L’Autonomia nel Paese arlecchino

19 Gennaio 2023
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Massimo Villone

In vista dell’assemblea pubblica a Cagliari contro l’autonomia differenziata del 24 prossimo, ad iniziativa della Scuola di cultura politica F. Cocco, pubblichiamo sull’argomento questo articolo di Massimo Villone, autorevole costituzionalista e presidente del Coordinamento per la democrazia Costituzionale (CDC). 



L e sollecitazioni scomposte di Zaia e Salvini a sostegno
della accelerazione impressa da Calderoli sul tema
della Autonomia differenziata rendono ancora più
evidente la divaricazione nella maggioranza di destra.
Emergono dubbi e silenzi. Personaggi un tempo
autorevolissimi come Fini trovano nuova vita nel
pronunciarsi contro. Calderoli e i suoi sodali un miracolo
l’hanno fatto. Hanno spinto a manifestare i propri dubbi
molti che forse avrebbero coraggiosamente preferito il
silenzio.
Meloni tace, e al più parla di presidenzialismo. È evidente
l’intreccio del tema con le prossime elezioni regionali. Se
smentisse l’acceleratissimo cronoprogramma di
Calderoli, e il Salvini del “dopo trenta anni, finalmente … “,
potrebbe essere incolpata di entrare a gamba tesa
nell’agone elettorale. Certo, prima o poi dovrà dire la sua
in modo chiaro, ma aspettiamoci che l’ambiguità continui
fino al voto. E anche dopo il tormentone dell’Autonomia
non sparirà del tutto. Se il governo della destra
sopravvive, Meloni dovrà comunque concedere qualcosa
all’alleato leghista, soprattutto dopo il recupero del
separatismo bossiano. Conviene allora ragionare nella
prospettiva futura. Si segnalano punti di metodo e di
merito.
Sul metodo. L’art. 116.3 rende le scelte sull’Autonomia
differenziata potenzialmente irreversibili. Il
procedimento previsto parte dalla iniziativa della
Regione che chiede una maggiore autonomia, e si realizza
con una legge approvata a maggioranza assoluta dei
componenti sulla base di intesa con la Regione. Anche le
modifiche eventuali devono seguire quel procedimento e
dunque passare attraverso l’iniziativa e l’intesa da parte
della Regione. Senza le quali l’eventuale modifica resta
impossibile. Inoltre, la legge che concede la maggiore
autonomia, in quanto approvata con procedimento
speciale e quindi “legge rinforzata” è sottratta anche al
referendum abrogativo ex art. 75 della Costituzione.
Ancora sul metodo. Il testo trasmesso da Calderoli a
Palazzo Chigi e i commi inseriti nella legge di bilancio sui
livelli essenziali delle prestazioni (Lep) cercano le
soluzioni essenzialmente nella concertazione tra
esecutivi - ministro per le Regioni da un lato, governo
regionale dall’altro - emarginando quasi del tutto le
assemblee elettive. Questo significa assegnare un ruolo
decisivo al ceto politico regionale. Che ha un ovvio
interesse alla destrutturazione dell’apparato statale, dalla
quale comunque in prospettiva guadagna qualcosa,
quantomeno in termini di potere amministrativo e
gestionale. Bisogna riportare le decisioni in un ambito
parlamentare, in cui troviamo un ceto politico che
ugualmente rappresenta i territori, ma non lucra in
prospettiva alcunché dallo spacchettamento dello Stato.
Sul merito. La legge di bilancio nulla dice su quali materie
siano i Lep, in quali ambiti, con quali risorse, in quali
tempi. È una scatola vuota. Quanto alla legge di
attuazione Calderoli, non concede l’autonomia, ma
disciplina solo il procedimento per la sua attribuzione. È
legge ordinaria non sovraordinata alla legge che
concederà poi la maggiore autonomia. Quindi non pone,
né potrebbe porre, alcun argine alla autonomia
differenziata in materie nelle quali dovrebbe invece
escludersi. Come ad esempio per la scuola, il cui carattere
nazionale è indispensabile per l’identità stessa del paese.
O per il recupero al centro di un potere decisionale in
materia sanitaria, la cui necessità è stata dimostrata dalla
pandemia. O ancora per il lavoro, l’energia, le grandi reti
di trasporto e navigazione, il coordinamento della finanza
pubblica, l’ambiente e altro ancora, in ragioni delle
molteplici emergenze che il paese si trova oggi o
prevedibilmente si troverà ad affrontare domani.
Dal combinato disposto di Lep e legge di attuazione viene
un Paese arlecchino, in cui i diritti dipendono dal codice
di avviamento postale. Per alcuni dei punti segnalati il
rimedio si può trovare con una adeguata riformulazione
in sede legislativa. Così è, ad esempio, per la legge di
attuazione e i commi nella legge di bilancio, laddove si
volesse opportunamente riportare la scelta nelle
assemblee elettive. Ma per altri punti - come il
fondamento pattizio o le materie -il problema viene dallo
stesso dettato costituzionale. Qui bisogna pensare a una
riscrittura mirata, come abbiamo inteso fare con la
proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare
volta alla modifica degli articoli 116.3 e 117, di cui avete
letto su queste pagine. Si può firmare online con lo Spid su
www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it.

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