Massimo Marini
Il PD focalizza l’attenzione del popolo del centrosinistra e della sinistra. Ecco un nuovo intervento a favore di una candidatura speciale, quella di uno scienziato, ma anche fine politico fuori dagli apparati.
C’è nervosismo nel PD. Un nervosismo nuovo, mai percepito fino ad oggi. Non si tratta dei soliti malumori dati da posizioni divergenti su un tema specifico. E’ un nervosismo positivo. Un nervosismo dato da quello che si configura come il primo vero congresso del Partito. Con delle vere primarie dal risultato incerto. Con due (per ora) posizioni concorrenti, veramente concorrenti, che dalla settimana prossima lo saranno ancora di più, quando finalmente, dopo la presentazione ufficiale della candidatura di Bersani, si delineeranno i contorni delle due proposte in campo. Un nervosismo che però riguarda sostanzialmente le alte sfere del Partito, una battaglia per l’assestamento, l’equilibratura a seguito conta, del Potere costituito. Un nervosismo che man mano che si scende verso la base assume i contorni dell’occasione perduta, dell’appuntamento mancato con la storia. Non è mai accaduto che una parte importante della partitocrazia italiana, una parte potenzialmente maggioritaria, sia stata così vulnerabile e potenzialmente scalabile e conquistabile realmente dalla base. E probabilmente non accadrà più, perché chiunque la spunterà al Congresso di ottobre tra Bersani e Franceschini, si adopererà a riportare la situazione alle condizioni attuali, con qualche faccia nuova messa qua e là a mascherare la restaurazione che di fatto è già in atto da tempo, perpetrata in modo spudorato con primarie fasulle (quando fatte) e in modo più subdolo con i nuovi regolamenti sui tesseramenti e gli assurdi vincoli residenziali imposti, e con la regolamentazione delle attività giovanili del Partito e l’inserimento di limiti di età che favoriscono lo status quo e la fossilizzazione delle nuove proposte politiche. Fino alla ciliegina sulla torta rappresentata dal regolamento per la presentazione delle candidature alla guida del Partito: tutte le candidature debbono essere presentate entro il 23 luglio e sottoscritte da almeno il 10% dei componenti l’Assemblea Nazionale uscente, oppure, da un numero di iscritti compreso tra 1500 e 2000, distribuiti in non meno di cinque regioni, appartenenti ad almeno tre delle cinque circoscrizioni elettorali per il Parlamento europeo. L’occasione è quindi più unica che rara, e la base proprio no, non se la può lasciar sfuggire. Non si deve far ammaliare dal gergo nuovista di Franceschini, né dalle parole d’ordine care alla sinistra di Bersani. Deve oggi dimostrare che è matura abbastanza per imporre un proprio candidato e portarlo ai vertici del nuovo PD. Lo deve fare in modo unitario, magari lasciando da parte qualche virgola di divergenza di vedute, assumendo un atteggiamento da assemblea costituente dove l’importante è raggiungere il fine ultimo, ovvero la defenestrazione politica dell’attuale dirigenza, non solo incapace ma attivamente colpevole della disfatta del centrosinistra in Italia. Scardinare definitivamente una classe dirigente che non ha mai voluto veramente confrontarsi con la base e lasciarle lo spazio dovuto, ma si è limitata a coglierne e a cavalcarne gli umori, spesso in modo strumentale. Implementare la politica nuova, quella realmente democratica, fatta di ascolto, discussione e decisione finale che diventa linea di Partito. Quella che si ispira al riformismo progressista, moralmente e tecnicamente credibile, con i diritti civili in primo piano. Se si muove unita, la base ha i numeri per riuscire nell’impresa di rifondare la Politica con la P maiuscola in Italia. E la base ha pure il candidato bello che pronto, moralmente e tecnicamente credibile, ovvero quell’Ignazio Marino che a sorpresa ha rubato la scena a tutti i big del Partito, Serracchiani compresa, durante l’incontro al Lingotto. Che ha parlato da professionista timido ma concreto, lucido e deciso, da credente che difende i diritti civili di tutti e che non dimentica di ricordare la necessità di ridare dignità al lavoro. Ignazio Marino non ha attualmente intenzione di candidarsi, lo ha ripetuto più volte, ma davanti ad una investitura di tale suggestione difficilmente si tirerebbe indietro. Ed allora sì che il vero Partito Democratico potrebbe cominciare a prendere forma, e con esso la speranza di salvare questo Paese.
2 commenti
1 Antonello Murgia
3 Luglio 2009 - 21:36
Ignazio Marino è una persona per bene che nella sua breve esperienza politica ha fatto molto bene nelle cose di cui si è occupato (sanità e diritti civili). La sua candidatura è certo un sasso nello stagno del PD, nel quale gli zombies plurisconfitti riemergono periodicamente grazie anche a soccorritori interessati. Avete presente il siparietto La Repubblica-D’Alema? “Sarebbe disposto a candidarsi alla segreteria del PD?” E lo statista che negli ultimi 15 anni non ne ha azzeccato una, ma che continua a occupare posti di potere con suoi fedeli: “Solo come estrema ratio”. Ma chi se lo filava D’Alema? Chi nell’opinione pubblica poteva, prima dell’imbeccata de La Repubblica, pensare a lui come salvatore della Patria? In una situazione di questo tipo la candidatura di Ignazio Marino ha l’effetto di una ventata d’aria pulita. Le cose che mi preoccupano sono:
1) la sua candidatura si configura come quella dell’uomo della provvidenza, perché nasce dalla sua voglia di battersi più che da una battaglia della base di un partito che non ha identità e che non sembra neppure in grado di interrogarsi su tale identità, pena lacerazioni traumatiche. I militanti che hanno sperato (in misura e per un tempo più o meno grandi) in D’Alema o in Veltroni rappresentano, credo, la quasi totalità non solo del PD, ma anche degli elettori d’area; io ho sperato in entrambi (magari senza molti fondamenti razionali, nel caso di Veltroni), ma poi le cose sono andate come sappiamo perché mancavano identità e progetto comune, che son cose che non si ottengono a colpi di bacchetta magica. Il vaccino contro leadership avventuriste è dato da un corpo del partito solido e vivo, cosa che al momento manca;
2) uno dei più accesi sostenitori di Marino è quel Goffredo Bettini già consigliere e stratega di campagna elettorale di Veltroni, evidentemente non ancora sazio per i guasti commessi. Riuscirà il nostro eroe a liberarsi dall’abbraccio dell’idra dalle sette teste?
2 marco
4 Luglio 2009 - 13:08
mi auguro che la candidatura di marino spinga i due candidati principali, e soprattutto Bersani-che voterò perchè ha il mio stesso modo di vedere le cose-a spingere sul pedale della modernità e del riformismo…non sono d’accordo con massimo marini : non c’è da defenestrare nessuno -anche perchè, se Bersani e D’alema sono “il male”, allora lo sono anche le centinaia di migliaia di iscritti e militanti che in loro ripongono fiducia, come sarà a chiaro al congresso, e se non c’è posto per loro vuol dire che non c’è posto nemmeno per noi.
la candidatura marino fa comunque chiarezza, ed è positiva.
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