Ricordate Doddore Meloni? Cospito rischia la stessa fine

8 Marzo 2023
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Andrea Pubusa

Ricordate Doddore Meloni? Il 6 luglio 2017 è morto dopo uno sciopero della fame. Personaggio di spicco dell’indipendentismo sardo, leader del movimento ‘Meris in domu nostra’ (Padroni in casa nostra) e Paris (Partidu indipendentista sardu), Meloni era stato arrestato il 28 aprile per cumulo di pene, era stato portato nel carcere di Oristano-Massama, e aveva iniziato subito lo sciopero della fame e della sete. A seguito delle sue condizioni di salute era stato trasferito nel carcere di Cagliari-Uta, dove aveva proseguito lo sciopero della fame e della sete, aggravandosi fino a rendere necessario, il 29 giugno, il ricovero in ospedale, al SS. Trinità di Cagliari, dove il 6 luglio è morto.
E’ stato sostanzialmente un delitto di Stato. Più che pericoloso, Doddore era un fantasioso combattente: Autoproclamatosi il 2 settembre del 2008 presidente della Repubrica di Malu Entu, con la storica occupazione dell’Isola di Mal di ventre avvenuta il 26 agosto, a largo delle coste Oristanesi, Meloni nel 1981 fu protagonista insieme a una decina di persone del complotto indipendentista sardo, che gli costò 9 anni di carcere. Era  imputato anche nel processo contro gli indipendentisti veneti. Era nato ad Ittiri (Sassari) il 4 maggio 1943, ma si trasferì giovanissimo a Terralba (Oristano), dove conduceva l’attività di autotrasportatore.
La vicenda di Alfredo Cospito presenta analogie con la storia di Doddore Meloni. L’anarchico dallo scorso 20 ottobre sta portando avanti uno sciopero della fame per protestare contro il 41 bis. Ora, su indicazioni dei medici del centro clinico del carcere di Opera per la seconda volta torna nel reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo di Milano. Il nuovo trasferimento si è reso necessario in quanto l’esponente della Fai, dopo il rigetto da parte della Cassazione della richiesta di revoca del 41 bis, ha sospeso l’assunzione di integratori.
Alfredo Cospito, attraverso il suo legale, ha depositato al tribunale di sorveglianza di Milano una richiesta di differimento pena, per motivi di salute, nella forma della detenzione domiciliare. La richiesta è ora al vaglio dei giudici che dovranno fissare udienza, che potrebbe tenersi il 24 marzo. La Sorveglianza milanese, dunque, dovrà vagliare una questione delicata, su cui più volte si è anche espressa la giurisprudenza, negando spesso il differimento pena in quei casi nei quali lo stato critico di salute viene ‘autoindotto’ dallo stesso detenuto. Saranno necessari probabilmente anche esami sulla condizione psichica dell’anarchico, perché se fosse rilevata, in ipotesi, una patologia mentale si potrebbe a quel punto superare la questione della ‘autoinduzione’ e dare l’ok al differimento pena. Tra l’altro, per il 24 marzo è fissata anche un’udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza di Sassari, dove era detenuto Cospito fino a fine gennaio scorso. Un collegio dovrà esprimersi su un ricorso della difesa contro la bocciatura della richiesta di differimento pena, già decisa da un giudice di Sassari. A Milano, invece, l’istanza è stata presentata direttamente al Tribunale e quindi la valutazione sarà già collegiale.
Sulla vicenda si è espresso in termini generali anche il Comitato Nazionale di Bioetica. I suoi membri condividono il “rifiuto di adottare misure coercitive contro la volontà attuale della persona” e “ritengono che non vi siano motivi giuridicamente e bioeticamente fondati che consentano la non applicazione della L.219/2017 nei confronti della persona detenuta, che, in via generale, può rifiutare i trattamenti sanitari anche mediante le Disposizioni Anticipate di Trattamento (Dat)”. >Il Comitato, nella sua riunione plenaria del 6 marzo “ha approvato il documento di risposta ai quesiti del ministero della Giustizia presentati il 6 febbraio scorso”.
Il Comitato “si è in primo luogo interrogato sulla possibilità di rispondere a quesiti per i quali è evidente il collegamento ad una vicenda personale chiaramente riconoscibile, per quanto non esplicitamente menzionata”. Ilregolamento del Cnb esclude che si possano dare risposte a “quesiti riferiti a casi personali”, ma prevede che ciò possa avvenire “in ipotesi eccezionali in cui ricorrano motivi di interesse generale e comunque nel rispetto della funzione giurisdizionale spettante alla Magistratura”. Di conseguenza il Comitato “non ha alcuna legittimità giuridica, politica, morale ed etica per formulare un parere ‘ad personam’. Di conseguenza, la risposta del CNB ha un carattere generale”. Nel corso della seduta sono emerse “diverse riflessioni condivise”, che “sono la premessa di posizioni che si differenziano in alcune conclusioni”. La maggioranza dei componenti del Comitato (19) “ha ritenuto che, nel caso di imminente pericolo di vita, quando non si è in grado di accertare la volontà attuale del detenuto, il medico non è esonerato dal porre in essere tutti quegli interventi atti a salvargli la vita” e rileva che “la stessa Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) ha sostenuto di recente che: ‘né le autorità penitenziarie, né i medici potranno limitarsi a contemplare passivamente la morte del detenuto che digiuna’”. Si rileva inoltre che “le Dat sono incongrue, e dunque inapplicabili, ove siano subordinate all’ottenimento di beni o alla realizzazione di comportamenti altrui, in quanto utilizzate al di fuori della ratio della L. 219/2017″. Altri componenti del Cnb (9), ritengono che “non vi siano motivi giuridicamente e bioeticamente fondati che consentano la non applicazione della L. 219/2017 nei confronti della persona detenuta in sciopero della fame, anche in pericolo di vita. Anche in questo caso la nutrizione e l’idratazione artificiali possono essere rifiutate, anche mediante le Dat e la pianificazione condivisa delle cure. Il diritto inviolabile di vivere tutte le fasi della propria esistenza senza subire trattamenti sanitari contro la propria volontà - derivazione logica del diritto alla intangibilità della sfera corporea di ogni essere umano - costituisce un principio costituzionale fondamentale del nostro ordinamento”. Infine 2 membri del Comitato, “pur privilegiando questa seconda posizione per quanto riguarda l’interpretazione dell’ordinamento vigente e l’applicabilità delle Dat, ritengono che un diverso bilanciamento dei principi in gioco non sia da escludere, anche guardando all’esperienza di altri Paesi. Considerano tuttavia - conclude la nota - che un intervento del legislatore sia la via obbligata, comunque stretta per vincoli e giurisprudenza costituzionali. Sottolineano inoltre la necessità di offrire un esplicito e chiaro riferimento normativo a chi si troverà a prendere queste decisioni, a partire dai medici”.
Insomma, date le complessità anche giuridiche, la vicenda Cospito tende a bloccarsi e ad essere molto simile a quella dell’indipendentista sardo anche se per lui non ci fu tanto clamore, povero Dodore! C’è il concreto pericolo che Cospito muoia. Ma a chi gioverebbe questa morte? Non certo alla nostra demorazia, perché averrebbe in violazione della Costituzione, che tutela anzitutto i diritti inviolabili della persona, primo fra tutti il diritto alla vita. Il primo sconfitto sarebbe lo Stato. Possibile che i parrucconi del governo e della magidtratura non lo capiscano?