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25 aprile/Festa della Liberazione. tre poesie di Buzzati,Calamandrei e Govoni
Da il Corriere swlla sera 25 APRILE 2020 | di Ottavio Rossani
Oggi è la Festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca 1943-1945, dopo la firma dell’armistizio. Come ogni anno, dovrebbe interpretare il sentimento nazionale della riconquistata libertà ottenuta grazie all’arrivo sul suolo italiano degli alleati, ma anche dal grande impegno della guerriglia partigiana. Ma ci sono ancora polemiche sull’interpretazione del valore di questo anniversario, che invece dovrebbe funzionare da evento pacificatore unificante, proprio in quanto festa nazionale per tutti. Per chi ha combattuto il fascismo e per chi invece lo ha sostenuto, oggi a distanza di settantacinque anni, dovrebbe vincere il buon senso che la liberazione dall’oppressione nazifascista è un valore per tutti i cittadini italiani, al di là delle ideologie. La libertà è un bene di tutti che non va colorato a seconda delle convenienze personali. Si accusa la sinistra di essersi impossessato di questo valore come fosse stata l’unica forza combattente contro i tedeschi. Infatti nel CNL (Comitato di Liberazione Nazionale), che ha guidato la lotta partigiana contro gli occupanti, c’erano tutti i militanti dei futuri partiti: insieme con il PCI e il PSI, anche la Dc, il PRI, il gruppo di Giustizia e Libertà, e diverse altre organizzazioni. resta il fatto che i militanti di sinistra sono stati una forza trainante durante la guerriglia partigiana e, dopo, quelli che maggiormente hanno rielabotato il senso degli avvenimenti, tanto da sembrare i monopolisti della memoria resistenziale, cosa che però non è vero. Se altre forze politiche hanno esercitato blandamente questa memoria per calcoli anche elettorali, non si può addossare alla sinistra una colpa per essere stati più fortemente legati alla celebrazione della lotta partigiana. Se poi coloro che discendono dall’ideologia fascista ritengono che la libertà riconquistata da chi li ha combattuti non appartiene a loro, è un grumo storico che evidentemente non riescono a sciogliere. La storia va metabolizzata e la vera pacificazione avviene quando si riesce a guardare al futuro condividendo valori basici e basilari, come appunto la libertà riconquistata dpo una lunga guerra che ha devastato sentimenti e modi di convivere. E forse proprio la poesia, che alla fine è l’unica forma espressiva scevra da specifici interessi, può essere il volano di un nuovo modo di sentire gli effetti della storia.
Tra le moltissime poesie dedicate al 25 aprile e alla Festa della Liberazione, alla lotta partigiana, e al clima di strazio e di terrore vissuto dal paese nell’anno e mezzo che dall’armistizio ha portato alla cacciata dei tedeschi dal territorio italiano, e quelle scritte dagli stessi partigiani. rimaste anonime, e anche dagli internati nei campi di concentramento nazisti, ne ho scelto tre che ritengo interpretino il senso della gioia per la fine del conflitto e dell’occupazione del nostro Paese (Dino Buzzati), l’orgoglio degli italiani che hanno collaborato con gli alleati alla Liberazione (Pietro Calamandrei), e la sacralità della memoria di chi ha sacrificato la vita per questa libertà (Corrado Govoni). Buona lettura e buona festa a tutti.
25 Aprile
Ecco, la guerra è finita.
Si è fatto silenzio sull’Europa.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio, tutti sono diventati pazzi,
ridono, si abbracciano, i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte che gelano il sangue
e al rombo ansimante dei motori le case non saranno mai più così immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua uno là senza preavviso,
e sentirle perennemente nell’aria, notte e dì capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici.
Dino Buzzati
——
25 Aprile 1945
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
Più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA.
Pietro Calamandrei
Questo testo di Piero Calamandrei è l’epigrafe nella lapide, posta il 4 dicembre 1952 nel Palazzo comunale di Cuneo, nell’ottavo anniversario della morte del partigiano Duccio Galimberti. Calamandrei ha voluto protestare l’indignazione dell’Italia contro il generale Kesserling, comandante in capo delle forze armate tedesche che hanno occupato l’Italia dopo l’armistizio del 1943. Il generale aveva subito un processo per crimini di guerra (Marzabotto, le Fosse Ardatine e altro), ma dopo un po’ fu scarcerato ed è tornato in Germania, nella sua casa. E ha dichiarato che l’Italia avrebbe dovuto dedicargli un monumento. Ma il “monumento” al suo eventuale benché improbabile ritorno – ha scritto il grande “padre costituente” – sarebbe stato “ora e sempre Resistenza”.
—-
Morte del partigiano
Dorme nei suoi capelli, vegetali
fili che il sole e il vento scioglieranno
vivi all’alba: una buia sventagliata
di mitra lo sferzò tra capo e collo
come brusca manata di un amico:
così cadde supino, per voltarsi
a riconoscerlo e a scambiare il colpo.
Non sentì allontanarsi per la riva
i passi dei fucilatori, dopo
che gli diedero un calcio per saluto
gridandogli: «Carogna!», e dentro il fiume
scaricarono l’arma e un po’ più avanti
graffiarono rabbiosamente il ponte
di bombe a mano: troppo poco a dare,
anche se così complice od assente,
che la notte straripi di terrore
per un sol sparo secco. Dorme, dorme
lungo disteso, stretto il gonfio collo
nella sciarpa di sangue larga e morbida
sempre più gelida; e il lungo cappotto
indurito di brina è il suo sepolcro.
E la sua patria è l’erba.
Corrado Govoni
1 commento
1 Aladinpensiero
25 Aprile 2023 - 07:35
W il 25 aprile W la Resistenza W i Partigiani W
L’Anpi. Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=143239
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