Carbonia. Mentre la produzione Sulcis si vende al completo, ed è in arrivo la sovvenzione straordinaria di 800 milioni di lire all’ACaI, il prefetto annuncia duemila licenziamenti. Molto serio il rischio di denunce in Procura, non avendo la SMCS saldato “i contributi alle mutue per oltre 200 milioni”. Riprendono gli “scioperi a scacchiera”, si risponde con la serrata

14 Maggio 2023
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Gianna Lai

Nuovo post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.

Il prefetto a dare il quadro della vicenda sulcitana, con la nota dell’Ufficio Provinciale, “Situazione pesante nell’industria”, e poi la questura, “approvazione da parte della Commissione Finanze e Tesoro di un disegno di legge su una sovvenzione straordinaria di 800 milioni di lire all’ACaI, quale anticipazione per provvedere al riassetto della gestione delle miniere, fino al pareggio”. Concludendo fiduciosa, essa stessa, per lo scampato pericolo, “dove parve a un certo punto che si dovesse giungere a chiusura dei cantieri, in una popolazione di circa 60 mila persone”.
800 milioni nell’anno in cui il Sulcis si vende agevolmente, niente cumuli invenduti nei piazzali, l’intervento di Laconi in Parlamento a sostegno di impegni più consistenti da parte del governo, atti a risolvere la questione Sulcis: uso energetico del carbone e fabbriche di azotati.
Ma non per questo si interrompono i licenziamenti a Carbonia, dai 16.500 dipendenti di inizio ‘48, ai 12 mila attuali, secondo L’Unità del 10 settembre 1949, pressioni e minacce pure sui malati che hanno diritto invece alla conservazione del posto di lavoro per 180 giorni. Il fatto è che non porta a nulla l’incontro del 3 agosto tra Associazione Industriali e Commissioni interne, ora non più riconosciute dalla stessa azienda SMCS: annullato quindi l’accordo di gennaio sui premi di resa e rendimento, anche per capisquadra e sorveglianti. Nel più totale assenteismo delle autorità regionali, denuncia L’Unità del 7 e del 20 agosto. E la risposta arriva subito, astensioni dal lavoro di 2 ore per ogni turno di miniera, anche per protestare contro lo stato di abbandono in cui versano i cantieri. All’insegna dello spreco e dell’incapacità amministrativa e gestionale, “una grande quantità di carbone a Pozzo Nuovo, va a finire sotto le frane: si lavora spesso a fondo cieco [con una sola via di fuga, n.d.a.]”, nel pericolo continuo di frane, nella permanente “mancanza di organizzazione, di attrezzatura e di materiale”: questa la lettera inviata da un gruppo di operai di Bacu Abis a L’Unità del 17 agosto 1949. Mentre, nella stessa Azienda Agraria Carbonifera di Bacu Abis, estesa per 900 ettari, solo un terzo dell’area risulta coltivato, come denuncia ancora L’Unità del 7 agosto. Cui segue lo scritto di Antonio Puggioni, 24 agosto 1949: “dal 25 agosto azioni sindacali più decise” perché “è aumentata in questi mesi la resa operaia e in laveria: gennaio 527 tonnellate, febbraio 569, marzo 559, aprile 579, maggio 586, giugno 577”. Dunque, nonostante la riduzione delle maestranze, aumenta la produttività ma, come sottolinea di nuovo L’Unità nella stessa data, l’azienda non ha rinnovato l’attrezzatura, a partire dagli stessi motopicchi, e si fa persino “massima economia di esplosivo”. Sicché “assume il carattere di sabotaggio” la noncuranza dei dirigenti, ancora lo stesso quotidiano il 1 settembre, in quel 1949, quando la produzione Sulcis risulta finalmente venduta al completo.
E allora, sciopero di due ore, dal 28 agosto, contro i licenziamenti, sempre finalizzati a decapitare la dirigenza delle Commissioni interne, così per Francesco Milia, sindacalista e quadro attivo del Pci, e per imporre all’Azienda il saldo dei debiti nei confronti dell’Inam, che non paga più le indennità malattia a circa mille degli operai dipendenti. E intanto, a Bacu Abis, “ingenti forze di polizia impediscono l’ingresso degli operai nel turno successivo allo sciopero, per questioni di sicurezza”, in realtà a sostegno dell’azienda che attua forme di serrata, ripetute poi in altri pozzi. Il fatto è che neppure questa modalità di sciopero piace all’azienda, lo sciopero a scacchiera, come non era piaciuto nel ‘48 la non collaborazione, e se la serrata è vietata per legge, non v’è chi possa impedirla nel Sulcis, pur denunciando i dirigenti della sinistra, nei loro comizi, il comportamento garvemente antisindacale della Carbosarda.
Astensioni a scacchiera, 2 ore a Bacu Abis, il giorno dopo a Cortoghiana, il terzo a Schisorgiu e Tanas, forte la pressione della polizia che continua a impedire l’ingresso degli operai nel turno successivo allo sciopero. Responsabili della vertenza, i liberini, i sindacati liberi, dice la Cgil, che respingono le proposte del prefetto sul problema del riconoscimento delle Commissioni interne, condivise invece dalla Camera del lavoro cittadina. E tenta ancora la mediazione, il prefetto, dopo gli interventi dei direttori, impegnati in giro “nei cantieri, a minacciarne la chiusura”, come denuncia L’Unità del 29 agosto: sulla sua Relazione mensile, lo stato delle agitazioni, “per ottenere il riconoscimento delle Commissioni interne”, e poi sullo sciopero a scacchiera, che lo induce a convocare le parti. E dalla questura, invece, piu duri con i comunisti, “il Pci prepara manifestazioni e Festa dell’Unità in tutti i comuni della Provincia e “non esita altresì, come è abitudine dei suoi esponenti, di sostenere, specie nel bacino del Sulcis, situazioni tante volte contrarie alle norme di ordine publico.
Man mano che si fa sempre più consistente la nuova ondata di licenziamenti di massa, la direzione impone ai capisqudra e ai sorveglianti di compilare elenchi sulla base delle adesioni politiche e sindacali di ciascuno scioperante, suscitando l’indignazione del sindacato e dei partiti. Fino a che non parte per Cagliari, su invito di Crespellani, una delegazione cittadina in rappresentanza degli operai con Antonio Puggioni, segretario del sindacato minatori, dell’amministrazione comunale, (Sindaco, allora, il prof. Maxia, dopo le dimissionario in agosto del dottor Orani), di commercianti e professionisti, cui si aggiunge “il dottor Fiorentino e il farmacista Costa”. A tutti loro assicura un immediato intervento il presidente della Giunta, mentre è già in atto il licenziamento di 300 dipendenti, che prepara lo sfollamento di migliaia di operai e di decine di impiegati, sorveglianti e capisquadra di miniera. Fra i primi 300 anche membri delle Commissioni interne e 12 donne della laveria. A confermarne la “necessità”, lo stesso onorevole Angelo Corsi, dirigente SMCS, ormai passato dall’altra parte della barricata. Già ridotto, per questo, il numero di carrozzoni - treno, adibito al trasporto degli operai, essendo così fortemente ridotta la massa lavoratrice nel giro di un anno, ugualmente chiara appare la smobilitazione delle maestranze impegnate a Tratalias. Verrà liquidato l’Ente bonifiche di Tratalias, ritenuto parassitario dalla V^ Commissione Finanze del Senato, si chiedono i dipendenti, mentre non si fermano i Comitati sindacali sorti nei vari cantieri per garantire vigilanza e pronto intervento rispetto alla politica di smantellamento portata avanti dalla direzione.A definire il quadro la Prefettura nel mese di ottobre, “Situazione economica nell’Industria, la SMCS intende alleggerire l’azienda di 2000 unità, dichiarate “non produttive”.

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