PD: fra i due litiganti chi godrà?

30 Giugno 2009
2 Commenti


Massimo Marini

All’indomani dell’incontro organizzato dai piombini al Lingotto di Torino, la prima impressione che è saltata agli occhi di tutti è che manchi il terzo candidato, quello della base, dei movimenti, dei “giovani”. Tutti si sono smarcati, uno dopo l’altro: dalla mitica e mitizzata Serracchiani all’ottimo Ignazio Marino - probabilmente il migliore intervento il suo, da Chiamparino a Giuseppe Civati. Da quando Dario Franceschini ha deciso di concorrere alla segreteria, non si parla altro che di rinnovamento, inteso in termini anagrafici certo, ma anche e soprattutto di “facce”. Ma è nel posto più importante, ovvero quello al timone, che nessun nuovo ha intenzione di raccogliere il testimone e provare a concorrere alla poltrona di Segretario. Perché? Ogni “rifiuto” è una storia a se certamente, ma la sensazione generale è che non ci sia nessun papabile che abbia voglia di bruciarsi prima del tempo. A cominciare da Zingaretti, davanti al quale si apre indubbiamente una florida carriera politica che il Presidente della Provincia di Roma non intende gettare alle ortiche con una sua candidatura “contro”. Ed è sostanzialmente, seppure con le diverse sfumature dei casi, il ragionamento che fanno anche Marino, Chiamparino e soprattutto la Serracchiani, che onestamente fa anche un po’ tenerezza per come ora viene trattata da icona del cambiamento e sbattuta in prima fila ogni volta che se ne ha l’occasione. Se a questo si aggiunge il fatto che sabato si è avuta la netta sensazione che i “giovani” siano sostanzialmente schierati con Franceschini, ecco che si può concludere che le candidature alla guida del PD sono già belle che chiuse, a meno di qualche proposta minore per fare un po’ di numero. Bisogna oggettivamente riconoscere a Dario Franceschini delle doti tempistiche e di comunicazione notevolmente superiori a quelle degli altri big di partito. La sua candidatura con un video quasi amatoriale on line all’indomani di una non-sconfitta elettorale, è stata una mossa tanto improvvisa quanto apprezzata dai simpatizzanti PD. Il contenuto del breve discorso poi è stato veramente “furbo”. Si parla di non riconsegnare il partito ai vecchi, prendendone le distanze in modo netto; si parla di gente nuova ma non esterna o improvvisata, cosa che la base non ha mai digerito, sottolineando anzi la necessità di attingere da chi ha già una provata esperienza interna al partito, dai consigli regionali ai circoli territoriali; si parla di progettualità lunga e difficoltosa, mettendo in conto anche sconfitte e delusioni, puntando quasi esclusivamente alle prossime politiche; si parla di coinvolgimento, di dialogo, ma anche di unità di voce. Il fatto poi che Franceschini non sia mai entrato nella stanza dei bottoni della socialdemocrazia italiana per ragioni di schieramento, e di quella democristiana per questioni anagrafiche, unito ad una guida in questi 4 mesi apparsa più salda rispetto a quello fin troppo liquida di Veltroni, ne fanno il candidato obiettivamente più vicino a chi dalla base auspica il rinnovamento del PD e crede in un’alternativa riformista. Il Segretario avrebbe anche la possibilità di fare l’en-plein se chiarisse una volta per tutte la sua posizione nei confronti dell’UDC di Casini, un vero e proprio spauracchio per la base più “rossa”. Che per ora rimane ancora vicina al candidato di apparato Bersani, che in una sua intervista al TG1 ha parlato di più radicamento sul territorio, di ripresa del cammino popolare e di massa del PD, riproponendo di fatto dei temi e dei codici più cari alla parte ex-DS del Partito. Ma nonostante l’ottima azione personale di Bersani anche durante l’ultimo Governo Prodi, probabilmente il miglior Ministro degli ultimi 20 anni, rimane su di lui l’ombra lunga di D’Alema e di tutto ciò che rappresenta: gli inciuci della Bicamerale, il salvataggio politico di Berlusconi, una politica sporcata dagli ammanigliamenti finanziari e dalla frequentazione dei suoi uomini di personaggi poco raccomandabili nei territori. Dal 1 luglio, data della presentazione ufficiale di Bersani, si avrà più chiaro il quadro di quelli che saranno i contenuti delle due proposte, per ora incentrate solo su parole d’ordine francamente un po’ scontate, suggestive forse, ma vuote. Dobbiamo ancora vedere quali saranno i contenuti, le proposte, gli orientamenti di coalizione, le persone, proposti dai due candidati per capire se questo PD può veramente avere un futuro di credibile alternativa o se sarà l’ennesima occasione mancata per il centrosinistra italiano. Viste le premesse, il rischio è che fra i due sfidanti, mancandone un terzo di valida alternativa al centrismo e all’apparato, non sarà il Paese a goderne.

2 commenti

  • 1 Sergio Ravaioli
    1 Luglio 2009 - 13:16

    L’intervista a Chiamparino su l’Unità di oggi conferma che il Paese avrà poco di che godere dal congresso PD.
    La componente che fu comunista non ha perso l’abitudine di decidere nelle segrete stanze. Il segretario deve essere Bersani, e così sarà! E quindi deserto attorno a Chiamparino.
    Non verrà risparmiata la liturgia dell’assemblea congressuale, delle secondarie (ex primarie), le dichiarazioni sulla inesistenza di componenti, etc. etc.
    Tutto già visto.
    Tutto già deciso.
    Tutto stantio.
    In Sardegna la partita sarà diversa, e per molti versi peggiore.
    Altro che morire democristiani, qui moriremo forzitalici!

  • 2 Massimo Marini
    1 Luglio 2009 - 17:42

    Chiamparino era già candidato. Ma poi Franceschini gli ha rotto le uova nel paniere, e Fassino & C. non se la sono sentiti di appoggiare un terzo uomo di apparato. Comunque concordo che a meno di clamorosi colpi di scena, sarà Bersani il nuovo (?) segretario del PD.

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