Consolidare e potenziare l’Autonomia Speciale della Sardegna

5 Aprile 2023
2 Commenti


Alfio Desogus - Del Comitato sardo NO Autonomia Differenziata

 

 

In un articolo del Corriere della Sera e nella fase finale del telegiornale di La Sette (27 marzo 2023), sono state affermate e fornite valutazioni sostenute da numeri percentuali che meritano un approfondimento, in quanto viene rimesso in discussione l’Istituto dell’Autonomia Speciale della Sardegna e delle altre 4 analoghe regioni italiane (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Sicilia); fra le diverse motivazioni sottostanti al riconoscimento della “Specialità” delle Regioni, affermate nell’articolo giornalistico, colpisce la causa fornita per l’Autonomia Speciale sarda, riassuntivamente indicata nella “povertà secolare” dell’Isola.
Sfugge agli articolisti del Corriere della Sera (27 marzo scorso) che la Sardegna, oltre all’Isola principale, è un sistema di isole che, come tali, pongono automaticamente il problema-diritto della continuità territoriale e della mobilità, tuttora irrisolto.
Sfugge, inoltre, che la Sardegna, sede di un antico Regno, ha una propria e persistente identità culturale basata sulla lingua e sulle varietà dialettali, sull’espressione musicale, sui canti corali, su una vasta letteratura e su tradizioni del tutto specifiche. A questo si aggiunge il patrimonio paesaggistico e archeologico, largamente apprezzato perché unico, il cui pregio impone scelte volte alla sua valorizzazione e conservazione soprattutto nella fase attuale caratterizzata da scelte e programmi nazionali per l’installazione di impianti per la produzione dell’energia eolica e fotovoltaica di competenza dello stato nazionale.
Si tenga conto, inoltre, che la Sardegna, pur essendo fra le regioni italiane più estese territorialmente, ha una popolazione di circa 1.600.000 persone distribuite in 377 comuni, cosa che genera automaticamente oneri enormemente superiori a qualsiasi altra regione e gigantesche difficoltà nelle comunicazioni intercomunali e nella mobilità.
Basti riferirsi alla situazione della rete ferroviaria costruita nel lontano 1914 dallo stato liberale italiano e oggi in grandissima parte inutilizzata perché abbandonata a se stessa. L’elettrificazione delle ferrovie sarde rimane una chimera: in tutta la Sardegna esistono solo 65 Km di ferrovie a doppio binario. Si pensi che per andare da Cagliari ad Olbia occorrono ben tre ore e mezzo! Analoga situazione negativa esiste per la percorrenza delle superstrade, permanentemente oggetto di lavori interminabili.
Le ferrovie e le strade sono di pertinenza delle Ferrovie Statali e dell’ANAS, ovvero dello Stato italiano, che ne determina progetti inadeguati e realizzazioni che negano uno dei diritti fondamentali quale quello della mobilità.
Si deve inoltre tener conto alle migliaia di ettari destinati dallo Stato italiano alle strutture militari. Si tratta di vere e proprie servitù militari che impediscono tuttora l’attività agricola nelle terre più fertili e hanno espropriato spiagge di grande valore turistico penalizzando l’economia sarda.
Ma allora ci chiediamo: che senso ha affermare nello stesso giorno, nel telegiornale di La 7, che la Sardegna, accostata ad altre regioni, ottiene il 70% dell’Irpef? Perché non si comunica l’entità delle attuali entrate della Sardegna e delle altre regioni poste a comparazione?
A ben verificare, l’alto indice numerico percentuale viene applicato ad un livello delle entrate che probabilmente è tra i più bassi delle regioni italiane. In proposito è importante sottolineare che dall’approvazione dello Statuto di Autonomia Speciale sarda (1948) e per alcuni decenni (fino al 1973), le aziende che operavano in Sardegna avevano la sede legale in altre regioni ove venivano versate le tasse (IVA e Irpef).Tutto questo è avvenuto quando, durante l’attuazione del piano di Rinascita, le aziende attivate in Sardegna erano di proprietà di imprenditori delle regioni settentrionali; appena costituite nel 1970, le stesse già dal 2019 hanno promosso la proposta di legge sull’autonomia differenziata, diventata Disegno di Legge del governo nazionale il 2 febbraio scorso, successivamente ampliato il 15 marzo 2023, Nel merito, si fa notare che nel DDL governativo le eventuali competenze sono attribuibili solo alle regioni ordinarie e, addirittura, alla singola regione richiedente, senza discussione e approvazione del Parlamento Nazionale.
Appare chiara la prospettiva della futura disarticolazione e disomogeneità dello Stato Italiano perché l’attribuzione delle competenze è basata soltanto sulla ricchezza delle singole regioni richiedenti. Infatti sorge immediatamente la preoccupazione per l’esigibilità e la qualità dei diritti fondamentali di cittadinanza, quali la salute, l’istruzione e la mobilità che garantiscono l’uguaglianza fra i cittadini.
Si tratta di diritti che attengono alla piena cittadinanza, ovvero a diritti umani che non possono essere attribuiti alle singole regioni pena l’aumento delle disuguaglianze e la negazione delle opportunità di sviluppo territoriale.
Da qui nascono le ragioni profonde dell’opposizione per il DDL sulle nuove autonomie differenziate mentre per la Sardegna diventa decisivo poter co-decidere da subito nel settore delle energie per difendere il proprio patrimonio paesaggistico e ambientale.
Per questi obiettivi e per queste finalità occorre un’opinione informata ed avvertita per le scelte del futuro della nostra regione. Ma soprattutto è impegno lungimirante dei sardi e anche di chi opera nel campo dell’informazione e della comunicazione a favore dell’uguaglianza.

 

 

2 commenti

  • 1 Aladinpensiero
    5 Aprile 2023 - 07:51

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=142415

  • 2 Giorgio
    5 Aprile 2023 - 08:15

    Gent. Sig. Desogus,

    le questioni che lei evidenzia sono, aimè, del tutto condivisibili e reali. Il problema è capire come sia stato possibile che dopo oltre settant’anni di autonomia speciale, decenni di dibattiti sull’autogoverno, diversi Piani di rinascita, siamo ancora a questo punto.
    Probabilmente anche l’approccio di noi sardi a queste tematiche non è stato, in questi anni, quello giusto. Forse servirebbe, da un lato, un atteggiamento più propositivo e meno questuante nei confronti dello stato nazionale e dell’UE, dall’altro una dimostrazione di maggiore capacità di autogoverno.
    In questa autocritica ci metto dentro i nostri politici che, su queste problematiche, dovrebbero anteporre l’interesse della Regione a quello di schieramento. I nostri imprenditori che, talvolta, agiscono più con atteggiamento predatorio e con l’obiettivo di rastrellare contributi pubblici che non di fare impresa. Ci metto dentro anche tutti noi cittadini che, è faticoso ammetterlo, siamo spesso pervasi da un sentimento atavico di invidia reciproca per cui siamo costantemente impegnati a mettere il bastone tra le ruote a chi, con le capacità e l’impegno personale, tenta di avviare qualcosa di positivo in questa terra.
    Saluti
    Giorgio

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