Mauro Volpi - Alfiero Grandi
Su alcuni aspetti della minacciata riforma costituzionale presidenzialista si sono registrate significative convergenze.
La prima riguarda la necessità di avere una posizione di assoluta intransigenza contro la riforma senza accettare subordinate né la logica della “riduzione del danno” e quindi di rifiutare il presidenzialismo in tutte le varianti in cui possa essere proposto: quella nordamericana, quella francese, ma anche quella del cosiddetto “Sindaco d’Italia” basata sull’elezione popolare del Presidente del Consiglio. In tutte queste ipotesi domina un’impostazione culturale che punta alla semplificazione e un’ideologia maggioritarista che avanzano parole d’ordine quali la nascita del Governo la sera del voto e il governo di legislatura che non corrispondono a quanto avviene nella maggioranza degli Stati democratici a base parlamentare.
La riforma presidenzialista determinerebbe lo stravolgimento della seconda parte della Costituzione, ma intaccherebbe anche principi fondamentali come la separazione e l’equilibrio tra i poteri in direzione di un aumento dei poteri al Governo,mentre oggi è il ruolo del Parlamento ad essere in grave sofferenza. A fronte di ciò vi è stata un’ampia convergenza sull’opportunità di insistere sulla valorizzazione del ruolo del Parlamento e sulla garanzia che vi sia sempre la possibilità di ricorrere a un referendum popolare che faccia pronunciare i cittadini sull’eventuale modifica presidenzialista della Costituzione. Ciò è reso indispensabile sia dalla portata della riforma sia dalla composizione del Parlamento, nel quale la maggioranza con il 44% dei voti ha il 59% dei seggi grazie ad una legge elettorale drogata e incostituzionale e potrebbe arrivare a raggiungere i due terzi dei voti dei componenti delle Camere con l’apporto di altre forze. Si impone quindi la verifica democratica dell’orientamento della maggioranza dei cittadini sulla questione.
Le ragioni di fondo alla base del rifiuto delle ipotesi presidenziali possono essere così riassunte:
i sistemi presidenziali sono rigidi e divisivi(basta pensare alle esperienze recenti degli Stati Uniti e del Brasile) e oscillano tra la tendenza a produrre Presidenti troppo potenti che talvolta determinano derive autoritarie (come Putin e Erdogan, senza sottovalutare i tentativi golpisti di Trump e Bolsonaro) o una situazione di stallo e paralisi istituzionale, come nella ipotesi di “governo diviso” (Stati Uniti) o della “coabitazione”, o dellaassenza di una maggioranza di seggi di una coalizione o di un partito(Francia, ma la stessa cosa potrebbe verificarsi con il “Sindaco d’Italia”), che possono provocare instabilità e incertezza delle politiche governative e sicuramente determinano l’inefficienza del Governo, paradossalmente con effetti contrari a quelli dichiarati;
l’elezione popolare del vertice dell’esecutivo in Italia accentuerebbe la crisi dei corpi intermedi: a livello istituzionale del Parlamento ancora più ridotto ad organo di ratifica, a livello politico dei partiti che diventerebbero comitati elettorali dei candidati alla presidenza;
L’elezione popolare trasformerebbe il Presidente in soggetto di parte e quindi comprometterebbe la sua funzione di garanzia, il che avverrebbe anche nella ipotesi di elezione popolare del Presidente del Consiglio che pregiudicherebbe ogni potere presidenziale attuale in materia di formazione del Governo e di scioglimento del Parlamento;
in Italia vi è stata una tendenza storica ricorrente a ricercare l’”uomo della Provvidenza”, che l’elezione populistico-plebiscitaria può solo incentivare.
Si è convenuto che in queste fase non è opportuno avanzare alcuna controproposta di revisione costituzionale, ma occorre, nel quadro di una campagna culturale e ideale di contrapposizione al presidenzialismo maggioritario, insistere su alcune idee forza, come la necessità di rafforzare il Parlamento, il mantenimento della forma di governo parlamentare, che non va ridimensionata ma se mai irrobustita nel suo funzionamento, un sistema elettorale proporzionale che restituisca agli elettori il potere di scegliere i propri rappresentanti e ponga fine a leggi incostituzionali che impongono coalizioni eterogenee buone per vincere le elezioni ma incapaci di governare e sottraggono ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i loro rappresentanti in parlamento.
E’ opportuno che nelle singole associazioni e anche grazie all’apporto di singoli studiosi si possa sviluppare una discussione su questi punti, per giungere in futuro a produrre un documento comune che dovremmo far circolare per ottenere le più ampia adesione e presentare ai partiti di opposizione e alla ministra delle riforme istituzionali.
Ci auguriamo che l’Anpi svolga pienamente il suo ruolo aiutando tutte le associazioni, gli esponenti del mondo culturale e scientifico a raccordare le loro energie per contrastare una prospettiva presidenzialista.
1 commento
1 Aladinpensiero
6 Febbraio 2023 - 09:49
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=140509
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