Andrea Pubusa
Nei primi anni del secolo scorso si è sviluppato all’interno della socialdemocrzia europea un interessagnte dibattito sul problema delle nazionalità e delle minoranze etniche. Vi parteciparono alcuni fra i più autorevoli esponenti del movimento socialista. Otto Bauer, Kautsky, R. Springer, V, Kossovski. Al dibattito partecipò anche Stalin con uno scritto del 1913 au Marxismo e questione nazionale, che ha notevole importanza non solo per il suo contenuto, ma perché Stalin nel novembre del 1917 fu nonimato Commissario del popolo per le nazionalità e diede un contrinuto fondamentale alla soluzione in senso federalista dello Stato sovietico.
Il dissenso muove dalla stessa definizione di nazione. Che cos’è la nazione?. “La nazione è una comunità stabile , storicamente formatasi, che ha origine nella comunità di lingu, di territorio, di vita economica e di conformazione psichica, che si manifesta nella comune cultura”. Per Bauer la risposta è meno articolata. “La nazione è una relativa comunità di carattere”. Per Sprimgere “è una unità di persone che pensanio nello stesso modo e parlano nello stesso modo. E’ una comunità culturale di un gruppo di contemporanei non legata alla “terra”.
Le conseguenze della teoria che espunge il carattere territoriaĺe per dare rilievo solo a quello culturale sono paradossali, perche’ inducono a creare nello stesso territorio piu’ entita’ nazionali, tante quante sono le possibili comunita’ di carattere, per esempio in Austria, comunita’ austriaca, ungherese, ebrea ecc. Portando ad una frammentazione a che dei partiti socialdemocratici. Ha buon gioco Stalin a muivere una critica convincente a questa impostazione in favore della spluzione terrotoriale, fermi restando tutti gli slaltri elementi della definizione di nazione. In questo modo le nazionalita’ si formano per regioni, che assumono natura di stati e comprendono tutte le persone stanziate in quel territorio.
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