Referendum: bipartitismo in crisi, urge riforma elettorale

26 Giugno 2009
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Maria Grazia Caligaris - Presidente Socialismo Diritti Riforme

Per chi ancora nutre fiducia nella possibilità di migliorare la società attraverso il riformismo socialista e per qualunque autentico democratico, il risultato del referendum offre qualche motivo di speranza di un ravvedimento da parte del principale partito del centrosinistra, il PD. E’ evidente infatti che appare del tutto improponibile oggi un progetto istituzionale fondato sul bipartitismo. La volontà dell’elettorato, emersa chiaramente anche in occasione delle consultazioni europee, deve indurre soprattutto coloro che si richiamano ai valori della solidarietà, dell’equità sociale, del rispetto dei diritti e della dignità dei cittadini ad avviare un percorso virtuoso per dare risposte concrete alle questioni sollecitate in più occasioni dagli elettori. Appare inoltre fortemente in crisi un impianto presidenziale del governo nazionale e di quello delle regioni. Così come si stanno coprendo di nubi i cieli dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia che, una volta raggiunto il risultato desiderato non si avvalgono più di giunte caratterizzate da competenze ma fanno prevalere il rapporto di amicizia, le cooptazioni per “affinità elettive”. Si può inoltre ignorare la questione dei doppi incarichi di consiglieri che sono presenti in diverse assemblee rappresentative e non scelgono dove intendono operare? Che dire ancora di assemblee civiche che si riuniscono solo quando fa comodo a qualcuno, su ordini del giorno decisi all’ultimo minuto e dove le opposizioni sono ridotte al silenzio?E’ evidente che non può essere più lontana da una gestione democratica e trasparente quella modalità di rapportarsi all’opinione pubblica che non ne rispetta la volontà.
Oggi non è più concepibile uno Stato quale unico depositario della sovranità e quindi esclusiva fonte dei diritti degli individui, delle comunità e dei gruppi sociali. Ciò vale a maggior ragione per i partiti e le istituzioni “periferiche” in modo particolare se speciali. Nell’esperienza quotidiana infatti si avverte la necessità di una visione orizzontale, partecipata, plurale e quindi di una più forte democrazia. Dal dirigismo non sono immuni i centri di potere delle regioni e quelli che si costituiscono negli enti locali. E’ diffuso insomma il convincimento che vincere le elezioni corrisponda ad avere accaparrato un bottino di guerra da spartire tra pochi.
Contro queste forme medioevali di concepire il potere, si impone quindi un rapporto differente anche all’interno dei partiti e tra i partiti. Un impianto cesaristico e piramidale contrasta fortemente con i tempi nei quali i blog nutrono gli internauti, la vita televisiva rende reali i partiti e i loro leader e quando i dibattiti politici del piccolo schermo rendono personaggi di rilievo anche oscuri e insignificanti figuri.
I cittadini pensano di avere l’antivirus a una politica fatta di slogan contrapposti ma su posizioni specularmente identiche: l’astensione. Ma in realtà il calo dei partecipanti agli appuntamenti elettorali, ormai non più fisiologico, può creare un nodo irrisolvibile. Più cresce il disgusto verso le istituzioni e quindi il rifiuto di rispondere agli appelli, maggiori sono i rischi di un irrigidimento del sistema che riproduce se stesso. Si sviluppa divenendo incontenibile quel focolaio di antipolitica pericoloso proprio per la democrazia.
Con un’altra legge elettorale, il Governo Berlusconi sarebbe stato spazzato via dalle contraddizioni evidenti all’interno di quel coacervo di presenze ingombranti molto simili alla testa della Medusa di mitologica memoria. In Sardegna la situazione non è diversa ma può cambiare. Si sente forte la necessità di autorevoli segnali con assunzione di responsabilità nei diversi livelli istituzionali. Solo con il coinvolgimento, ciascuno per il compito che gli è proprio, di comuni e province, sarà possibile fare il meglio per i sardi. E solo riconoscendo il valore delle autonomie locali ci saranno maggiori garanzie per i cittadini e maggiori speranze di crescita per tutti.
La Sardegna può dare l’esempio al Parlamento. I partiti del centrosinistra e quelli che non si riconoscono nel sistema bipolare devono promuovere una legge elettorale regionale che consenta ai cittadini libertà di scelta su liste in cui donne e uomini possano farsi conoscere per il coraggio delle proposte, per la storia ideale e personale e per la coerenza.
La situazione italiana non è quella dell’Iran, ma il movimento democratico che è esploso nell’antica terra dei Pasha è la dimostrazione che la democrazia pluralista è alla base del riscatto e dello sviluppo dei popoli. Ecco perché va strenuamente difesa ogni giorno.

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