le due leadership, al loro accomunarsi nel perseguimento della vittoria, e fino alla definizione della Russia come “il Nemico”, data da Giorgia Meloni nel discorso a Palazzo Chigi; qualifica di nemico che equivale allo stare in guerra contro qualcuno (Biden definisce Russia e Cina non come “nemici” ma “competitori strategici”) guerra che però in Italia può essere deliberata solo dalle Camere e dichiarata dal presidente della Repubblica. In cambio Zelensky ha preconizzato che anche l’Italia dovrà mandare i suoi figli a combattere in questa guerra quando la Russia, se non sarà sconfitta, invaderà i Paesi baltici, come diceva la “teoria del domino” ai tempi della guerra del Vietnam.

Del tutto mancato è stato invece il terzo obiettivo che metteva in gioco la “missione” perseguita dal Papa. Zelensky si è presentato da lui con il suo elenco di richieste, cha ha poi enunciato la sera nelle esternazioni di “Porta a porta”, nelle quali ha espresso tutta la sua delusione e ha licenziato il Papa dicendo di non aver bisogno di un mediatore. Nell’udienza era incorso in un grave infortunio regalando al Papa una piastra antiproiettile e un’icona della Madonna senza il bambino, sostituito da una cancellatura nera (per significare “la perdita” dei bambini nella guerra), che sarebbe come presentare il cristianesimo senza Cristo e non fare di Maria “la mamma di Gesù”, come si è poi affrettato a chiamarla il Papa all’ “Angelus” domenicale.

Da tutto ciò risulta che questa guerra non è un pezzo della “guerra mondiale a pezzi”, ma è già in nuce la guerra mondiale intera. Resta la grande incognita del ruolo che avrebbe l’arma nucleare. Interrogato sull’ipotesi che la Russia vi faccia ricorso (come è previsto nella sua strategia se fosse messa a rischio l’esistenza stessa dello Stato), Zelensky ha risposto che Putin ha paura di morire, come dimostra quando riceve i suoi ospiti seduto al tavolo lungo per non prendere il Covid, e perciò non userebbe la bomba perché anche lui morirebbe. Non sembra una risposta da statista, quando nella guerra fredda per scongiurare uno scontro nucleare fino a liberarsi dall’atomica si ricorse addirittura alla deterrenza e all’equilibrio del terrore, e si impegnarono i più grandi statisti, da Kissinger a Gorbaciov a Rajiv Gandhi.

Perciò bisogna fermare la guerra, perché oggi siamo in altre mani.

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